A volte siamo troppo presi dal fascino delle band straniere che non diamo il giusto valore a quelle di casa nostra. E' questa una delle cose che viene da pensare appena inserito nello stereo "As We Die Alone", quarto disco dei bergamaschi Thunderstorm, e degno successore di quel "Faithless Soul" molto apprezzato dal sottoscritto e dalla critica in generale.
La band si muove come sempre su sonorità Doom fortemente radicate nelle origini degli anni '70/'80, con un particolare attaccamento ai Black Sabbath di Ozzy, creando atmosfere malinconiche e angoscianti attraverso le ritmiche cadenzate e oscure create dall'intesa dell'intero trio Bellan-Roncalli-Coldani, che mostra un ottimo affiatamento.
L'apertura è affidata ad "Hawking Radiation", la quale rispecchia i canoni a cui la band ci ha abituato, impreziosita da un arpeggio centrale di una certa intensità emotiva, e pervasa dai granitici riff di Fabio "Thunder", bravo come sempre sia alla voce che alla chitarra. L'aggettivo giusto per descrivere "Death Rides On The Highway" è senza dubbio "travolgente": qui il trio aumenta la velocità ed avvolge tutto in una miscela potente e devastante che difficilmente lascierà scontenti i proprio fan.
Arriva poi il momento dell'ottima "We Dream As We Die (Alone)", il culmine di questo album, brano dalle tinte grigie e malinconiche al ritmo di una ballad inquietante, uno dei pezzi migliori scritti dalla band lombarda. E non è da meno la seguente "I Wait", in cui basso e chitarra si fondono a dare alla canzone un andatura angosciante e quasi ipnotica, dico quasi perchè subito dopo arriva proprio "Hypnowheel Of Life", roccioso brano dalle forti tinte sabbatiane in cui ancora i nostri riescono a regalarci una buona composizione, il cui tempo è dettato dalla batteria di Coldani.
La psichedelica e malata "L" apre la strada a "S.L.O.W.", Doom classico fino all'osso, omaggio a tutti i fan più oltranzisti che sarà certo ben accolto, dato il valore del pezzo, che è senza dubbio tra i migliori dell’album. "Preacher's Dream" è invece l'intro acustica a "The Mad Monk", traccia dedicata al "santone" russo Rasputin, e che rispetta lo stile del trio di Bergamo, anche se un pò al di sotto del livello delle precedenti (nonostante l'apprezzabile intermezzo melodico). A chiudere ecco l'ormai immancabile cover, questa volta "Voodoo Child (Slight Return)" di Jimi Hendrix, di cui viene data una buona e interessante reinterpretazione.
Per me "As We Die Alone" è un'ulteriore conferma delle capacità dei Thunderstorm, band già ampiamente riconosciuta a livello europeo (e in Germania in particolare), che meriterebbe quantomeno il giusto riconoscimento anche dai proprio connazionali. Questo trio dimostra infatti di essere un'ottima realtà nel suo genere, capace di mantenersi fedele alle sue radici e al tempo stesso di evolversi e dare un’impronta sempre più personale alla propria musica, in modo da non apparire mai scontato. Assolutamente da avere!
Recensione di Marco Manzi
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