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Exodus - "Shovel Headed Kill Machine" (Nuclear Blast/Audioglobe)

Line up:

Rob Dukes – vocals
Gary Holt – guitar
Lee Altus – guitar
Jack Gibson – bass
Paul Bostaph – drums
 

voto:

8,5
 

recensione

Ad un anno di distanza da “Tempo of the Damned” riecco Gary Holt, e i suoi Exodus. Con lui e Jack Gibson troviamo questa volta l’ex Slayer (ed ora nei Testament) Paul Bostaph alla batteria, il chitarrista Lee Altus (Heathen) ed il nuovo singer Rob Dukes, il tutto con ottimi risultati.
Questo “Shovel Headed Kill Machine” mostra infatti una band in gran forma, che riporta alla ribalta il thrash della Bay Area con riff potenti e pesanti e grazie all’apporto del buon Bostaph alle pelli che non è certo l’ultimo arrivato. Ma la vera sorpresa è il cantante Rob Dukes, autore di un ottima prova che lo consacra a degno sostituto dei suoi predecessori Paul Baloff e Steve “Zetro” Souza, dai quali non si discosta eccessivamente nelle linee vocali, risultando un “miscuglio” dei due ex vocalist della gruppo.
Tornando all’album, già dalla prima traccia si vede l’ottima prestazione in studio del quintetto, che si presenta con una canzone veloce e potente come ai bei vecchi tempi, che avvia con la giusta cattiveria questa “macchina di morte”. Più articolata la successiva “Deathamphetamine”, che si apre con la batteria di Paul, alternando poi il ritmo con riff possenti e accelerazioni improvvise che danno il giusto merito anche all’inossidabile Holt in un brano che sa essere a tratti devastante.
Il disco prosegue con la giusta dose di aggressività con “Karma’s Messenger”, in cui ottimo è l’assolo centrale, per arrivare alla più lineare “Shudder To Think”, basata su pochi riff ripetuti, che permette di riprendere il fiato e che precede un ottimo brano veloce ed energico come “I Am Abomination”, il quale si candida tra gli highlights dell’album. Si continua ad alti livelli con “Altered Boy”, canzone dall’andamento più pesante sempre nello stile che ha reso celebre la band, in cui nel finale si mette ancora in evidenza la velocità di un Bostaph in gran forma, ma la successiva “Going Going Gone” è ancora migliore, con i suoi cambi di velocità e le chitarre distorte che infondono potenza e cattiveria al brano.
Sullo stesso piano di pone “Now Thy Death Day Come” con buoni riff sapientemente inseriti a fare da contorno ad un ottimo Dukes, che in tutto il disco dimostra le sue potenzialità e personalità. Più “psicotica” è “44 Magnum Opus” di cui mi immagino un impatto piuttosto distruttivo in sede live, grazie ad un Bostaph che martella come un matto tutto il tempo rendendo la canzone ancora più potente. Per concludere in bellezza arriva la titletrack, traccia più breve dell’album, ma anche molto intensa, con il solito potente assolo centrale a spezzare il ritmo, e che conclude degnamente un ottimo disco.
In sostanza con questo album gli Exodus sembrano aver trovato la giusta dimensione in seguito alla fallita reunion di fine anni ’90 ed alla dipartita nel 2002 del ex singer Paul Baloff, con una formazione nuova per i tre quinti del gruppo ma con sostituti pienamente all’altezza dei predecessori, che hanno portato qualità, tecnica e una buona dose di carica.
Gli Exodus sono tornati con la loro macchina di morte e sono certo che mieteranno parecchie vittime!

Recensione di Marco Manzi

tracklist

  1. Raze
  2. Deathamphetamine
  3. Karma’s Messenger
  4. Shudder To Think
  5. I Am Abomination
  6. Altered Boy
  7. Going Going Gone
  8. Now Thy Death Day Come
  9. 44 Magnum Opus
  10. Shovel Headed Kill Machine

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