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Pain of Salvation - 2/27/2007 - Rolling Stone - Milano

C’è grande attesa per questo concerto italiano dei Pain Of Salvation e le motivazioni sono molteplici. Non si discutono le capacità tecniche della band o la resa live, ma suscita curiosità l’ingresso del bassista Simon Andersson, che modifica una formazione ampiamente collaudata, interessante capire se l’integrazione sarà indolore; inoltre i cinque svedesi hanno appena dato in pasto al pubblico il nuovo album “Scarsick”, che ancora una volta mischia le carte in tavola con un sound complessivo più pesante e diretto. L’attesa viene spezzata intorno alle 21,30 quando Daniel e soci salgono sul palco, accompagnati dagli incitamenti di un pubblico piuttosto numeroso che inciterà il gruppo dall’inizio alla fine. E’ subito la titletrack dell’ultimo disco seguita a ruota da America a fare da apripista, evidenziando oltre all’ottima resa acustica anche un impatto micidiale. La band di Eskilstuna è in forma strepitosa con un Daniel Gildenlow trascinatore e autore di una prova vocale incredibile per varietà di stili (passa dal falsetto, al growl con una facilità disarmante) e intensità emotiva. Dopo l’inizio dedicato all’ultimo “Scarsick” si passa a riassaporare il passato in “! (Foreword)” e “Nightmist” tratte dal primo disco “Entropia”. L’excursus storico prosegue con “New Year’s Eve” e “Handful Of Nothing” che mandano in estasi la platea, mentre il controverso “Be” viene rappresentato dalla sola “Diffidentia”. Da brividi il trittico “This Heart Of Mine”, “Undertow” (in versione diversa) e “Chain Sling” direttamente da “Remedy Lane”, seguite a grande richiesta dall’immancabile “Ashes” tratta dal capolavoro “The Perfect Element Pt. I”. La prima parte dello show si chiude con due brani piuttosto contrastanti dell’ultimo cd: “Flame To The Moth” è un pezzo molto heavy in cui apprezziamo il growl profondo di Daniel, mentre “Disco Queen” è la canzone che più di tutte ha fatto discutere per via del suo ritornello “dance”, in cui il pubblico si è lasciato andare a qualche balletto divertente dimostrando di apprezzare. Segnaliamo come in tutti i pezzi proposti, praticamente tutti i componenti del gruppo partecipano attivamente all’esecuzione di cori da affiancare alle vocals soliste di Gildenlow, con risultati eccellenti. Dopo una breve pausa i progster scandinavi riprendono possesso del palco attaccando con un classico del calibro di “Used”, per poi concedere una piccola sorpresa con la toccante versione dell’”Ave Maria” di Cohen, il sipario cala con il crescendo di “Cribcage”, lasciando gli spettatori esterrefatti per una serata stupenda in cui i Pain Of Salvation hanno saputo unire alla grande precisione tecnica e coinvolgimento emotivo.

Report a cura di Matteo Cereda

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