Il portale della musica Heavy Metal

www.holymetal.com
 
 
sei in Home » Live report » titolo dell'intervista
Torna indietro

Metal Camp (Sabato) - 7/22/2006 - *** - Tolmin (Slo)

La notte passa tranquilla, anzi, uno scoiattolo fa addirittura capolino vicino alla mia tenda e poi fugge via veloce… credo che dopo poco sarà stato mangiato da qualche blackster scandinavo rude e inferocito…
Oggi al fiume si contano molti più metallari del giorno prima, la temperatura è, infatti, salita ancora e le acque fredde e al birra a 2,50 euro sono un motivo sufficiente per attrarre un sacco di gente al pub sulla riva, almeno, fino all’ora di pranzo…
Prima dell’inizio dei concerti i pompieri di Tolmin hanno anche dato una bella spruzzata d’acqua all’interno dell’area concerti e lungo le vie del campeggio per compattare la polvere e abbassare la temperatura. Un intervento decisamente gradito.
La sessione di concerti di oggi comincia alle 14,30 con gli svizzeri Excelis (voto 6,0) che suonano un piacevole e leggero helvetic folk power metal, sarebbe stata dura iniziare una giornata con una ritmica black a 180 battiti di metronomo, in ogni caso solo pochi sono i fans presenti. Il sole è ancora molto alto nel cielo ed è dura stare sotto al palco.
Dopo la buona prestazione degli Excelis salgono sul palco gli Heaven Shall Burn (voto 6,5). I tedeschi propongono al pubblico un pesante melodic death metal con forti influenze metalcore. Il main stage del Metal Camp è però stato montato verso ovest, il sole, perciò, guarda in faccia gli artisti che spesso sono distratti e disturbati sia dalla luce che dal calore. Questo va però a vantaggio del pubblico che evita di accecarsi per vedere il concerto… La band di Matthias Voigt e Maik Weichert combina nei sui testi l’aggressività del sound metal con temi strettamente anti-razzisti, denunciando molte delle ingiustizie sociali del mondo. Ascoltare una band così non può far altro che bene.
La giornata di sabato in ogni caso è centrata soprattutto sui grandi headliner della serata, i Testament (anche se per qualcuno, purtoppo, erano i Dimmu Borgir) quindi le varie band del pomeriggio rimangono schiacciate sotto l’ombra di questo grande nome. Dopo una prestazione ragguardevole dei thrashers One Man Army (voto 5,5) suonano i Progressive Metal/Power Metal Evergrey (voto 7). Per Michael Håkansson, il bassista, questo sarà però l’ultimo show con i cinque ragazzi di Gothenburg (Svezia), infatti, dopo pochi giorni lascerà la band per divergenze stilistiche. Davvero un peccato che gli Evergrey abbiano perso un pezzo così pregiato, al Metal Camp aveva regalato un’ottima prestazione. Speriamo che il suo sostituto Fredrik Larsson (ex Hammerfall) sia in grado di dare altrettanto lustro a questa band.
Quando salgono sul palco i Wintersun (voto 6,5) il pubblico sta già attendendo i più violenti Soilwork, la band dell’ex-Ensiferum Jari Mäenpää è stata però in grado di accendere gli animi del popolo sloveno come fece nel lontano 2004 sotto il diluvio e sopra al fango. Il loro show è incentrato sul loro ultimo album: “Time”, anche se, per coprire tutta l’ora che gli spetta i finlandesi sono costretti ad fare fondo a quasi tutta la loro discografia, hanno all’attivo, infatti, solo un altro album, “Wintersun” per l’appunto. Il Finnish Viking-Power della band di Mäenpää si spande in tutto il campeggio allietando anche chi in quel momento ha deciso di cenare.
Björn ‘Speed’ Strid e la sua band fanno il suo ingresso sul palco alle 20:00 esatte, richiamando a se tanti fan quanti non se ne erano mai visti (finora) al Metal Camp 2006. I Soilwork (voto 7,5) sono però l’ultima band prima dei terrificanti My Dying Bride, quindi per Speed non è certo un problema fare un ottimo show pescando i sui cavalli di battaglia da tutta la loro discografia.
