Requiem, un po’ di strada l’hanno percorsa da quando nel 1999 hanno visto la luce a Haapajärvi e quindi è ora giunto il momento di pubblicare il terzo album di questo gruppo nordico che oltre a cambi di formazione ha avuto anche un’evoluzione verso un sound più prog. Partiti proponendo una musica death/power direi che ora con questo disco la componente death è stata totalmente messa da parte.
11 canzoni costituiscono Requiem Forever, un album preparato seguendo una ricetta in cui l’ingrediente power costituisce un buon 70% di questo piatto finlandese.
Possessed by Power, i Requiem scelgono una partenza d’impatto, un breve passaggio di batteria funge da molla per caricare il riff portante del pezzo, un riff che assieme all’acuto iniziale che l’accompagna non brilla certo per essere innovativo. Nonostante ciò la opening-track dimostra di essersi meritata la prima posizione, grazie al tempo abbastanza sostenuto e alla struttura complessivamente lineare credo sia un buon biglietto da visita per presentarsi all’ascoltatore.
Passiamo ora a parlare in generale dei componimenti andando a volte ad analizzare i brani che a mio parere risultano i più riusciti e rappresentativi del disco.
Le diverse tracce sono tutte accomunate da elementi che caratterizzano il genere della band; diciamo che la melodia detta legge un po’ in tutti i campi, nelle linee vocali soprattutto nei ritornelli, a volte nelle parti di tastiera, nei tempi di chitarra, spesso armonizzati, e negli assoli i quali, veloci o lenti che siano, sono comunque sempre scritti per creare una certa melodia.
Per quel che riguarda il cantato posso affermare che la voce, principalmente pulita, si comporta bene in diverse tonalità, sia in quelle medie che sono le più utilizzate, sia in quelle più alte che vengono dosate sapientemente e non vengono abusate; inoltre spesso riscontriamo sovraincisioni e cori che apportano quel qualcosa in più. Un aspetto che mi ha convinto poco riguarda i riff di chitarra che sinceramente non sono proprio originalissimi.
Comunque direi che le canzoni valide non mancano e tra le migliori metto sicuramente Shadowhunt, colpi di rullante molto ritmati fanno da base per un tema melodico di chitarra che introduce il pezzo, si parte in mid-tempo passando il testimone alle tastiere che ci fanno compagnia fino all’arrivo del cantato, nella strofa è invece la voce a far da padrona mentre effetti di tastiera si spostano sullo sfondo dietro la sezione ritmica che sostiene la linea vocale.
Nel ritornello rientrano le 6 corde a dare quella spinta in più al chorus che presenta tratti power più marcati, con voce più acuta e andamento più orecchiabile (non con accezione negativa).
Da segnalare la presenza di un ospite nella traccia Gods of War, Lance Thruster nelle veci di cantante. Prima di chiudere un breve commento sulla produzione, complessivamente buona e limpida ma con un livello non molto alto di potenza e con le tracce di chitarra un po’ freddine in alcuni punti.
Recensione di Mattia Berera
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