Ed eccomi qui pronto a recensire il debutto discografico dei Tedeschi-Messicani Los Los. Questo gruppo che definire “fuori di testa” è assolutamente limitativo, nasce nel 2003 dalla voglia di suonare di 5 amici provenienti da Huasca De Ocampo che decisero di sfidare la morale cattolica per dare libero sfogo ai loro istinti musicali. Il primo frutto dei loro sforzi fu la nascita dei Ranchos Huevos (definizione messicana dell’inglese Farmer’s Omelette).
Le prime apparizioni della band destarono molto scalpore a causa del loro sinistro metal-mex sound e dei loro testi che, secondo alcuni, alludevano troppo a temi sessuali. Ma il destino stava per riservare una bella sorpresa ai 5 amigos: infatti, dopo aver cercato di “fare il botto” organizzando il rapimento di “El Cavallo” (il toro campione mondiale) durante la tradizionale Corrida De Toros, nel dicembre 2004 ad un festival i 5 furono notati dal general manager della Drakkar Music Bogdan Kopec che rimase affascinato sia dalla loro storia che dal potenziale musicale della band e decise di metterli sotto contratto. Fu in quella “Holy Night” che nacque il gruppo Los Los. Il loro marchio di fabbrica è sempre stato rappresentato dall’esecuzione, in pieno metal style, di Hit Internazionali estive. Ed ecco quindi che, nel 2005, i 5 danno alla luce l’album che sto per recensire. Sin dalle prime note ciò che traspare è l’immensa voglia di divertirsi e di fare casino che accomuna i “cinque amigos”. L’album parte subito in quarta con delle versioni quasi “alla Slipknot” di due grandi classici estivi “Vamos A La Playa” dei mitici Righeira e “Macarena” dei Los Locos (che devo dire ho apprezzato più in questa versione che nella versione originale), caratterizzate da delle linee vocali molto oscure i sinistre ed i riff assassini e penetranti creati da Don Cabron, Feliz Rompehielos, El Chiste e Luiz Calyptico. La festa prosegue alla grande con “Mojito”, un vero e proprio inno all’alcool come solo i Tankard erano riusciti a fare (chi non si ricorda “(Empty) Tankard” e “Beer Island”?), eseguito in una versione a metà strada tra il cross-over dei System Of A Down ed il nu-metal dei Machine Head, con il gruppo che si trasforma in una specie di banditore da fiera che invita, a gran voce, il pubblico a consumare il proprio prodotto, e “The Ketchup Song”, cover del famoso tormentone estivo delle Las Ketchup “Asereje”, che il gruppo, nella sua versione nu-metal, è riuscito praticamente a migliorare. Sono sicuro che verrà apprezzata maggiormente questa versione che l’originale. Non oso immaginare cosa potrebbe provocare l’esecuzione di questo brano in sede live. Ed ecco che arrivano, come dei fulmini a ciel sereno, “Cantando En La Lluvia”, “La Isla De Los Muertos”, “Quita La Mascara”, “Luki Luki” e “Hasta La Vista”, pezzi scritti dal gruppo che, oltre a conservare un ritmo serrato e spaccaossa degno dei System Of A Down più aggressivi e spietati, inframmezzato da dei rapidi quanto taglienti stop and go, contiene delle linee vocali davvero accattivanti e coinvolgenti.
Ed ecco che la festa riprende con delle versioni da pogo di “Maria”, successo di Ricky Martin, del popolare canto “La Cucaracha”, “Oye Como Va”, uno dei migliori brani suonati dal mitico Santana, “Ilaria”, altro tormentone estivo che molti avranno ballato durante le varie feste che hanno animato le nostre vacanze, che il gruppo ha letteralmente manipolato in versione crossover/nu-metal, grazie a dei riff granitici ed alle linee vocali agghiaccianti e demoniache. Per concludere posso solo dire che questo è un album molto particolare che potrei consigliare senza problema a chi ama il crossover ed il nu-metal ma anche a chi, essendo totalmente all’oscuro di questi generi musicali così particolari, voglia scoprirne tutte le varie sfaccettature.
Chiaramente con un album del genere non si grida al miracolo, dato che non si tratta di un capolavoro, ma comunque è un bell’album che si lascia ascoltare tranquillamente senza stancare.
Recensione di Donato Tripoli
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