Ecco come ogni anno, puntuale come un
orologio svizzero, svolgersi il primo week-end di giugno un dei festival più
importanti della penisola: il Gods of Metal. L'edizione di quest' anno è
stata ricca di grandi gruppi (vedi Judas Priest in formazione originale e
gli Stratovarius anch'essi con la line-up storica) e, fortunatamente, senza
gruppi fuori luogo (come era stato per i Methods of Mayhem nell'edizione del
2000). Infatti le bands presenti erano tutta o strettamente metal o al più
hard rock. L'unico gruppo che poteva sembrare fuori luogo erano gli Anathema
anche se sono stati accolti bene dal pubblico presente. Un grande
cambiamento è stata la location, che ha visto il festival spostarsi
all'Arena Parco Nord di Bologna invece che rimanere, come nelle scorse
edizioni, nella zona milanese o a Monza. Questo cambiamento, in una zona più
centrale della penisola, ha fatto fluire anche parecchie persone anche dal
sud Italia.
Piccola pecca è stata, subito dopo il
nubifragio che ha colpito Bologna, quella di non informare il pubblico su
ciò che sarebbe successo ai gruppi successivi. Infatti gli UFO sono saltati
senza che nessuno sapesse nulla (così come i Dragonforce il giorno dopo)
mentre gli Stratovarius (fortunatamente) sono stati spostati al giorno successivo
(informazione comunque data alla fine dell'esibizione dei Judas). Però in
questo caso la Live si è comportata molto correttamente verso i fan
permettendo l'ingresso il giorno successivo anche a chi possedeva solo il
biglietto per la prima giornata.
Nonostante questi intoppi (e il gran caldo!!!) il festival si è svolto
bene. Ecco le nostre impressioni:
(ci scusiamo per la mancanza del report di alcuni gruppi ma per cause
superiori (code per i pass, conferenze stampa, cibo eheh) non siamo riusciti
a seguirli se non in parte per cui senza poter giudicare appieno la loro
esibizione)
Colgo l'occasione anche per salutare gli amici presenti (Berry ovviamente
eheh, Smaga, Muriel e tutti quelli del forum dei Blind Guardian (Kasty e Pat,
Dark Lady, Borio, Llath, Elendil, Guinness e gli altri!)) e per ringraziare
anche coloro che hanno visitato il sito dopo aver ricevuto il nostro
volantino!
GODS OF METAL 2004 – 5 GIUGNO
Domine
Ed ecco che come terzo gruppo di questo caldo sabato di giugno si presentano
i Domine. Il quintetto toscano é sempre accolto calorosamente dal pubblico
italiano e anche questa volta la storia non cambia. Nei trenta minuti a
disposizione il gruppo riesce a suonarci alcune canzoni tratte dall’ ultimo
disco, Emperor Of The Black Runes, e a ripescare qualche hit scritta
precedentemente.
Il primo pezzo proposto é Battle Gods, veloce ed epico in puro stile Domine,
perfetto per aprire il concerto. Il suono non é dei migliori, comunque in
grado di sostenere un power metal epico e travolgente. Ora che il pubblico
si é scaldato si può passare ad un cavallo di battaglia tratto da Dragonlord,
Thunderstorm. La folla si fa subito coinvolgere, infatti perfettamente
riuscita risulta l' alternanza tra i fan che gridano Thunderstorm e Morby
che con i suoi irraggiungibili acuti si fa sempre valere. Si torna a canzoni
più recenti con The Aquilonia Suite e True Believer, anche queste eseguite
in modo impeccabile e molto apprezzate dai numerosi presenti. Il tempo
stringe e così per i Domine giunge il momento di salutarci, il motivo di
commiato é Dragonlord.
L’ ennesimo concerto di questa power metal band si rivela un gran successo,
i componenti appaiono soddisfatti e scendono dal palco dopo aver dimostrato
che un maggior seguito di fan sarebbe più che meritato.
Rage
Il terzetto teutonico viene posto nel primissimo pomeriggio, un
posizionamento molto strano per una band dalla carriera ormai più che
ventennale e che ha dato moltissimo al metal in generale. Infatti il gruppo
sfortunatamente ha disposizione solo mezz'ora ma sale sul palco con una
carica incredibile.
L'apertura è affidata a "Orgy of Destrution" che fa da intro a "War of
World" e subito ci si accorge della precisione di tutti i membri
e dell'ottimo suono. Terrana sembra un'animale, Smolski mette in mostra
tutta la sua incredibili abilità alla 6 corde e Peavy non sfigura
assolutamente dietro il microfono. A seguire ecco "Great Old Ones", sempre
dall'ultimo e bellissimo "Soundchaser". La band gode di un suono molto
pulito e potente nel quale si possono ben distinguere tutti gli strumenti.
