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Gods of Metal (giovedì) - 6/1/2006 - Idroscalo - Milano

Per festeggiare la decima edizione il Gods of Metal torna nella natia Milano, più precisamente all'Idroscalo, luogo che si è dimostrato ottimo per una manifestazione del genere: lontano da centri abitati, ricco di zone d'ombra, di un comodo prato e sufficientemente ampio per accogliere la massa di metallari che sarebbe accorsa per l'evento.
Il bill del decimo anno non poteva che essere di tutto rispetto e infatti, oltre ad offrire 4 giorni di concerti invece che i soliti 2, troviamo tantissimi gruppi, che avrebbero potuto fare da headliner, nel ruolo di supporter a band ancor più di spessore. E' il caso degli Opeth, dei Testament, dei Korn, dei Motorhead che apriranno per nomi del calibro di Venom, Whitesnake/Def Leppard e il ritorno dopo anni di inattività dei Guns 'n Roses. Decisamente ottima l'idea della live di dividere la set list per genere dedicando l'apertura ai gruppi più estremi, il venerdì ai gruppi italiani (offrendo così alla sottovalutata scena italica un'immensa opportunità per mostrarsi di fronte ad un pubblico più grande), il sabato dedicato al power e all'hard rock mentre la domenica per i gruppi più alternativi. Decisione che così ha evitato casi di bottigliate (come quello avvenuto durante l'edizione del 2002 con gli Antiproduct) e permesso a chi voleva vedere solo gruppi di un determinato genere di andare un solo giorno. Migliorata notevolmente la qualità generale dei suoni che così ha permesso a quasi tutte le band di offrire buone prove, anche la qualità dei servizi ovverti al pubblico è finalmente all'altezza del numero di presenti.
Ma andiamo ora più nel dettagli coi report delle varie giornate:

Cappanera
Il compito di aprire la prima giornata del Gods of Metal 2006, la giornata estrema, tocca ai nostrani Cappanera che di estremo hanno ben poco. Il genere proposto è un metal piuttosto canonico, con qualche incursione nel nu metal. Il gruppo però si mostra carico sin da subito e, complici dei suoni veramente buoni, scalda a dovere il pubblico già presente che apprezza la mezz'ora scarsa concessa ai Cappanera che lasciano il palco tra gli applausi generali.
(Simone Bonetti)

Amorphis
Prima prova italiana dopo il cambio di cantante per i finlandesi Amorphis, band autrice di un ottimo album quale Eclipse. Avevo già visto dal vivo il gruppo alcuni anni fa ma non mi avevano coinvolto più di tanto mentre questa volta devo dire che hanno offerto un'ottima prova, sopratutto il nuovo entrato Tomi Joutsen che si dimostra un ottimo frontman e un cantante superiore a Pasi. La scaletta è incentrata su tutta la discografia della band con un occhio di riguardo all'ultimo disco ma anche ai primi album in cui la matrice estrema era più presente. Anche il folto pubblico già presente gradisce la prova senza sbavature del gruppo a cui vengono tributati i giusti applausi. I suoni si dimostrano buoni già dall'inizio e permette ai presenti di apprezzare appieno la prova del combo. Unica pecca la mancata esecuzione del classico Black Winter Day, per il resto promossi a pieni voti.
(Simone Bonetti)

Caliban
Chiamati all'ultimo momento come sostituti dei defezionari Dimmu Borgir i Caliban si presentato sul palco di fronte a un pubblico piuttosto freddo e che tale rimarrà per tutta la loro esibizione. Il genere proposto è il tipico metal core che va per la maggior in questo periodo, che può essere divertente da sentire per i primi 2 pezzi ma che poi stanca in quanto troppo ripetitivo. La band ce la mette tutto ma buon parte del pubblico li ignora attendendo i successivi gruppi. Una band buona come riempitivo ma con veramente nulla da dire.
(Simone Bonetti)

