Grazie alla copertura di nubi che riempie il cielo sopra a Tolmino i metallari del metal camp possono stare qualche ora in più nelle loro tende prima che queste diventino i soliti forni invivibili.
La temperatura notevolmente più bassa degli altri giorni e di conseguenza vi sono molte meno persone al fiume e molte di più nell’area del palco.
I concerti cominciano alle 14:00 con i quasi sconosciuti Mely (voto 6,0) che dopo un lungo sound check, cominciano e finiscono il loro show in un baleno lasciando il palco ai loro successori: i Mystic Prophecy.
In tour per promuovere il loro nuovo album “Savage Souls”, i Mystic Prophecy (voto 7) iniziano il loro concerto con “Lords Of Pain”. Il loro power metal di stampo classico fa storcere il naso a tutti i fan del death metal presenti, ma richiama se tutti gli amanti di questo genere. I cinque tedeschi continuano il loro concerto con “Master Of Sins” e “Evil Empires” anche se per vedere i primi risultati sulla folla bisogna attendere le successive due canzoni “In The Darkness” e “Dust Of Evil”. I primi poghi della giornata di vedono però solo quando la band di Liapakis, il cantante, lancia una cover dei Manowar: “Fighting the world”. Niente da dire, il colpo è riuscito, tutti cantano e chi stava ancora dormendo sul crinale della collina si alza e si avvicina al palco. I Mystic Prophecy possono così chiudere il loro show con “Burning Bridges” davanti ad un nutrito gruppo di persone.
Il cielo si fa sempre più coperto e nubi nere si avvicinano da ovest, ma i Cataract (voto 6,5) riescono a svolgere il loro show senza incappare nel temporale. Il loro metalcore svizzero ha richiamato tutti i loro compatrioti e sotto al palco ci sono una gran quantità di bandiere elvetiche. Il brano più riuscito è però “As We Speak” tratta dal loro album “With Triumph Comes Loss” ed è anche l’unica canzoni in cui i suoni della band sono stati veramente apposto.
Come dice il proverbio: “tanto tuonò che piovve”, infatti, tra l’esibizione dei Cataract e quella dei
Gorefest si scatena un violento acquazzone che costringe l’organizzazione sia a spegnere l’impianto, sia a pulire l’acqua dal palco che a coprire le casse spia con dei teli di plastica. Nel frattempo gran parte dei presenti, soprattutto i sopravvissuti del disastro del 2004, sono corsi alle loro tende per mettere al riparo tutto ciò che avevano lasciato in giro.
Con un po’ di comprensibile ritardo cominciano perciò alle 17:15 i Gorefest (voto 6,0). I death metallers olandesi si ritrovano però a suonare davanti a minacciosi (e soprattutto molto vicini) lampi temporaleschi, il loro show è perciò rovinato dalla preoccupazione di tutti di vedere finire di nuovo il Metal Camp in un lago di fango. Le canzoni proposte sono le più varie “The Glorious Dead”, “You Could Make Me Kill” e “Mental Misery” che viene introdotta da Jan Chris de Koeyer, cantante e bassista, semplicemente con un tenero “Fuck You!”. Il pezzo successivo è anche il migliore di tutto il concerto “Super Reality”. I Gorefest possono lasciare il palco orgogliosi di aver fatto il loro lavoro, ma niente di più.
Ben più attesi dei Gorefest erano però i Kataklysm (voto 8) che con il loro nuovo “In The Arms Of Devastation” si presentano al Metal Camp in piena forma. Il concerto viene aperto da una devastante “Bound In Chains”, i suoni sono perfetti fin da subito, anche se, la canzone successiva “The Resurrected” è ‘rovinata’ da una ragazza in parte a me che, con una gonna muccata, ha riempito di bolle di sapone metà del pubblico. Il concerto dei canadesi è pieno di colpi di scena, il migliore avviene sicuramente durante “Let Them Burn” quando un divano gonfiabile arancione comincia a girare sopra le teste del pubblico. Maurizio Iacono, il cantante, non è mai stato così ispirato e “As I Slither” esce veramente un capolavoro soprattutto sul finire quando proprio Maurizio alza al cielo ma maglietta di Gilardino e urla “Campioni del mondo! Campioni del Mondo!”. È il delirio, le bandiere dei tedeschi smettono di sventolare, ma gli italiani sono totalmente galvanizzati, “Under The Bleeding Sun” e “Manipulator Of Souls” volano via in un attimo. Viene suonata anche “Crippled and Broken”, la canzone del primo video della band, anche se ormai tutti stanno aspettando quella che sarà l’ultima canzone: “Face The Face Of War”. Grande finale per un grande show, la band ha inoltre annunciato la sua intenzione di ritornare a Tolmin per il Metal Camp 2007, speriamo!