Gli altri brani proposti sono "Down" e "Set this World on Fire" da "Unity" e
dal passato del gruppo vengono ripresi l' inno "Don't Fear the Winter"
(cantata a gran voce del folto pubblico accorso a seguire la prova del
combo) e "Higher than the Sky".
La band non delude, dà tutta se stessa dimostrando in primo luogo di
divertirsi e di essere felice di suonare davanti a un pubblico che li
acclama a gran voce. Sicuramente una delle band più valide di tutto il Gods,
peccato per il pochissimo tempo a loro disposizione.
Anathema
Dopo l'ottima e devastante prova dei Rage ecco salire sul palco gli inglesi
Anathema. Sicuramente l'orario e il clima minano l'esecuzione del gruppo,
forse più adatto a suonare in un piccolo pub al buio data la matrice
malinconica della loro proposta. Comunque i presenti sembrano gradire la
buona prova della band che dimostra senza ombra di dubbio di divertirsi e di
dare il massimo. Ottima anche la chiusura affidata alla cover di "Confortably
Numb" dei Pink Floyd.
Symphony X
I newyorkesi Symphony X gestiscono bene la situazione live nonostante il
loro progressive metal non proprio semplicissimo da riproporre dal vivo.
Tutti in splendida forma si fanno valere sin dall’ inizio con Inferno (Unleash
the fire). Il suono è discreto, non molto chiaro da poter percepire i tocchi
di classe dei cinque americani ma accettabile per poter apprezzare la
creatività e la tecnica di questa band. Anche per loro il tempo a
disposizione è limitato, neanche un’ ora; Evolution, Sea Of Lies, Of Sin And
Shadows etc., tra un assolo e un riff la sabbia scende velocemente all’
interno della clessidra e così giunge il momento per i cinque musicisti
dalle elevate capacità tecniche di abbandonare il palco dopo aver lasciato
un impronta positiva nelle menti degli appassionati del genere.
Nevermore
Il gruppo di Seattle torna in terra italica dopo l'ultima esibizione in
quel di Milano nell'ottobre dell'anno passato. Apertura affidata, come
allora, alla devastantissima "Inside Four Walls" seguita a ruota dal
capolavoro "Next in Line" dall' intricatissimo "The Politics of Ecstasy". La
band è potente e precisa tranne Warrel Dane la cui voce non sembra essere
delle migliori. Pian piano la prestazione del singer migliora anche se non
arriva a picchi altissimi ma si mantiene su un buon livello con qualche
cedimento qua e là. L'esecuzione degli altri membri è praticamente perfetta anche
se penalizzata da un suono a volte troppo impastato. In particolare brilla
il chitarrista Jeff Loomis, un' autentico mostro di pulizia e precisione,
capace di riproporre tranquillamente tutto ciò che fà su disco. La scaletta
è per lo più incentrata sugli ultimi 2 lavori con brani quali "I, Voyager",
"Never Purify" o la title-track dall'ultimo e "The River Dragon has Come" e
"Dead Heart in a Dead World" dal precedente. Ottimo anche la ripresa di "The
Fault of the Flesh" dal capolavoro "Dreaming Neon Black".
Alla fine della loro esibizione, durante la quale la calura l' aveva fatta
da padrona limitando un po' il pogo (quasi assente comunque) del pubblico,
ecco abbattersi su Bologna un pioggia violenta seguita da una grandinata e
dal vento molto forte che fanno svuotare l’ arena, tutti al riparo in attesa
di un miglioramento climatico.
Judas Priest
Dopo la grandine e la pioggia che si sono abbattute sul popolo del metallo
rientriamo nell’ arena degli dei sperando di riuscire a vedere e sentire
ancora qualcuno. Una volta dentro notiamo che il telone che ricopriva la
struttura per l’esibizione dei gruppi si è completamente strappato a causa
del vento e vediamo gli addetti che s’ impegnano per salvare la
strumentazione e liberare il palco dall’ acqua. Il sole ricomincia a farsi
strada tra le nuvole mentre un addetto alla pulizia del palco, dopo i
ripetuti insulti del pubblico che vuol capire che succederà, annuncia che ci
sarebbe voluta almeno un’ ora prima di poter ricominciare. Purtroppo bisogna
ancora attendere però la notizia fece comunque risollevare il morale di
tutti noi capelloni (e non).