Satyricon
Cambio di ordine di esecuzione dei gruppi ed ecco che come quarto gruppo della giornata ci troviamo i norvegesi Satyricon, freschi autori di un discreto album quale Now, Diabolical. L'apertura dello show è ovviamente affidata a un pezzo estratto da tale disco, The Pentagram Burns per la precisione, che dal vivo rende molto più che su disco. Anche in questo caso va un applauso va ai tecnici del suono che svolgono egregiamente il loro lavoro, anche se un problema alla chitarra il cui volume va e viene rovinerà alcune parti dei pezzi. La scaletta sarà fortemente squilibrata in favore del nuovo corso del gruppo, con Filth Grinder da Rebel Extravaganza, Fuel for Hatred e Repined Bastard Nation da Volcano e la title track e K.I.N.G. dall'ultimo disco. Il compito di rappresentare il vecchio corso è affidato a un solo estratto da The ShadowThrone (Dominions of Satyricon) e alla conclusiva Mother North dall'immenso capolavoro che fu Nemesis Divina, ovviamente accolta da un boato dal pubblico. Però la prova del gruppo sarà ottima, con Frost immenso come sempre e Satyr in costante evoluzione come frontman.
(Simone Bonetti)

Sodom
La band tedesca sale sul palco del Gods of Metal forte di un ottimo album quale l'autointitolato Sodom, ennesima prova di salute del combo. Infatti sarà la devastante Blood on your Lips ad aprire il massacro con una scaletta che pesca un po' da tutta la carriera del gruppo, con le storiche Outbreak of Evil e la più punk Ausgebombt mischiate con le più recenti Napalm in the Morning, Axxis of Evil e la pesante Rember the Fallen. La prova del trio è micidiale, è incredibile come solo 3 persone riescano a creare un muro di suono così devastante. Onkel Tom è il solito intrattenitore, anche se lo spazio tra un pezzo e l'altro è veramente breve così da poter fare più pezzi. I suoni sono più grezzi di quelli usati per i Satyricon ma questo è positivo visto il thrash vecchio stile proposto dal combo tedesco. Il pubblico gradisce molto il concerto e nelle prime file si scatena un discreto pogo.
(Simone Bonetti)

Nevermore
La band di Seattle si presenta sul palco come quartetto causa una crisi improvvisa che ha colpito il chitarrista Steve Smyth affetto da una grave insufficienza renale (a cui vanno ovviamente gli auguri di pronta guarigione). Il gruppo comunque non si scoraggia e attacca subito con Final Product, canzone estratta da This Godless Endeavor che colpisce subito i presenti. Vista la mancanza di una seconda chitarra la scaletta sarà incentrata sui pezzi più diretti ed ecco subito viene proposta Engines of Hate seguita da I, Voyager da Enemies of Reality. The River Dragon has Come raccoglie come sempre i favori del pubblico così come The Seven Tongues of God, Narcosynthesis e Enemies of Reality. Il pubblico canta i vari ritornelli insieme a Warrel che è in forma a dir poco smagliante anche se alle volte dei problemi al microfono fanno sparire la voce (con notevole disappunto del cantante). Chiusura affidata alla lunga This Godless Endeavor e la devastante Born, eseguita molto più veloce che su disco. Ottima la prova di tutti i musicisti, in particolare del chitarrista Jeff Loomis, che anche senza una chitarra hanno offerto una prova devastante.
(Simone Bonetti)

Testament
Ennesima calata italica post reunion per i thrasher americani Testament, aiutati in quest'occasione dal batterista dei Sadus Jon Allen. Partenza dello show affidata a The Preacher e The New Order dall'omonimo disco e subito si scatena il pogo tra le prime file. La band è in forma, Chuck Billy su tutti autore di una prova magistrale. La scaletta è incentrata ovviamente solo sui primi 4 album del gruppo, quelli con la line-up storica, con la preferenza verso il debutto The Legacy (Over the Wall, Burnt Offerings, Raging Waters) e il successivo The New Order. Il pogo tra il pubblico aumenta con notevole soddisfazione da parte del gruppo che sta dando il meglio di se. Gli assoli di Skolnick, la ritmica di Peterson e la sezione ritmica Christian/Allen sono supportate egregiamente da suoni veramente potenti che rendono giustizia agli ottimi pezzi. Tutti i membri sono in perfetta forma e affiatati dopo più di un anno di concerti in giro per il mondo per cui ne nasce uno show veramente ottimo, una lezione per le nuove leve.
(Simone Bonetti)

