Steve Thorne è un musicista di grande talento che vanta numerose collaborazioni nell’ambito del music business, tuttavia con “Emotional Creatures” giunge solo al secondo capitolo della sua personale discografia, completando la seconda parte del concept iniziato un paio di anni fa.
La musica di Steve è di carattere progressivo, ma predilige al lato prettamente tecnico quello più emozionale, così le undici tracce del disco si susseguono tra brillanti melodie rock, che rimandano in più di un occasione a Rush e Genesis, mantenendo però una discreta dose di personalità dettata dall’ottima ed espressiva interpretazione vocale dello stesso Thorne, che si occupa anche di gran parte delle chitarre e tastiere, senza disdegnare il prezioso aiuto di alcuni illustri colleghi conosciuti lungo il percorso fra i quali spiccano i nomi di: Nick D’Virgilio alla batteria, Tony Levin al basso e John Mitchell per alcune gemme di chitarra. Ad aprire le danze ci pensa il rock rilassato di “Wayward”, che dopo un inizio alla Fates Warning, regala un’apertura da brividi nel ritornello. La successiva “Crossfire” è tra le canzoni più belle del disco, un pezzo romantico che parte in sordina per poi stupire ancora nel bellissimo ritornello arricchito negli arrangiamenti da tastiere e violini e nell’assolo con chitarra acustica di stampo folk. “Roundabout” mette in evidenza il lato più psichedelico dell’ artista anglosassone ed è caratterizzata dall’interessante utilizzo dei synth, mentre “Hounded” segna un ritorno al progressive rock dei 70’, con pregevoli atmosfere oscure riscontrabili nel chorus.
Livello qualitativo che non si abbassa neppure con “All The Wiseman”, splendido e spensierato episodio tra prog e folk con richiami a Jethro Tull o ai più recenti Dead Soul Tribe. Questa seconda parte di “Emotional Creatures” ci consegna dunque un Thorne in splendida forma, che riesce a sorprendere per continuità e qualità, ma soprattutto non tradisce in quella parolina ventilata nel titolo, quell’emotività che è proprio il succo di questo piccolo capolavoro.
Recensione di Teospire
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