Cancellati gli UFO e gli Stratovarius, quest’ ultimi fortunatamente inseriti
tra i gruppi del giorno seguente, è guinta l’ora dei tanto attesi headliner
di questo sabato travagliato. Si abbassano le luci e si odono le note di
Electric Eye, il mercurio del termometro che misura il grado di emozione
comincia a salire raggiungendo il culmine quando si sente la voce di uno dei
metal god per eccellenza, Rob Halford. Immobile come una statua il signor
Halford compare nella parte alta e retrostante dello stage. La gente acclama
la storica icona del metal mondiale mentre discende le scale con
movimenti calibrati, quasi fosse un robot. Tutti i membri della band si
comportano bene dimostrando che questa reunion è stata cosa buona e giusta.
Molte canzoni suonate per una durata di circa due ore, le famose Metal Gods,
Breaking The Law, Painkiller e molte altre. Una finta uscita di scena del
gruppo per poi riprendere con Hell Bent For Leather all’ inizio della quale
il singer entra in moto con tanto di classico abbigliamento alla Rob. Altre
tre canzoni suonate senza sbagliare una nota per poi salutare, questa volta
veramente, e chiudere questa prima giornata del Gods Of Metal 2004.
Possiamo dire che, a parte qualche punto in cui la voce di Halford faceva
sentire che non era più quella di un ventenne, gli storici Judas Priest hanno
messo assieme uno spettacolo veramente appagante.
GODS OF METAL 2004 – 6 GIUGNO
Stormlord
Il compito di aprire il secondo giorno del Gods è affidato ai romani
Stormlord, anche se originariamente sarebbe spettato ai Dragonforce,
ma sono stati cancellati (forse per far posto agli Stratovarius) ovviamente
senza nessun comunicato da parte degli organizzatori.
La band sale sul palco assumendo per tutta la durata dello show un atteggiamento da super star,
quando invece altro non è che l'esempio di gruppo che con pochi
dischi (e per niente dei capolavori secondo me) alle spalle già si crede
grandissimo, quando non può neanche minimamente competere con i gurppi che hanno
suonato dopo di loro, come ad esempio i Testament, che si sono
dimostrati molto più umili.
Lasciando da parte queste considerazione extra-musicale la performance del combo romano è comunque deludente.
A partire dal gruppo che si dimostra impreciso e svogliato,
le canzoni perdono molto rispetto alle versioni in studio. Il singer Borchi
(che a volte dialoga col pubblico in inglese...perchè??) sfigura col suo
innocuo screaming. Nei loro 20 minuti a disposizione vengono eseguiti pezzi
dal loro ultimo album "The Gorgon Cult" come ad esempio "Under The Boards".
Sicuramente non una buona apertura di festival.
Naglfar
Appena finita la performance della band italica ecco salire i Naglfar che
danno una sonora lezione di come si suona black. Infatti la band non delude
le aspettative complice anche un suono nettamente migliore e una tenuta di
palco molto superiore a quella dimostrata dagli Stormlord. Il gruppo svedese
macina pezzi su pezzi con la grandissima "I am Vengeance" a colpire dritto
in faccia il pubblico già più numeroso. Il singer sfodera il suo ottimo
screaming mentre la batteria è velocissima, come da tradizione. Senza ombra
di dubbio una grande prova! Peccato anche in questo caso il breve tempo a
loro disposizione.
Sodom
Alle 12:30 é il momento dei mitici Sodom, troppo presto a mio parere e
troppo poco tempo a disposizione per suonare per un gruppo che ha segnato la
storia del thrash metal tedesco.
Remember The Fallen, tratta dal colosso Agent Orange del 1989 é la scintilla
iniziale che ci fa ricordare che un po’ di buon thrash metal non guasta mai.
Il suono potrebbe veramente essere migliore, infatti in alcuni punti qualcosa
sembra sparire del tutto. Si riesce comunque a proseguire, Outbreak Of Evil,
The Vice Of Killing, Sodomized, Napalm In The Morning dell’ ultimo M-16 e
altri pezzi per un totale di sette canzoni. Lo Zio Tom cerca di fare il
possibile per esaltare i fan non del tutto coinvolti a causa del suono
confuso e in qualche modo ce la fa. Salito on stage senza il suo basso con
le chiavette a “cuore” Herr Angelripper guida i suoi Sodom attraverso un
percorso che fa respirare al pubblico un po’ di anni ’80, quando le
magliette marce e i jeans strappati dominavano la scena. Complimenti alla
band che si é fatta valere nonostante i non pochi problemi tecnici.