Down
Finalmente riesco a vedere on stage i Down di quel mito che fu Phil Anselmo, che si presenta sul palco con un lungo mantello, preso in prestito da Frost dei Satyricon. Ancor prima di cominciare Phil è vistosamente ubriaco e lascia il palco per abbandonare il pastrano che indossava e si ripresenta con una ridicola berretta (neanche fossimo a dicembre). Finalmente i cinque statunitensi iniziano a suonare, ma è una noia mortale, canzoni lentissime già di loro, per di più condite da dei monologhi del singer che anche gli altri componenti della band sembrano non apprezzare, Rex Brown, infatti se ne va per poi tornare con una sigaretta in bocca...
In pubblico inneggia ai Pantera e viene sbeffeggiato dall'imbolsito Phil, che però in un toccante momento tributa una canzone all’ex chitarrista dei Pantera Dimebag Darrel, ucciso neanche due anni fa durante un live.
La curiosità di vedere due ex-Pantera, soprattutto l'egocentrico frontman, era molta, ma è altrettanto grande la delusione.
Pessimi.
(Dimitri Borellini)

Opeth
Dopo lo stupendo concerto di dicembre ero ansioso di vedere ancora all'opera il quintetto svedese. Il gruppo si prensenta sul palco al calar del giorno, cornice perfetta per il tipo di musica proposta. 6 brani in 60 minuti è quello che la band presenterà. Apertura con la devastante The Grand Conjuration, un po' penalizzata nella parte iniziale da suoni non ben bilanciati che però verranno regolati verso metà brano. Il gruppo si vede da subito che è in forma e Akerfeldt sfodera un'ottima prestazione dietro al microfono. Breve pausa per i saluti e via subito con White Cluster da Still Life seguita da Closure dallo sperimentale Damnation, allungata grazie a un'improvvisazione molto seventies nella parte centrale guidata dal tastierista Per Wiberg. Dall'album che ha dato fama al gruppo (BlackWater Park) viene riproposta la bellissima The Leper Affinity accolta alla grande dal folto pubblico presente sotto il palco. Akerfeldt tra un pezzo e l'altro si dimostra un ottimo intrattenitore, facendo così riprendere anche fiato al resto del gruppo. Deliverance in sede live è ancora più aggressiva che su disco e fa la felicità dei metallari più estremi, così come la successiva Demon of the Fall che segna la chiusura di questo stupendo concerto che personalmente ritengo, insieme a quello dei Nevermore, il migliore di questa giornata.
(Simone Bonetti)

Venom
Ultima estenuante attesa per vedere il ritorno di Venom.
Fuochi d'artificio (il primo tramortisce noi fotografi, un botto davvero assordante) condiscono l'entrata del vecchio Cronos, giudicato da molti l'inventore del black metal, e lui per non smentirsi regala subito la canzone che molti volevano vedere, Black Metal, incitando più volte la folla al grido di “Black Metal Italia”.
Alla terza canzone Cronos chiama sul palco Phil Anselmo, più ubriaco di prima e svociato, per un duetto, abbastanza pietoso per la presenza dell'ex-Pantera, che non fa altro che inchinarsi davanti al frontman dei Venom e tentare l'ardua impresa di cantare.
Il bassista-singer poi, da buon esibizionista che fu, non si smentisce e distrugge un basso (finto) sul palco.
Altri pezzi storici, come Wellcome to Hell, Satanichist e Witching Hour vengono proposti accompagnati da fuochi artificiali e spettacolari fiammate sul palco, ma viene eseguita anche la veloce title-track del nuovo album, Metal Black.
Ad essere sincero mi aspettavo un'esibizione deludente, vista anche l'età e la vita non certo sobria di Cronos e invece il trio di NewCastle, com Mykvs alla chitarra e Antton alla batteria, ci ha offerto davvero uno spettacolare concerto! Black Metal Italia!!!
(Dimitri Borellini)

Foto:

Giovedì 1
Venerdì 2
Sabato 3
Domenica 4

Report a cura di Simone Bonetti e Dimitri Borellini

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