Ogni tanto le intricate fanno sorridere, quando, ovviamente, sono a lieto fine.
E’ questo il caso di “Agony Gift Of Life”: il disco è pronto per esser lanciato sul mercato dalla fine del 2005, ma a causa di varie vicissitudine, vede la luce, finalmente, soltanto ora, a metà 2007.
Il risultato ottenuto dalla melodic power metal band (come loro stessi si definiscono) svedese è discreto, guardando anche alla schiettezza di questi cinque ragazzi, attivi già dal 1992. Difatti se da un lato il sound della band richiama senza mezzi termini i capostipiti del power metal (Helloween e Gamma Ray su tutti), dall’altro loro stessi affermano di aver iniziato a suonare proprio per fare musica nello stile di queste band, citando inoltre anche i Blind Guardian, la cui influenza si può sentire se si va ad ascoltare l’epica titletrack “Gift Of Life”.
Questo cd è il quarto nella carriera degli Insania, e arriva a quattro anni di distanza dal precedente lavoro; in questo lungo tempo il combo scandinavo ha cambiato vari elementi nella lineup, dove ora figurano l’ottimo tastierista Dimitri Keiski (autore tra le altre cose di un bel duetto con il singer Ola Halén sulla già citata Gift Of Life) e il chitarrista Peter Östros, che con la sua unica chitarra offre una prova positiva, non facendo rimpiangere la coppia di axemen che lo hanno preceduto.
Tuttavia anche i membri stabili della band, a partire dal batterista-fondatore Mikko Korsbäck, compiono il loro lavoro con grande professionalità.
Fin dal primo ascolto, dopo essere stati accolti da un’apertura strumentale, si viene presi per mano dal coinvolgente sound della band e il disco scivola via veloce e divertente, con canzoni che mostrano un buon songwriting e un’ottima tecnica: il tutto è condito da una produzione azzeccata.
Songs come "Dreams", "Fight for life" e "Times of glory" spiccano sulle restanti, senza risultare eccezionali, ne vanno neppure a sminuire il resto del lavoro.
“Agony Gift Of Life”: un album onesto, senza troppe pretese ma che mostra una band che meriterebbe forse un po’ più di attenzione all’interno del morente panorama del power metal.
Recensione di Dimitri Borellini
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