Nuovo capitolo nella lunga e travagliata carriera degli storici heavy metallers d’oltreoceano che rispondono al nome di Metal Church. La morte dell’indimenticabile singer del capolavoro “Metal Church” David Wayne, a cui è dedicata in chiusura di album una rivisitazione della splendida “Watch the children pray”, tratta da “The Dark”, ha eliminato ogni possibilità di una nuova reunion dopo la seconda separazione avvenuta dopo il deludente “Masterpeace”.
Ora il cantante è Ronny Munroe, già presente nel precedente album degli americani, e l’unica variazione nella formazione è l’innesto alla batteria dell’ex-Savatage Jeff Plate.
Anche in questo lavoro la band è fedele al suo tipico sound, nonostante della prima line-up resta solo il leader-chitarrista-produttore Kurdt Vanderhoof e già dalla titletrack, possiamo apprezzare la potente e melodica ugola di Munroe che in quest’album ci offre una grande prova di maturità.
Subito dopo la titletrack c’è l’ottima “Beyond all reason” con un intro strumentale particolarmente accattivante seguita dal ritornello a presa rapida di “Mirror of lies”. Meritano citazione anche la lunghissima e ricercata “Temples of the Sea” e “Son of the son”, nella quale il singer offre il meglio di sé, con un cantato travolgente e coinvolgente.
In chiusura due song dai riff massicci tipici dei “church”, prima della già citata “Watch the children pray”.
In tutto il disco la band è apparsa molto compatta. Ottima prova delle chitarre gemelle, preciso e potente Plate dietro alle pelli che ha dato ancor più vigore al sound della band, perfette le linee di basso di Steve Unger e molto belli i virtuosi assoli di Vanderhoof, specie quello su “Pill for the kill”, che costellano l’intero album.
E lo stesso Vanderhoof si merita un plauso per l’eccellente produzione.
Non siamo di fronte a un album che lascia a bocca aperta perchè “A light in the dark” non è
un capolavoro, ma i Metal Church hanno e avranno ancora molto da dire.
Recensione di Dimitri Borellini
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