Stratovarius
Finalmente dopo tante voci riguardanti le peripezie all’ interno del gruppo
siamo presenti, emozionati e incuriositi per assistere ad uno show degli
Stratovarius. La formazione é quella stabile ormai da anni, vale a dire
Tolkki alla chitarra, Kotipelto alla voce, Michael alla batteria,
Kainulainen al basso e Johansson alle tastiere. Spostati a causa della
grandine del giorno precedente i cinque finlandesi si presentano sul palco
nel pomeriggio del sei giugno, alle 14:30 circa.
Si inizia con una canzone tratta da Elements pt. II, Walking To My Own Song.
L’ impatto iniziale é buono ma é con Speed Of Light, un pezzo veloce e bello
tirato come si può facilmente intuire dal titolo, che la band comincia a
scaldarsi veramente. Il suono é buono e i volumi sono equilibrati. I
musicisti sembrano divertirsi, tutti tranne Tolkki che appare un po’ isolato
e non molto partecipe. Gli Stratovarius ci propongono varie hit eseguendole
in modo impeccabile, motivi del calibro di Eternity e The Kiss Of Judas,
tutte apprezzate dal pubblico numeroso.
Quando on stage viene posto un supporto con chitarra acustica e solo due
componenti del gruppo rimangono sul palco si capisce che é giunto il momento
di una ballad, e nel repertorio degli Stratovarius qual é la ballata per
eccellenza? Forever ovviamente. Una volta presentata la canzone la folla fa
sentire la propria approvazione e durante tutta l’ esecuzione i due Timo
capiscono di valere ancora molto per i metal fan.
Si torna a formazione completa con Reign Of Terror mentre il compito di
chiudere in bellezza spetta alla leggendaria Black Diamond. Kotipelto
presenta il pezzo ripetendo “black” per incitare il pubblico e quando parte
l’ inconfondibile melodia di tastiere esplode un’ euforia generale.
Gli Strato ci lasciano dopo una validissima performance, un grande gruppo
che spariamo rimanga nella formazione attuale e continui a suonare quel
power metal che l’ ha sempre caratterizzato.
W.A.S.P
Alle 16 é il turno degli americani W.A.S.P.
Tutti impazienti per vedere sul palco Blackie Lawless, il frontman di questa
band di rocker. Chitarra a tracolla, faccia sbiancata e stivaletti con le
frange, il singer entra in scena muovendosi come un pazzo attirando subito
gli occhi su di se. L’ asta del microfono è la colonna vertebrale di uno
scheletro con tanto di teschio e braccia pronte ad afferrarci per il collo!
Love Machine, Animal (fuck like a beast), Murders In The New Morgue, etc.,
tutte ben suonate e molto apprezzate. Lo scheletro con spina dorsale
flessibile è sempre in movimento maltrattato dallo scatenato Blackie che
canta, suona e fa’ casino rimandendo però concentrato sul suo obbiettivo,
divetire i fan.
L’ audio è chiaro, elemento fondamentale per la riuscita di un buon
concerto.
Twisted Sister
In molti momenti di questo festival sembra veramente di essere a un
megaraduno rock anni ’80 e i Twisted Sister contribuiscono in modo notevole
a dare quest’ impressione. Folte chiome e vestiti bizzarri per ricreare l’
atmosfera dei tempi andati. Il biondo cantante è quello che si nota
maggiormente sfoggiano indumenti e accessori sgargianti.
Gli anni passano per tutti anche se questi rocker si comportano
come dei freschi ventenni. Qui il puro rock è protagonista attraendo
giovani e meno giovani. Molte sono canzoni eseguite dalla band, tra cui pezzi molti
orecchiabili che comunque non vengono disprezzati dai metallari più
radicali.
Motorhead
Il nome del terzultimo gruppo della domenica é Motorhead, un nome storico
nella scena hard rock. Ed ecco che il mitico Lemmy munito di stivaletti
bianchi e occhiali da sole ci saluta con un “buongiorno”, un saluto dolce e
soave proveniente dalle grezze corde vocali del singer inglese.