Gli Edguy (voto 8,0) nel bill di questo concerto c’entravano tanto quanto una rosa in un mazzo di chiavi inglesi, icone di un genere di osteggiato dai death metallers lo show dei powerettoni per eccellenza comincia con una voce fuori campo: “ladies and gentlemen welcome to the freak show!” e subito inizia il quattro quarti spinto di “Sacrifice”. Tobias Sammet, leader degli Edguy sa benissimo che ha davanti un pubblico difficile perciò salta e canta come un grillo, intonano subito “Babylon”, senza ottenere però i risultati sperati. Finita questa canzone, infatti, Tobias si ferma e chiede “Do you want somenthing different?” e tra lo stupore generale gli Edguy cominciano a suonare “The Trooper” degli Iron Maiden! È il delirio, finalmente il pubblico si accende ma è lo stesso Tobias a frenare gli animi “se volete che lo show continui, dovete farmi una promessa…”, dice il leader degli Edguy, “non appena i Kreator, che suoneranno dopo di noi, finiranno la prima canzone voi tutti dovrete cantare il classico coro da stadio: olè, olè, olè, olèè, ooooolèèèè, oooolèèèè… Dopo questo piccolo stop il concerto ricomincia alla grande con “Fucking With Fire” e l’ormai leggendaria “Vain Glory Opera”. Gli Edguy suonano tutti i loro pezzi molto più pesantemente del solito, la chitarra decisamente più distorta e la batteria mette spesso qualche colpo in più, tutto per ingraziarsi un pubblico che era partito decisamente ostile. I fans sono ormai in esatsi tanto che Tobias e soci si possono permettere di farsi acclamare per un encore dopo “Superheroes” e “Mysteria”. Le note di “King Of Fools” chiudono così il concerto più anomalo e difficile di tutto il festival.
Con l’arrivo dei Kreator (voto 8,5) arrivano anche le tenebre dell’ennesima notte senza luna. I tedeschi aprono alla grande, alle loro spalle la stessa scenografia di Wacken 2005, minimale ma decisamente d’effetto. L’apertura è da mozzare il fiato, “Enemy of God” e subito “Impossible Brutality”, sembra che la gente non riesca a capire più niente tanta è l’emozione, ma dopo pochi istanti comincia a sentirsi prima flebile e poi potente: olè, olè, olè, olèè, ooooolèèèè, oooolèèèè… Tobias ha decisamente vinto la scommessa che aveva fatto con Mille Petrozza, che un po’ contrariato lancia un altro dei pezzi forti dei Kreator: “Extreme Aggression”. Il concerto continua come meglio non potrebbe, i giochi di fumo e luci sono da brividi, i suoni sono a dir poco perfetti e la scaletta che hanno pensato i Kreator sfiora la perfezione: “Voices Of The Dead” lascia il posto a “Violent Revolution” davanti ad un pogo inverosimile. Reil, il batterista, non sbaglia un colpo, anzi, è veloce e preciso come non l’ho mai sentito, la qualità di alcune canzoni ha sfiorato la perfezione che si può apprezzare su un cd live. “Coma of Souls” è un altro di quei pezzi da delirio soprattutto pensando che dopo sono state suonate “Pleasure To Kill” e “Betrayer”. Il loro show si è concluso nel migliore dei modi con “Tormentor” che è riuscita a ridare energia anche a chi aveva speso tutto durante il resto del concerto. Al pari dei Testament, i Kreator sono certamente stati la band più emozionante e concreta di tutto il festival.
Con un po’ di ritardo sul programma comincia il concerto che chiuderà quest’edizione del Metal Camp, gli Opeth (voto 8,0). Gli svedesi cominciano subito alla grande con “The Grand Conjuration” seguita da “White Cluster”. Sull’arena di Tolmin il freddo si fa però pungente, ma, al contrario di quello che era successo con i Deathstars, la gente va alle tende solo per vestirsi meglio, non per poi restarci. Il pubblico è ancora tutto presente, soprattutto perché Mikael Åkerfeldt, o meglio Jon Bon Jovi, per come si è auto-presentato, è in forma smagliate e tra la sua ottima voce e i simpatici intermezzi tra una song e l’altra riesce a calamitare l’attenzione del pubblico grazie anche i fenomenali giochi di luci e ombre che rendono “Closure” ancora più fantastica. Il brano più riuscito dello show è però “Ghost Of Perdition” dove il pubblico rimante totalmente estasiato. La chiusura del concerto e del festival è affidata all’ormai storica “Black Rose Immortal”, una perfetta chiusura per uno show veramente di alto livello.
E fu sera e fu mattina si torna a casa.
Report a cura di Tommaso Bonetti
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