Alle ore 20:00, dopo la lunga parentesi Jazz, e dopo un rapidissimo cambio di palco, l’onore di aprire la seconda giornata del Black In Mind è toccato agli Hysterya, progetto nato nel 2001 dall’incontro di Mattia (Voce) e Jenni (Chitarra) a cui si sono uniti Jimmi (Batteria), ex membro degli Ira. Dopo l’abbandono nel 2003 di Mattia vengono reclutati Roberto, ex membro dei Devoured By Hate, e Toni (Basso). Nel 2003 il gruppo pubblica il suo primo demo contenente i brani risalenti alla prima produzione. La band, sfrutta al meglio il tempo a sua disposizione, proponendo un Death Metal veramente efficace e distruttivo, pescando a piene mani sia dalla sua recente produzione , proponendo “Reflection Of The Past”, Innocent Bystander” e “No End Of Grief”, sia dal suo primo demo datato 2003 eseguendo “My Own Self”, “The Gathering”, “Dawn Of Angry” e “Kaos”, alternandoli con degli ottimi Intro ed Outro. C’è subito qualcuno che grida al miracolo dicendo “Porca p*****a, sono tornati i Coroner”. Effettivamente il gruppo assomiglia molto sia come presenta scenica sia come stile musicale al compianto gruppo svizzero. La band dimostra di saperci veramente fare. L’amalgama presente tra i tre elementi del gruppo riesce subito a divertire ed a scaldare i presenti (in verità poco numerosi come al solito), senza mai divenire noiosa. Insomma un concerto niente male che è un buon viatico per il futuro della band.
Segue a ruota il quartetto milanese degli Ira. Anche per loro questo è un ritorno sulle scene dopo oltre un anno e mezzo di assenza. Ed infatti sulle note dell’Esorcista i quattro salgono sul palco e, senza alcuna esitazione, travolgono il pubblico con il loro Death Thrash di forte matrice teutonica. La band apre lo show con “Death Certificate”, splendida cover dei compianti Carcass. Seguono a ruota tre pezzi tratti dall’ultimo lavoro della band “Chaotic Regression”, “Emotion”, “Others Dimension Of Reality” e “Occult Doctrine”, inframmezzati da una splendida e devastante cover dei Death “Overactive Imagination”. Alla fine dell’esecuzione del pezzo il cantante ha detto: “Rposa In Pace Chuck!”. Gli Ira hanno letteralmente fatto terra bruciata con il loro sound aggressivo e tagliente. I loro riff assassini hanno avuto la potenza devastante di una granata al napalm. Devo dire che se c’era bisogno di scaldare il pubblico, loro ci sono riusciti perfettamente.
Dopo un breve cambio di palco, è stato il turno degli Irreverence, band nata nel 1995 grazie a Ricky Paioro (Chitarra, Voce), Davide Firinu (Batteria), Giuliano strozzi (Basso) e Luca Petrazzuolo (Chitarra). Nonostante la band abbia dovuto sopportare diversi cambi di formazione, dovuti all’abbandono da parte del chitarrista Luca Petrazzuolo e del bassista Giuliano Strozzi, sostituiti da Mauro Passiatore (Basso) e da Luca Colombo (Chitarra), sono riusciti comunque a pubblicare due album “Totally Negative Thoughts” (2000) e “Target:Hate” (2002) e stanno per pubblicarne un terzo “War Was Won”. Gli Irreverence si ispirano molto sia al Thrash teutonico che a quello della Bay Area. Il loro set si apre sulle note di “In The Chaos”, tratto dal loro album di debutto Totally Negative Thoughts, seguito a ruota da una triade di pezzi che definire terrificanti ed assassini è puramente limitativo “Hate Has No Name”, “3092” e “Darkening Their Lights”, tratti dal loro secondo album Target:Hate. Durante l’esecuzione di questi pezzi il gruppo ha accennato ad un pezzo che ogni metallaro conosce a memoria “(Empty) Tankard” dei mitici Thrasher tedeschi Tankard, e subito dal pubblico è partito il coro “NA na na na na” che solitamente accompagna l’esecuzione di questo pezzo. Un assaggio del nuovo album la band l’ha offerto eseguendo la titletrack del nuovo album “War Was Won” e “Divine Hideout”. Mentre tutti pensavano che fosse finita, ecco che il gruppo è rientrato per dare il colpo di grazia al pubblico presente: e quale migliore canzone per farlo se non una bellissima, dolcissima ed emozionante cover dei Sodom? Ed ecco che puntualmente come il sole ogni mattina è giunta “Agent Orange” che ha raso al suolo ciò che ancora per puro caso rimaneva in piedi. “Il fuoco che non brucia ha colpito ancora”. E gli Irreverence ne sono stati gli artefici. Bisogna solo sperare che continuino di questo passo, dato che i presupposti per un grande successo ed un ottima carriera ci sono tutti.
