Ecco ritornati sulle scene uno dei gruppi più prolifici dell’intera scena metal: i Rage. Questo Soundchaser è il 3° album della nuova formazione a 3 che vede, oltre al fondatore Peavy Wagner, il chitarrista russo Victor Smolski e il batterista statunitense Mike Terrana.
Questo è, dopo Ghosts, il secondo concept della band tedesca e racconta gli ultimi giorni di vita di uno degli ultimi Soundchaser, l’essere meccanico che compare in buona parte delle copertine dei Rage, che, dopo aver fatto del bene all’umanità difendendola da terroristi e dittatori, muore solo e dimenticato da tutti.
L’album inizia con Orgy of Destruction, un’intro cupa (come tutto il resto dell’album) e potentissima che ci introduce alla prima vera canzone: War of Worlds. La prima cosa che si nota è l’incredibile muro di suono che la band riesce a creare grazie a dei riff di matrice quasi thrash ad opera dell’ottimo Smolski, supportati in maniera incredibile dal drumming di Terrana (che si piazza ancora una volta come uno dei pochi batteristi che oltre ad unire una grandissima tecnica sa suonare con una potenza incredibile) e dalla particolare voce di Peavy. Da sottolineare l’immensa capacità dei Rage di creare dei ritornelli molto melodici ma mai scontati che rimangono subito in testa.
L’album prosegue con l’ottima Great Old Ones e la potentissima title-track che si mantengono sullo stile di War of Worlds. Defender of the Anciet Rites è un’ottima power song (ma assolutamente non scontata) che si distingue per uno dei migliori ritornelli mai partoriti dalla mente di Peavy. La successiva Secret in a Weird World è la più oscura canzone di tutto l’album grazie ad una parte di piano veramente notevole ottimamente suonata dallo stesso Smolski. La miglior canzone del lotto è indubbiamente Human Metal che sprigiona potenza e cattiveria da ogni riff. Da notare anche i bellissimi assoli di Smolski, che come nel caso di Terrana, unisce una tecnica invidiabile a un tocco veramente personale portando all’interno della band influenze esterne al metal. L’album si chiude con l’ottima coppia chiamata Falling from Grace nella quale fa anche una piccola apparizione Andi Deris (Helloween) nel ritornello.
In conclusione un album veramente notevole da parte di una band veramente sottovalutata e ignorata da più. Da sottolineare anche l’ottima prestazione tecnica dei singoli componenti (da una formazione del genere non ci si poteva aspettare risultati mediocri), formazione ormai affiata e capace di non cadere in inutili sfoggi di tecnica (anche se potrebbe ampiamente permetterselo!).
Recensione di Simone Bonetti
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