Grande serata al Rainbow di Milano, dove si esibiscono i maestri del doom, i Candlemass di Messiah Marcolin, ed i Destruction, alfieri del thrash teutonico per eccellenza (assieme a Sodom e Kreator). Il pubblico non è molto, ma sarà poi abbastanza per riempire buona parte del locale, in fondo è lunedì sera, e molta gente per vari motivi non può permettersi di andare a un concerto, ma i presenti durante la serata faranno sentire la loro voce e saranno più che partecipi allo show.
Inizio puntuale alle sette, due sono infatti i gruppi di supporto: i tedeschi Perzonal War, con alle spalle cinque album di cui l’ultimo “When Times Turn Red”, uscito quest’anno, ed i finlandesi Deathchain, band più giovane ma fresca del suo secondo disco, “Deathrash Assault”.
I primi nella loro mezz’ora si esibiscono davanti a un piccolo gruppo di venti o forse trenta persone, mettendoci un buon impegno col loro thrash un po’ particolare ma principalmente ispirato alla vecchia scuola, simile a tratti, per intenderci, ai primi Metallica, particolarmente quando il cantante si esibisce con linee vocali pulite. Il poco pubblico segue comunque senza nulla da recriminare la prova della band, anche se è forse più numerosa la gente attorno al banco delle magliette.
Un rapido cambio di palco ed ecco arrivare i Deathchain. Sostanzialmente il pubblico non viene affatto coinvolto maggiormente, ma è però investito da una buona dose di potenza con un death/thrash aggressivo e brutale, così da catturare una discreta attenzione, e pur non essendo un estimatore della loro proposta devo dire che non hanno comunque sfigurato. L’occhio cade comunque sulle croci bianche che tra poco verranno messe sul palco, sono infatti le otto, e tra un quarto d’ora è il turno degli svedesi Candlemass, per la seconda volta in Italia dopo lo show di Tradate e per la prima volta qui a Milano, che alternandosi ogni data come headliner, questa sera aprono per Schmier e compagni.
I cinque, se possibile, si dimostrano ancora più trascinanti di allora, forti di un Messiah che è veramente in serata, e che non perde certo occasione per coinvolgere e intrattenere il pubblico, fattosi ora ben più numeroso, con il suo italiano più o meno corretto, che evidenzia la sua origine veneta (precisamente di Murano). Si parte dunque a ritroso dai primi tre album della band con brani come “Mirror Mirror”, “Bewitched” e “Solitude”, trascinando gli appassionati con cori e applausi, grazie anche ad una buona qualità del suono. Messiah come sempre passa da una parte all’altra del palco nella sua simpatica danza facendo headbanging coi lunghi capelli brizzolati, ma calcolando male la grandezza del palco ad un certo punto “scompare” cadendo su alcuni fotografi (e non si può dire che sia proprio leggero). Per fortuna nulla di grave, e dopo un momento si riprende senza grossi problemi col cantante che si riporta sul palco e prosegue nello show.
Ecco così arrivare due brani del nuovo “Candlemass”, ovvero l’opener “Black Dwarf” e “Copernicus”, introdotta da uno dei tanti incitamenti di Messiah ai “ragazzi italiano del doom”, segue un tuffo nel passato con la trascinante “Dark Are The Veils Of Death”, per poi tornare al presente grazie a “The Day And The Night”, mentre il pubblico è sempre più alla mercé del coinvolgente singer. Continua prima della prima pausa l’alternanza tra “Candlemass” e “Nightfall”, così il gruppo ci regala “The Well Of Souls” e la “pesssante” “Born In A Tank”, ed il cantante si complimenta più volte col pubblico per la partecipazione entusiasta, ed al suo rientro sul palco tornerà canticchiando “Lasciatemi cantare,…”.
