Ci sono voluti quattro anni di silenzio per avere una nuova uscita in casa
Pendragon. La raffinata ed efficace band new progressive, dopo capolavori
del calibro di "The Window of Life", "The World" e "The Masquerade
Overture", aveva accusato una leggera flessione stilistica nel penultimo
"Not of This World" che, seppur gradevole, non si era mostrato sotto i
consueti standard di qualità.
Molta curiosità ed impazienza si erano accumulate tra i fans ma come di
solito avviene, più una band lavora su di un album più il risultato è ottimo
(ogni riferimento ai lentissimi Blind Guardian è puramente casuale),
bastano, infatti, le prime note della title-track "Believe" per provare
quella scossa che di solito è il preludio ad un album più che positivo. I
Pendragon sono tornati e hanno ritrovato quell'unico senso della melodia,
che rende inconfondibile lo stile delle grandi band.
Believe racchiude sicuramente alcune tra le più emozionanti e psichedeliche
canzoni mai scritte da questa band. Maggiore è però il dinamismo e la
componente rock, che intervengono più spesso ad interrompere le atmosfere
sognati caratteristica dominante di gran parte del lavoro. Non si possono
però dimenticare nemmeno le influenze etniche che, dalla musica celtica ad
uno stacco in stile flamenco.
Particolarmente intensa e convincente risulta la terza traccia, "The Wisdom
Of Solomon", che con il suo tema portante a tratti liquido, e a tratti
ritmato, vede i Pendragon in piena forma, la incalznate "Learning Curve" è
straordinariamente intensa nel suo incedere, infine, la suite "The Wishing
Well" (divisa, a causa della lunghezza, in quattro parti) è la splendida
perla di questo grande lavoro: difficile che passi inosservata.Nick Barrett
è il fulcro, ma tutta la band è risponde compatta, da sottolineare sono le
ottime prestazioni di Clive Nolan e Pete Gee. Sapiente bilanciamento
d'antico e moderno, tra psichedelica e rock, il nuovo lavoro dei Pendragon è
un disco sicuramente maturo, ma anche innovativo e sperimentale. "Believe" è
veramente entusiasmante sia nelle soluzioni melodiche sia in quelle
ritmiche, in definitiva un grandissimo ritorno per una band che non ha mai
cessato di essere banale.
Recensione di Tommaso Bonetti
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