“Stained” è il debut album di una band che sicuramente deve molto ai connazionali Children of Bodom, è da segnalare anche il fatto che i due chitarristi provengono da una rinomata accademia di musica, la “Sibelius Academy of Music che tra i suoi “prodotti” può vantare gli Apocalyptica. L’opening track presenta tutti i tratti caratteristici delle composizioni dei bambini del lago Bodom: ritmo incalzante, sonorità death che si fondono con quelle power, fraseggi classicheggianti ed una voce assolutamente identica a quella del singer del sopraccitato gruppo. In “Memories To Dust”, le caratteristiche della prima canzone vengono riproposte senza notevoli cambiamenti. La terza “Stained” comincia finalmente a delineare la personalità del gruppo che si dimostra capace di un songwriting piuttosto accurato, la canzone è più lenta e malinconica delle precedenti, senza però perdere pregnanza, anzi, acquistandone. “Prisoner In Me” mantieni i toni profondi introdotti dalla terza traccia fino ad un estemporaneo pezzo che sfocia quasi nel grind. “Sold” si caratterizza per un’ aria incedente ed una buona orecchiabilità che la rendono immediata. La sesta traccia “Hollow Man” quasi sorprende per un’ improvvisa apparizione di una voce pulita, che concede al pezzo una maggiore personalità. Il risultato può essere apprezzato o meno. “Rhythm Of Pain” è un’ottima composizione che però non rispetta le premesse, infatti le melodie ariose che vengono proposte hanno ben poco a che spartire col dolore. Anche “Shadowsouls” sorprende per la proposta di una voce inedita, pulita, femminea, ma non proprio leggiadra e non proprio precisa. Per il resto la canzone è piuttosto coinvolgente ed energica. La nona “Vein (I Bleed)” non presenta alcuna novità rispetto al materiale precedente. Il disco si conclude piuttosto bene con “The End” che ha melodia, carica e forse più personalità di tutte le altre canzoni. Il lavoro degli Imperanon si può tranquillamente dire organico, l’unico problema è che non è organico solo con se stesso, ma anche con tutta la discografia dei già citati Children of Bodom, rischiando dunque di far considerare il cinque promettenti ventenni come nulla più di un clone. In oltre bisogna sottolineare l’uso quasi criminale del clavicembalo che ricorda band power metal come gli Stratovarius. A loro pro bisogna dire che è sicuramente rintracciabile una loro identità e che sotto il profilo tecnico se la cavano tutti benone e vista la giovane età è quantomeno auspicabile una buona crescita artistica (di cui per altro già ci sono le basi) in oltre la produzione del disco è piuttosto valida.
Recensione di Lorenzo Canella
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