Il progetto Planet X giunge al suo terzo capitolo in studio, con l’importante dipartita del chitarrista Tony MacAlpine, rimpiazzato senza drammi da Brett Garsed, ma non mostra inversioni di tendenza sotto l’aspetto del sound. Il progressive rock strumentale zeppo di spunti jazz e fusion viene abbracciato completamente dai leader Derek Sherinian alle tastiere e Virgil Donati alla batteria, che per l’occasione riescono persino a trovare l’eccellente collaborazione del chitarrista Allan Holdsworth (Soft Machine, UK) in un paio di episodi.
“Quantum” è un disco decisamente complesso che richiederebbe mesi per essere ascoltato e compreso a fondo, ma rivela dopo poche tracce, in maniera imbarazzante, la tendenza dei musicisti a cercare il tecnicismo esasperato, l’assolo impossibile, il cambio di tempo che lascia di sasso o la ritmica marziana. Tutte soluzioni che ribadiscono lo straordinario potenziale di musicisti sopra la media in quanto a classe ma anche terribilmente freddi e inespressivi dal punto di vista compositivo. Non bastano alcuni passaggi delle buone “Alien Hip Hop”, “Poland” e “Kingdom Of Dream” o i cameo di Holdsworth in “Desert Girl” e “The Thinking Stone” a risollevare le sorti di un album autoreferenziale basato su canzoni prevedibili, a dispetto dell’abbattimento di schemi predefiniti, dove ogni passaggio sembra studiato a tavolino per arrivare all’assolo di turno, incentrato a sua volta su scale glaciali eseguite alla velocità della luce.
Forzature che intaccano in maniera indelebile “Quantum”, destinato esclusivamente agli amanti del virtuosismo fine a sé stesso.
Recensione di Teospire
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