I My Dying Bride (voto s.v.), in italiano “la mia sposa morente” sono una band inglese Death metal/Gothic metal/Doom metal e sono il gruppo che in assoluto faccio più fatica ad apprezzare. Con tutta la buona volontà che ci ho messo questa volta, non appena hanno iniziato il loro show è come se sulla testa mi fosse comparso uno pesante casco di piombo che, anche contro la mia volontà, mi ha depresso e tirato a terra. Sono dovuto scappare prima che fosse troppo tardi. A quanto hanno raccontato i fans però, la prestazione della band non è stata affatto male. Le canzoni che hanno “entusiasmato” (o meglio dire “fatto viaggiare”) il pubblico sono state “The Cry of Mankind” da 'The Angel and the Dark River' e “For You” dall’album 'Like Gods of the Sun'. La band di Aaron Stainthorpe ha inoltre suonato “The Whore, the Cook and the Mother”, “The Dreadful Hours”, la lenta “Cathrine Black” e “She is the Dark”. Dall’accampamento dei miei amici svizzeri credo inoltre che la band abbia chiuso il suo show con “The Forever People”. Purtroppo non sono in grado di dare un parere obbiettivo su una band il cui stile è totalmente opposto ai miei gusti personali.
Una band che, invece, mi entusiasma, e con me molti e molti altri, sono i Testament (voto 8,5), se i Soilwork avevano richiamato parecchia gente, con i Testament era presente tutta la Slovenia (e anche buona parte dell’Austria). La band di Chuck Billy è in piena forma è finalmente i ragazzi del mixer si decidono a dare pieno sfogo a tutti i megaWatt che l’impianto del Metal Camp riesce a regalare. Il palco è pieno di fumo ma alla batteria si staglia inconfondibile la sagoma di Paul Bostaph, batterista dei tharsher americani Exodus. Il loro concerto passa veloce attraverso i più grandi cavalli di battaglia del thrash metal internazionale. Durante canzoni come “Into the Pit” e “Over the Wall” si scatena un pogo furioso davanti al palco tanto da costringermi ad abbandonare le prime file per riprendere fiato. Lo show continua però alla grande con canzoni come “Practice What Your Preach” e “Trial by Fire” che riescono a dare forza anche ha chi ha già dato tutto. I Testament si confermeranno anche come la band migliore di tutto il festival, anzi, questo show è, per ora e per me, il migliore di tutto il 2006. Verso mezzanotte e mezza la band degli stati uniti lascia il palco in favore dell’altro grande nome della serata: i norvegesi Dimmu Borgir (voto 7,5).
Mentre gran parte della gente era scesa al bar sulla riva attirata da canzoni come “The Trooper”, “Master of Puppets”, “PainKiller”, “Symphony of Destruction”, “We're Not Gonna Take It” o “Quintessenze”, dalla solita birra a 2,50 euro, e da qualche spettacolo di streap tease, sul palco principale andava in scena l’ultimo concerto della seconda giornata di Metal Camp.
I malefici Dimmu Borgir capitanati dal piccolo ma tatuato Shagrath salgono sul main stage avvolti dal fumo. Il loro sound black metal con chitarre distorte e voce growl è la colonna sonora ideale per lo spettacolo di luci che viene messo in scena sul palco. I norvegesi sono nel pieno delle loro forze, lo si capisce dalla veemenza con la quale vengono suonate “In Death's Embrice” e “Progenie”. Il pubblico assiste ammaliato alla loro prestazione e, soprattutto, durante “Kings of the Carnival Creation” e “Indoctrination” fa sentire alla band quanto il concerto gli sia gradito. I suoni sono però impastati, confusi e mal bilanciati, molto spesso hanno, infatti, finito per rovinare i passaggi più veloci, soprattutto durante “Stormblast” . I volumi delle le casse della batteria e del basso erano troppo alti e il resto della musica finiva quasi sempre per confondersi dietro a un muro di suono incredibile. Comunque il concerto è andato bene anche con quest’inconveniente, soprattutto quando la band chiude lo show con “Mourning Palace”. Con questa canzone e con un enorme boato di folla si chiude la seconda giornata di Metal Camp

E fu sera e fu mattina terzo giorno

Report a cura di Tommaso Bonetti

Archivio Foto

 

Recensioni demo

Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.

Wofango Patacca

Segui le avventure di Wolfango Patacca il boia di holymetal.com