Grazie ad ottimi album e sopratutto all'ultimo Ghost Reveries (e la grande promozione della
RoadRunner) gli Opeth si son costruiti un gran seguito di fan nel panorama metal.
Infatti la gente accorsa al Rolling Stones per la prima calata italica del tour di supporto
all'ultimo album è sufficiente a riempire per bene il locale.
L'arduo compito di aprire le danze è affidato ai Burst, band che sinceramente non avevo mai
sentito nominare e che dal vivo non mi ha convinto per nulla. Il genere proposto è qualcosa di
simile ai Dillinger Escape Plan, per cui un misto di hardcore, metal e stacchi più rilassati o
schizzati anche se eseguito senza la tecnica e l'inventiva dei Dillinger e senza risultare così
convincenti. Durante i 40 minuti a loro disposizione la band si dimostra buona sul palco ma le
canzoni sono piatte e prive di attrattiva essendo anche mal strutturate. In più anche i suoni
impastati non aiutano di certo. La scaletta è incentrata (stando alle parole del singer)
sull'ultimo album Origo e il pubblico sembra gradite la proposta.
Breve cambio palco ed ecco salire sul palco gli attesi headliner. Sin dall'iniziale Ghost of
Perdition i suoni si dimostrano ottimi così da farci apprezzare al meglio la prestazione degli
Opeth. La band è rilassata durante l'esecuzione dei complessi pezzi e Akerfeldt si dimostra
veramente incredibile come cantante, dotato di un potentissimo growl e di una dolce voce pulita.
Martin Axenrot si dimostra un degno sostituto del mancante Lopez, riproponendo in maniera
personale le canzoni, dando un tocco di potenza in più. Dopo un breve saluto è il tempo di un
salto nel passato con la fantastica When seguita da White Cluster. Akerfeldt tra un pezzo e
l'altro si dimostra un ottimo cabarettista, dialogando tantissimo col pubblico, dando il tempo
alla band di tirare un attimo il fiato visto la lunghezza dei pezzi. La scaletta continua con la
toccante Closure dallo sperimentale Damnation che mette in mostra la grande voce e il grande
carisma di un Akerfeldt veramente ispirato. Dal fortunato Blackwater Park viene estratta
inaspettatamente la sola Bleak che il pubblico gradisce alquanto. Ritorno al presente con la
devastante The Grand Conjuration che ci fa capire che gli Opeth di oggi, anche se più sperimentali
e melodici, sanno ancora scrivere pezzi che dal vivo spaccano. Tuffo nel passato più lontano con
Under the Weeping Moon dal debut Orchid, seguita da un'altro pezzo da Ghosts Reveriers The Baying
of the Hounds. Il nuovo entrato Per Wiberg alle tastiere si dimostra già pienamente integrato nel
gruppo e, oltre a dimostrare una tenuta di palco un po' inusuale per un tastierista (headband
continuo), era già possibile sentire il suo tocco più hard rock e psichedelico anche nei pezzi
vecchi, grazie ad accurati ma mai invadenti arrangiamenti di tastiera e organo Hammond.
La chiusura dello show è affidata alla dolce A Fair Judgment ma la band viene richiamata a gran
voce sul palco e dopo un divertente giochetto del cabarettista-cantante (un quiz sui Rainbow) si
congeda definitavamente con la devastante Deliverance.
In conclusione un'ottimo concerto, 2 ore di ottima musica anche se l'esclusione dalla scaletta di
The Drapery Falls pesa un po'.
Per le foto clicca qui
Report a cura di Simone Bonetti
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.