Ed ecco giungere la legione straniera. Quello a cui abbiamo potuto assistere, durante la mezz’ora che è stata concessa ai Jesus Chrysler Superskunk, è stato un autentico massacro sonoro, dettato dai ritmi infernali che il gruppo ha scaricato sull’incolpevole pubblico che ha ricambiato la cortesia generando un pogo a dir poco animalesco. Il set del combo tedesco, che inizialmente nato nell’anno del giubileo come un progetto del chitarrista Michael Gerstlauer (membro dei DryRot e Hatesquad) e del batterista Sven Vormann (membro dei Destruction) durante una festa nella città natale di Michael. Il progetto assunse una line-up definitivo solamente nell’anno 2002 con l’ingresso del cantante Thomas Rosenmerkel, del chitarrista Michael “Ano” Piranio (ex membri di Destruction e Ephemeras Party) e del bassista Bernhard “Ena” Matt (ex membro dei Necronomicon oltre che degli Ephemeras Party). Dopo aver dovuto subire un leggero stop a causa dell’uscita dal gruppo nel 2004 di Piranio, nel marzo 2004 la line-up è stata definitivamente completata con il reclutamento del chitarrista Andreas “Lützel” Lützelschweb (ex membro dei Rockwell e degli Groggy Elks, si è aperto sulle note dell’intro “Mountain King”, prima che la potenza assassina e devastante di “M.T. Head”, canzone che apre l’album di debutto della band, cominciasse a fracassare i timpani dei presenti alla Fabbrica del Vapore”. Diciamo pure che durante il set del combo tedesco ciò che è mancato è stata solo la pace e la melodia, dato che il gruppo, votato al thrash metal teutonico più classico ed intransigente, ha scaricato una innumerevole quantità di riff e di note, senza concedersi la benchè minima pausa, se si escludono i brevissimi dialoghi che il cantante Thomas Rosenmerkel si è concesso con il pubblico quando ha chiesto, in un italiano quasi perfetto, di urlare il proprio “The Loudest No!” contro ogni tipo di guerra e di ingiustizia, quando ha invitato i presenti ad entrare nella loro personale arena per impersonare “Christians Vs. Lions” ed infine quando ha annunciato che era arrivato il tempo della “Revolution”. Per il resto il pubblico ha potuto godere delle sfuriate sonore create da quella macchina da guerra che risponde al nome di Sven Vormann (che molti di noi hanno potuto apprezzare durante le sue esibizioni con i mitici Destruction) e dei riff assassini sfornati dai due axe-men della band, Michael Gerstlauer ed Andreas “Lützel” Lützelschweb. Unico rimpianto della serata è stato quello di non aver potuto ascoltare, per ignote ragioni di tempo, “Fear Freedom”, pezzo che la band usa come chiusura dei propri show. Ma comunque questo non ha per niente condizionato la prestazione del gruppo tedesco, che ha salutato il pubblico presente annunciando l’arrivo del gruppo che avrebbe chiuso la serata, i Node
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Ed infatti dopo pochi minuti, giusto il tempo di cambiare il palco, ecco salire i quattro cavalieri dell’apocalisse che senza perdere tempo hanno cominciato a scaldare il gruppo con una titanica esecuzione di “Cancer”. Il gruppo ha poi pescato a piene mani sia dalla sua più recente produzione eseguendo “Outpost”, “Das Kapital” e “Weaknessphere” (tratti dall’album “Das Kapital” del 2004), senza però tralasciare i grandi classici del passato come “Children” e “As God Wills” (tratti da “Technical Crime” del lontano 1997). Quando poi il cantante Daniel ha annunciato l’arrivo di “History Seeds” e “Jerry Mander” (tratti da quel capolavoro intitolato “Sweat Shops” datato 2002), è successo il finimondo: il pubblico, incitato a gran voce dal chitarrista Gary che ha urlato “Ma siamo ad un concerto metal o ad un concerto di Jovanotti?”, ha letteralmente assalito le transenne mentre si scatenava un pogo ed un headbanging che definire selvaggio è assolutamente limitativo. Il gruppo ha preso poi la palla al balzo per presentare, come regalo finale ai propri fans, un pezzo del loro nuovo album che dovrebbe uscire tra breve “As God Kills”, suscitando notevole interesse e partecipazione da parte di tutti. Diciamo pure che i Node non si sono assolutamente risparmiati ed hanno offerto uno spettacolo a dir poco entusiasmante, riuscendo a coinvolgere i “pochi” presenti senza concedersi nessuna pausa. Il pubblico poi ha risposto alla grande cantando a squarciagola tutti i pezzi eseguiti ed accompagnando con un headbanging senza tregua ogni pezzo.
Per concludere posso senza alcun dubbio affermare che questo concerto, che doveva rappresentare il canto del cigno della stagione estiva dei concerti, è stata la vera e propria ciliegina sulla torta per il sottoscritto, che ha potuto assistere a due giorni intensi di musica di alto livello in una cornice davvero esaltante. Speriamo solo che, se ci sarà una seconda edizione di questo “Oktober Fest” italiano, la gente risponda meglio al richiamo della musica.
Report a cura di Donato Tripoli
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