Sin dall’ inizio con “We Are Motorhead” il pubblico si scatena e nonostante
i volumi altissimi il suono è buono per il genere suonato dalla band. Molte
note canzoni si susseguono, Civil War, Shoot You In The Back, Metropolis, la
ormai sempre presente cover dei Sex Pistols God Save The Queen, pezzi che
ripercorrono la carriera del trio capitanato da Lemmy, una delle quali viene
dedicata ai due membri scomparsi dei Ramones: “This song is dedicated to
Joey and Dee Dee Ramones, they fucking died”. In Sacrifice viene lasciato
spazio al potente drum solo di Mikkey Dee mentre durante Killed By Death si
presenta sul palco il cantante dei Twisted Sister che canta e si muove come
un disperato riuscendo a far scatenare il pubblico più di quanto non stava
già facendo. Siamo quasi arrivati alla fine in attesa ovviamente di due
canzoni leggendarie, Ace Of Spades e Overkill. Questi ultimi due pezzi fan
sempre salire l’ adrenalina e in questo Gods Of Metal hanno veramente
riscaldato la già calda atmosfera.
Testament
Ecco finalmente ritornare sul palco del Gods i thrasher Testament e
finalmente nella posizione di co-headliner non come 4 anni fà che vennero
relegati a suonare prima di Slipknot e Methods of Mayhem.
La band in quest' ultimo periodo ha visto l' ennesimo cambio di line-up ed
ecco subentrare al posto di Jon Allen l' altrettanto bravissimo Paul Bostaph
(ex-Slayer) dietro le pelli e Metal Mike ad affiancare Eric Peterson alla
chitarra al posto del neo-Nevermore Steve Smyth. La band dimostra subito di
voler colpire duro e infatti l' apertura è affidata a quel macigno che
corrisponde al nome di "D.N.R.". Il gruppo è preciso, affiatato e i nuovi
arrivati non fanno rimpiangere i precedenti membri. Il suono è potente ma a
tratti un pò impastato ma comunque ogni pezzo è ben riconoscibile. "Low"
colpisce duro così come "Practice what you Preach". La performance di Chuck
Billy è stellare nonostante i problemi di salute che l'avevano colpito
alcuni anni or sono. DiGiorgio compie come al solito ottimamente il suo
lavoro col suo fretless, creando intricatissimi giri come se niente fosse e
continuando a offrire spettacolo, correndo qua e là e facendo headbanging. A
sorpresa è Eric Peterson ad occuparsi di buona parte dei soli che una volta
furono di Skolnick e Murphy. La scaletta è ben assortita tra la vecchia
produzione (da brividi "Burnt Offerings" e "Alone in the Dark") con il
ripescaggio (indubbiamente evitabile secondo me) di "Eletric Crown". La
canzone che ha spaccato di più è stata indubbiamente "Dogs Face Gods" con
l'ottimo growl di Billy in primo piano e con Bostaph che pesta come un
dannato. La setlist è chiusa da "Disciple of the Lie" ma verso metà canzone
(si dice per il fatto che il gruppo abbia sforato il tempo a disposizione)
l'impiato viene spento ma la band continua a suonare solo con i propriamplificatori.
A questo punto il gruppo saluta e ringrazia calorosamente il pubblico
presente ma se ne và visibilmente incazzata per questo brutto scherzo con
Chuck Billy che lancia asta e microfono in direzione degli spettatori. Indubbiamente la
miglior band di tutto il Gods!
Alice Cooper
Well, well, well ladies and gentlemen, il signor Alice Cooper è giunto
questa sera per noi con la sua compagnia teatrale. Sempre un grande
spettacolo quello dell’ ormai nonno Alice. Ovviamente la musica fa’ da
padrona anche se gli effetti scenografici e le scenette non mancano.
Il tanto atteso headliner del secondo giorno si presenta truccato come
sempre, cattivo e romantico allo stesso tempo. In 120 minuti si passa
attraverso vari stati d’ animo con canzoni di puro rock duro e con altre più
tranquille. Con l’ intrigante showman che ha in pugno la situazione e che
cattura l’ attenzione dei molti occhi puntati su di lui il resto della band
sembra fare un po’ da sfondo svolgendo comunque in modo eccellente il suo
compito. Con vari costumi, cappelli, fruste e bastoni il singer si diletta
in svariate interpretazioni cantando i vari motivi mostrando di non aver
perso alcun colpo col passare degli anni.
Sul palco entrano in scena anche due attori, un uomo e una donna che fingono
di litigare rumorosamente arrivando a menar le mani e concludendo la recita
in modo tragico. Una bambola sul palco che funge da controfigura dell’
attrice/ballerina, palloni che rimbalzano sulla folla e vengono fatti
scoppiare dalla spada del signor Cooper e così si arriva a fine Gods Of
Metal, un bel festival che anche quest’ anno, nonostante i non pochi
incidenti di percorso, ha regalato a tutti noi forti emozioni.
clicca
qui per vedere le foto
Report a cura di Mattia Berera e Simone Bonetti
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.