Certe volte la sperimentazione e la fusione di generi diversi porta a ottimi risultati: sono state tentate molte strade e le più disparate combinazioni, come ad esempio l’unione di death e progressive metal. A volte, però, i tentativi si rivelano un po’ troppo azzardati, ed in questo ambito si situa senza dubbio il lavoro degli svedesi Draconian, la cui ambiziosa impresa è quella di coniugare nientemeno che doom e gothic. Recita un detto popolare che “gli opposti si attraggono”, e così molto spesso la contaminazione tra generi diversi, magari uno più veloce e uno più lento, porta a sonorità decisamente accattivanti; giocare con due generi notoriamente contraddistinti da lentezza e staticità, aggiungendo ogni tanto qualche piccolo cambio di ritmo e la doppia voce maschile e femminile non è, a mio avviso, una formula vincente.
The Burning Halo, seconda release dei Draconian, viene così ad essere un album incredibilmente statico, composto da tracce lunghissime, che in taluni casi superano addirittura i sei minuti, in cui le melodie caratteristiche del gothic si coniugano con i classici riff di basso e chitarra tipici del doom .
Un ascolto che alle prime note sembra assolutamente piacevole, anche grazie all’ottima intro del brano “She Dies”, ma poi si muta in una sensazione di assoluta monotonia, di un susseguirsi di musica indistinguibile, e questa sensazione viene amplificata dalla voce femminile, spesso troppo alta ed eccessivamente lirica, usata soprattutto nei cori. Nemmeno dopo quattro, cinque ascolti è possibile distinguere tra loro i diversi brani, che vengono ad assomigliarsi troppo, con la sola eccezione della conclusiva “Forever My Queen”, canzone che prende le distanze dal concept generale dell’album in quanto doom puro: questa è, a mio avviso, la canzone riuscita meglio, perché coinvolgente, ben ritmata, e, finalmente, “viva”, tanto da chiedersi perché mai una band capace di produrre un brano simile si butti nelle acque pericolose di un miscuglio di generi così infelice.
Recensione di Tiziana Ferro
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