Ecco arrivare, dopo 2 anni dall'ottimo Catch 22, un nuovo album targato Hypocrisy. La band guidata da Peter Tagtgren lascia da parte la strada intrapresa con quel album e sforna un cd che riesce a racchiudere in sè tutte le mutevoli caratteristiche del gruppo, dal death metal degli esordi fino a quella strana miscela di generi che era caratteristica di un album quale Abducted.
L'opener Born Dead Buried Alive è una mazzata che potrebbe tranquillamente uscire da un album quale The 4th Dimension. Dopo un'oscura intro parte di colpo un riff di chitarra molto sostenuto sul quale Tagtgren torna a cantare come ai vecchi tempi e il batterista Szoke è protagonista con un drumming veloce e potente. La ripresa dell'arpeggio iniziale ci porta lentamente alla successiva Eraser, che è la tipica canzone di album quali Hypocrisy o The Final Chapter. Anche questo secondo pezzo parte con un piccolo arpeggio che cresce d'intensità (e di oscurità) man mano che gli strumenti entrano portandoci a una strofa lenta che pian piano aumenta di velocità portandoci ad un ritornello veloce con un ottima melodia di chitarra in sottofondo.
Stillborn è forse l'unica canzone che si avvicina allo stile di Catch 22, lasciando comunque da parte la linearità e la semplicità di quell'album a favore di una struttura molto più complessa.
Già da queste prime canzoni si nota la cura maniacale del suono, degli arrangiamenti e, soprattutto, delle parti vocali. Infatti Tagtgren sorpende cambiando continuamente registro vocale, passando con una disarmante facilità da un screaming tipicamente black a un growl bassissimo tipicamente death rendendo il risultato finale molto vario. Da sottolineare anche i vari effetti usati sulla voce che rendono l'insieme parte vocale - musica una cosa unica nel panorama metal.
Con New World si torna a schiacciare sull'acceleratore. A farla da padrone è il growl cattivissimo di Tagtgren che sovrasta delle ritmiche compattissime che dal vivo faranno sfracelli.
The Abyss è una canzone molto "doomeggiante" caratterizzata da riff pesantissimi e ossessivi nella quale ritornano anche i 'cori' con la voce pulita, caratteristici di vecchie canzoni quali The Arrival of the Demon I e II, che conferiscono alla canzone un alone oscuro e decadente. Il compito di chiudere l'album è affidato a War Within un song abbastanza sostenuta con un ottimo bridge a più voci.
In conclusione un gran ottimo album da parte di una delle migliori e più personali band della scena scandinava. Tagtgren si conferma ancora come un grandissimo produttore ,un grandissimo songwriter e un ottimo musicista (come tutto il resto della formazione). Il grande pregio degli Hypocrisy è sempre stato quello di sapersi evolvere e anche con questo album lo fanno approfondendo idee precedenti e aggiungendone di nuove. L'album è ben strutturato alternando perfettamente pezzi più tirati (l'opener o New World) a pezzi più lenti e a tratti molto doomeggianti (Slave to the Parasites e The Abyss).
Recensione di Simone Bonetti
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