Pagan è l'ultima fatica dei dublinesi Cruachan ed è un buon esempio di come, mischiando metal e musica folk, si possano ottenere dei buoni risultati. Partendo dalla copertina del booklet disegnata da John Howe, l'illustratore de "il Signore degli Anelli". L'album si muove su tredici brani ognuno dei quali narra una avvenimenti differenti. "Michael Collins" è la storia di un rivoluzionario che agli inizi del secolo scorso si schierò in favore dell'indipendenza dal domino Britannico. Nel brano violini e pesanti chitarre heavy continuano a darsi il cambio sulla bellissima voce della singer Karen Gilligna (non credo sia parente del tizio del telefilm). Subito dopo troviamo la tiltetrack, anch'essa ricca di strumenti atipici per una metal band quali flauti, violini, banjo ecc... Il testo di questa canzone è più personale rispetto al precedente e se la prende con la corruzione ecclesiastica. Il ritmo è più serrato di quello della precedente canzone e suona molto più vicino a quello che è il Black metal norvegese. La dolce voce della singer si trova a duettare con un feroce cantato Growl di Keith Fay. Lasciamo questo brano di condanna per passare ad un inno in favore dei guerrieri Gaelici caduti in battaglia, a mio avviso questo è il miglior brano del cd, il cantato iniziale lascia quasi subito spazio ad un duetto di violino e chitarra elettrica che molti di voi avranno già ascoltato, trattasi di parte della colonna sonora de "l'ultimo dei Moichani". Ed ora veniamo alla parte centrale del cd, i successivi due brani narrano di storie di vichinghi secondo un punto di vista a cui non siamo abitati. Infatti stiamo parlando di una band Irlandese, la cui nazione, come buona parte del resto d'Europa, per un periodo di 300 anni circa ha dovuto subirne le invasioni, scorribande e saccheggi. Ecco dunque prendere vita brani come "Ard Rì Na Heireann" e "Viking Slayer" collegati tra loro non solo nella trama ma anche da un intermezzo musicale in stile celtico con tamburi cornamuse e flauti "The March to Cluian Tairbh". Altri brani degni di nota sono senza dubbio il riarrangiamento della ballata popolare "Some Say the Devil is Dead". "A Thousand Years" che racconta di come l'Irlanda dai tempi delle invasioni vichinghe fino alla dichiarazione di indipendenza del 1949 abbia vissuto periodi di costante lotta e ribellione per poter affermare la propria identità di popolo. Decisamente questo lavoro e questa band sono la risposta Celtica a quello che ultimamente siamo abituati a chiamare Viking Metal.
Recensione di Paolo Manzi
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