Devo dire che circa due anni fa, quando ho recensito il primo album dei danesi Raunchy, ho dato loro un voto forse più basso di quello che meritavano, probabilmente in ragione del fatto che non mi spiegavo la dedizione con cui la Nuclear Blast osanna la vena chiamata modern metal. E nonostante sia parzialmente tornata sui miei passi, e abbia imparato in questo tempo a conoscere e ad apprezzare molti gruppi del genere, le stesse problematiche di allora si ripropongono in questa sede con gli svedesi Sonic Syndicate.
Fin dal primo ascolto di Only Inhuman, ultimo lavoro della band, mi sono venuti in mente tre nomi: Children Of Bodom, Soilwork, Raunchy. Ed un solo aggettivo: crossover, nonostante tale appellativo faccia inorridire molti lettori. Non c’è una sola melodia in questo album che sia originale o risulti nuova, e nessun elemento che permetta di differenziare i Sonic Syndicate dai loro “colleghi”: né la voce, né i riff, né le sonorità. Nulla.
Certo che le melodie sono catchy ed estremamente orecchiabili, e che emergono pezzi degni di nota come la lenta “Enclave”, ma non c’è niente, assolutamente niente di nuovo, niente che possa spingere a consigliare l’acquisto o l’ascolto di questo album. Tutto è già stato pensato, suonato e cantato da altri prima di questi sei svedesi (tra cui militano ben tre fratelli!), e nonostante l’apprezzabile esecuzione, sono costretta a concludere di trovarmi di fronte ad un lavoro di poco pregio, che consiglierei soltanto agli appassionatissimi del genere, nell’attesa che i loro paladini più noti sfornino nuovo materiale.
O nell’attesa che i nostri, dato che sono ancora agli esordi, trovino al più presto una propria definita identità musicale.
Recensione di Tiziana Ferro
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