Dopo “Samarithan” un po’ a sorpresa segue “Crystal Ball”, secondo brano della setlist estratto da “Epicus Doomicus Metallicus”, nel mezzo del quale Messiah ci introduce simpaticamente gli altri membri della band, come “l’arrabbiato” Lasse ed il “maestro” Leif, mentre lui stesso si introduce come “Alfredo Messiah Marcolin”. Conclusa la canzone si spengono nuovamente le luci, ma è questione di attimi ed arriva la conclusione, questa volta definitiva, con la fantastica “At The Gallows End”, ultima “canzone del doom” che chiude così quasi un’ora e mezza di spettacolo, che lascia trasparire il suo successo dalle espressioni più che soddisfatte degli spettatori.
Verso le dieci è l’ora tanto attesa dai thrasher più accaniti presenti nel locale, è il momento dei Destruction, ed è un altro di quei momenti da ricordare. I tre ci offriranno stasera solamente altrettanti brani del pur ottimo “Inventor Of Evil”, ma a favore di una scaletta molto ben studiata, riscuotendo un’ottima risposta dal pubblico. Subito si parte dunque con “Soul Collector”, opener del nuovo disco, seguita da “Nailed To The Cross” e “Mad Butcher”, così da scatenare subito le prime file, investite dalla potenza devastante del gruppo tedesco, con una qualità del suono veramente molto buona che esalta ancora di più la loro prestazione.
A seguire ecco arrivare “Unconscious Ruins” e “The Ritual”, brani che non si sentono spesso live, e che precedono la nuova “The Defiance Will Remain”, con Schmier che incita i fan (anche se non ce ne sarebbe bisogno) scatenando ancora di più il delirio sotto al palco. Non c’è sosta né respiro, e la band scorre qua e là per la discografia con pezzi come “Confused Mind”, “Thrash ‘Til Death”, “Live Without Sense”, e “Metal Discharge”, con un ritmo ed una precisione che dimostrano quanto la band sia in forma. Sono questi i momenti che valgono il prezzo del biglietto, ed il richiamo del gigantesco cantante sull’unità del metal e dei metal fans introduce “Eternal Ban”, si continua poi da “Eternal Devastation” con “Curse The Gods”, per poi passare a “Total Disaster” e “Bestial Invasion” scatenando all’impossibile un pubblico sempre presente, come solo poche band sanno fare.
Purtroppo però siamo quasi alla fine di questa serata anche per quel che riguarda il thrash e dopo un piccolo break arriva così “The Butcher Strikes Back”, ma non è ancora finita, e come tutti si aspettavano (o avrebbero dovuto aspettarsi) ecco tornare sul palco Messiah Marcolin, che con la sua inesauribile carica si esibisce assieme ai colleghi nella spettacolare “The Alliance Of Hellhoundz”. Che dire? Applausi, applausi e ancora applausi. Così è veramente finita, e mentre i Destruction ci lasciano con una prestazione con la “p” maiuscola, l’unica pecca è l’affluenza non proprio numerosissima di pubblico, che forse ha sottovalutato a gran torto la serata.
Per una volta comunque tutti i presenti possono dirsi più che soddisfatti, in un concerto che si classifica probabilmente tra i migliori dell’anno, per la qualità dello show e per la partecipazione del pubblico. Se queste band continuano a suonare così, ci auguriamo che vadano avanti ancora per molti, molti anni.
Setlist Candlemass:
Mirror Mirror
Bewitched
Solitude
Black Dwarf
Copernicus
Dark Are The Veils Of Death
The Day And The Night
The Well Of Souls
Born In A Tank
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Samarithan
Crystal Ball
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At The Gallows End
Setlist Destruction:
Soul Collector
Nailed To The Cross
Mad Butcher
Unconscious Ruins
The Ritual
The Defiance Will Remain
Confused Mind
Thrash 'Til Death
Live Without Sense
Metal Discharge
Eternal Ban
Curse The Gods
Total Disaster
Bestial Invasion
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The Butcher Strikes Back
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The Alliance Of Hellhoundz
Report a cura di Marco Manzi
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