Ed eccomi nuovamente all’Alcatraz per gustarmi lo show di un gruppo che ha segnato la storia del power metal: gli Helloween.
Nel ruolo di gruppo spalla troviamo i tedeschi Axxis, band che sinceramente non avevo mai sentito e che forse dopo questa prestazione comincerò a seguire più attentamente. La loro performance, di circa un’ora, è affiatata e coinvolgente sia per la qualità dei brani che per la loro presenza scenica. Il genere è heavy-power con qualche spolveratina folk ogni tanto, il tutto e poi legato da un elemento sempre presente, la melodia.
Tra i ranghi degli Axxis è entrata anche la cantante Lakonia, la quale con la sua bella voce si rivela essere un elemento caratteristico aggiuntivo che apporta alle canzoni quel qualcosa in più. Fortunatamente per quelli come me che non amano il cantato femminile nei gruppi metal, il cantante Bernhard Weiß gestisce ancora un buon 80% delle parti vocali mentre Lakonia entra in campo soprattutto come seconda voce e corista. Il pubblico risponde calorosamente e quelli come me che non conoscevano il gruppo hanno comunque seguito attentamente il loro concerto.
E’ giunto ora il momento dei tanto attesi headliner. Le luci si abbassano e le voci del pubblico si alzano, le note degli AC/DC aprono lo show, For those about to rock scalda gli animi.
Si sente ora la voce imponente che introduce l’ultimo album della band e i nostri beniamini attaccano con King for a Thousand Years. Questa è certamente un’ottima scelta per promuovere il nuovo disco anche se forse la sua durata di oltre 10 minuti non è molto adatta per fungere da opening-track del concerto. Tuttavia la prima impressione è più che positiva, la band è in forma e prevedo una buona prestazione.
Subito in seconda posizione incontriamo una tra le più grandi hit delle zucche, Eagle Fly Free. Weikath, dalle originali espressioni facciali, dà inizio al noto riff mentre gli altri lo seguono tirandosi dietro la folla esaltata. Deris non attacca nel migliore dei modi, però si riprende subito e per tutto il concerto si dimostrerà all’altezza della situazione.
Dopo la famosa hit troviamo in scaletta l’unica canzone pescata da Rabbit Don’t Come Easy, Hell was made in Heaven la quale è seguita dalla mastodontica Keeper of the Seven Keys. Anche qui il nostro caro complesso dà il meglio di se, il brano viene eseguito in modo impeccabile in tutte le sue parti, molto coinvolgente l’alternanza di assoli tra i chitarristi Weikath e Gerstner. Segue la ballad helloweeniana per antonomasia, A Tale that wasn’t Right e qui, nonostante l’ottima prestazione del cantante, non riesco a non rimpiangere in tempi in cui Kiske militava nel gruppo dato che in questa canzone più che in ogni altra si nota la superiorità del vecchio frontman. Breve pausa, è il momento dell’assolo di batteria, momento che come sempre sfrutto per andare a sedermi e rilassarmi per qualche minuto.
Si ritorna in scena con il secondo pezzo tratto dall’ultimo album, Occasion Avenue, anche questo avente una durata di 10 minuti, non male. Si migliora nettamente passando a 2 tracce prese dal più cupo The Dark Ride, l’eccellente Mr. Torture e la buona If I could Fly.
Ancora un assolo, questa volta di chitarra, che m’interessa di più anche se mi annoia comunque. Tocca ora a Power, unico motivetto pescato da The Time of the Oath e poi si passa alla canzone che ha dato inizio al genere happy metal, la mitica Future World. Anche qui ottima esecuzione con scambio di cori tra Andy Deris e i fan, l’unico problema è stato il service che durante questo momento di alternanza frontman/pubblico ha dato qualche segno di cedimento, tuttavia le numerosi voci della massa hanno ammortizzato questi piccoli incidenti tecnici. Si ritorna agli ultimi componimenti: Invisibile Man e poi il peggior brano della scaletta, Mrs. God.
Come la curva di un grafico che rappresenta un’improvvisa crescita ci possiamo ora gustare a timpani spalancati la leggendaria I Want Out, seguita da un altro cavallo di battaglia che va così a chiudere un ottimo concerto, Dr. Stein. Complessivamente sono rimasto appagato dallo spettacolo delle zucche anche se forse avrei apportato qualche modifica alla scaletta, sostituendo 3 o 4 pezzi con qualcosa preso da Better Than Raw, Master of the Rings e dal superbo Walls of Jericho. Concludendo posso dire che anche il pubblico è sembrato contento, nonostante gli alti e bassi compositivi e i numerosi cambi di formazione i fan sono ancora molto legati e questo grande gruppo.
Report a cura di Mattia Berera
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