I finlandesi Wingdom arrivano al debutto discografico con questo Reality, disco di matrice prog su esempio di band come i Dream Theater, con una forte componente melodica e che non si slega mai del tutto dal power scandinavo, alla Sonata Arctica per intenderci, complice la forte influenza nella band di Mikko Harkin, ex tastierista della band di Tony Kakko. Ma nel quintetto c’è anche chi batte bandiera italiana, i fan di vecchia data dei nostri Rhapsody (ora Rhapsody Of Fire) si ricorderanno infatti di Alessandro Lotta, che ricompare nella sua veste di bassista in questa band per il resto tutta finlandese.
Le atmosfere create dalle tastiere di Harkin sono protagoniste indiscusse di quasi tutto il disco, sin dalle prime note dell’iniziale “Time” fanno infatti da cornice alla versatile voce di Sami Asp, a volte discutibilmente sintetizzata con degli effetti vocali.
Buono il lavoro svolto da Jukka Ruotsalainen alla chitarra, così come il basso del nostro Alessandro Lotta, mentre la vita è più facile per il drummer Markus Niemispelto, a cui spetta più che altro qualche percussione a scandire il ritmo, nella maggior parte dei casi non troppo impegnativo, delle songs.
Particolare è la lenta “Marionette”, buona composizione anche a livello di songwriting, in cui la voce di Asp, poggiata sulla solida base dei riff di Routsalainen, passa dai toni quasi soffusi a tonalità più decise seguendo il ritmo.
Delle incerte backing vocals femminili compaiono più volte nella più frizzante “A Sigh Of Despair”, che spicca per il suo ritornello più aggressivo quanto però fin troppo ripetitivo. La più elettronica “The Essence” trova invece il suo punto di forza nei passaggi progressive della chitarra, mentre le linee vocali si fanno molto simili alla voce del compatriota Tony Kakko.
“Everyday” è la classica mid-tempo, melodica e dalle sonorità avvolgenti, che spezza il ritmo comunque non troppo elevato del disco, e sullo stesso piano si colloca la seguente e più articolata “Never Stop”. Particolari sono le tastiere di “Tomorrow”, ed ancora di più il basso di Lotta, qui più presente, che assieme alla chitarra crea delle buone sonorità prog a supporto del singer Asp.
Le ultime due tracce sono infine indissolubilmente legate, essendo lo stesso brano “Lighthouse”, diviso in due parti. Qui si vede l’estro compositivo della band, con soluzioni anche abbastanza ispirate e interessanti che sbucano di tanto in tanto in questo doppio brano per oltre diciotto minuti in totale. E proprio la lunghezza non rende certo semplice il compito di mantenere viva l’attenzione nell’ascolto, cosa che diciamo riesce a metà, perchè pur essendo due buoni brani, non fosse per le solite tastiere di Harkin e per certi passaggi di chitarra da parte di Routsalainen, tenderebbe a perdersi quell’originalità compositiva che traspare più volte dal lavoro della band, a discapito del successo del disco.
Un debutto che fa intravedere un futuro interessante per questo quintetto, basta infatti affinare meglio il sound nella giusta direzione e a meno che la band non sbandi per strada potrebbe raggiungere un discreto successo, almeno tra gli appassionati.
Recensione di Marco Manzi
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