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Iron Maiden + Motorhead + guests - 6/20/2007 - Stadio Olimpico - Roma

Chi non è venuto si è perso il concerto dell’anno, quello allo stadio olimpico è stato un concerto incredibile sotto tutti i punti di vista, la Live ha davvero dato il massimo.

Mercoledì 20 giugno è una giornata caldissima e soprattutto a mezzogiorno, quando arriviamo davanti ai cancelli si sfiorano i 40 gradi. Ci troviamo con un altro migliaio di metallari, rigorosamente vestiti di nero, a bruciare sull’asfalto e l’unica cosa che ci faceva ombra era un obelisco di 5 metri… ma non era di sollievo.
Dopo poco veniamo a sapere che la Live, la sera prima, ha diramato un comunicato (letto da pochi di quelli che sono partiti un giorno prima per essere a Roma) in cui avvisava che l’apertura cancelli era stata spostata dalle 12,30 alle 14,00, quindi ci aspettavano almeno altre due ore di attesa sotto il solleone.
La notizia fa incazzare quasi tutti e il malcontento sale. La tensione è massima verso l’una, la gente non ce la fa più ad aspettare in piedi sotto il sole senza acqua e davanti ai cancelli sbarrati e presto la rabbia diventa violenza, a turno, chi si trova davanti ai cancelli esterni dell’olimpico, agita le inferiate cercando di aprirli a strattoni. I cancelli reggono fino a che non si vede uno arrampicarsi su una colonna e con un megafono (ma chi è il pazzo che va a un concerto e si porta un megafono?) urla “Allora, li vogliamo abbattere questi cancelli??”. È il degenero, i duemila metallari presenti cacciano un urlo che avrebbe fatto indietreggiare anche quelli di Sparta e in meno di un minuto i cardini del cancello principale cedono aprendo un varco. Tutti dentro. I più preferiscono comunque scavalcare per far prima. L’apertura di questi cancelli non significa entrare gratis ma semplicemente accedere alla zona prima dei tornelli della biglietteria, qui ci sono piante panchine ed erba… ora possiamo aspettare che la Live apra le porte senza rischiare di morire. Un paio di persone erano già state portate in ospedale per il sole preso fuori dai cancelli.

Alle 14,30 si aprono, stavolta in maniera ufficiale, le porte e lo show può iniziare. Il palco, messo davanti a una tribuna, è un poco più piccolo di quello del Gods ma decisamente sufficiente, la gente sta quindi nel prato e nella tribuna davanti al palco. Ciò che mi colpisce sono i sei grappoli di casse appesi dietro il prato per permettere a quelli sulle tribune di sentire bene anche loro. Brava Live. (Tommaso Bonetti)

Grande apertura da parte dei Sadist band italiana che per prima sale sul palco dello stadio olimpico. Nonostante un caldo incredibile la band riesce a mettere in piedi uno show di ottimo qualità, caratterizzato da suoni che raramente capitano quando suona il gruppo di apertura. Anche se la maggior parte della gente non è ancora arrivata la band riesce ad attirare davanti al palco un copioso gruppo di fans. I ragazzi hanno presentato dell’ottimo death metal presentando uno tecnica spaventose e ricordando un po’ i Cynic e gli Atheist. La band inizia la sua performance sotto le note “Jagriti” e “One Thousand Memories” per poi attaccare “Escogito”. Nel mezzo del concerto il front man ringrazia Claudio Simonetti tra il pubblico, che ha collaborato nella realizzazione dell’album. La band conclude con la devastante “Tribe”. (Alessandro Lanfarnchi)

Dopo i Sadist sale sul palco Lauren Harris, la figlia del bassista degli Iron Maiden ha fondato un gruppo tutto suo e ha deciso di andare in tournee col padre. Il genere che propone è un rock ‘n roll poco impegnativo ma molto allegro, la ragazza (ventitreenne) salta scosciata da una parte all’altra incitando il pubblico. Di fans devo dire che non ne ha molti anche perché la sostanza della sua musica non è molta e per di più sono l’unico gruppo glem della giornata… c’è da dire che, anche se fossero bravi, il loro sound non c’entra niente con gli altri gruppi, in ogni caso non sono pochi quelli che cominciano ad urlare “nuda, nuda” e ancora di più quelli che dicono “fatti aiutare da tuo papà”… per me era meglio la prima richiesta. Il concerto va via tranquillo anche perché all’interno dello stadio ci sono un gran numero di fontanelle e la security allestisce addirittura un idrante per rinfrescare i presenti, questa è stata un’altra bella pensata della Live. (Tommaso Bonetti)

Il giorno dopo essersi esibiti al Live di Trezzo i Mastodon si ripresentano a Roma sempre in coppia coi Machine Head pronti a dare spettacolo, i quattro americani sono in grande forma anche se stavolta il bilanciamento dei suoni non è perfetto come quello delle altre band, ma d’altra parte credo che non sia assolutamente facile trovare il giusto equilibrio per una band così particolare. La scaletta dei Mastodon si incentra soprattutto sul loro disco migliore, Leviathan, ma no si dimenticano proporre dei pezzi anche dal loro nuovo Blood Mountain, i pezzi meglio riusciti sono sicuramente la nuova “The Wolf is Loose” e la storica “Iron Tusk”. Dopo poco più di mezz’ora di concerto sono però già costretti a lasciare il palco ai Machine Head. (Tommaso Bonetti)

Grande prestazione per i Machine Head che hanno dato vita a uno spettacolo di una potenza inaudita, merito anche della grandissima partecipazione che il pubblico ha offerto alla band. La loro performance ha inizio quando ancora il sole è caldissimo, anche se ciò non ha impedito né a loro né hai fans di fare casino. Il tutto è stato poi arricchito da un suono a dir poco pulito e perfetto. La band ha toccato brani che privilegiavano l’ultimo album come: “Clenching the Fists of Dissent”, “Aesthetics of Hate” e “Halo” , per poi passare a brani più datati , presi da Burn In my Eyes. (Alessandro Lanfranchi)

“We are Motörhead in Rome and we play rock’n’ roll”. Così inizia lo strepitoso concerto della storica band che come sempre presenta uno show che lascia ai suoi fans una scarica di adrenalina che poche band sanno offire. Il grande Lemmy e soci si presentano stage in forma smagliante offrendo uno spettacolo a dir poco indimenticabile, toccando pezzi come “Killers One Nigh Stand”, “Be my Baby”, “Metropolis” , “In the Name of Tragedy”, “Sacrifice , da cui si è sviluppato un assolo di batteria che ha lanciato contro i fans un muro di suono di una potenza inaudita, “Ace of Spades”, a mio avviso la miglior song della band. Lemmy sul palco si diverte scherzando con il pubblico proponendo loro dei brindisi e facendo battute. Ecco che sul volgere della fine la band fa partire dai suoi strumenti le note di “Overkill” suonata con una grinta coinvolgente che non ti aspetti dopo uno show così incredibile. Insomma i Motörhead hanno regalato al loro pubblico uno spettacolo indimenticabile, costruito con dell’ottima musica , dal carisma della band e dall’ottimo clima che i fans sono riusciti a creare. (Alessandro Lanfranchi)

“Dopo un concerto così devastante dei Motörhead i poveri vecchi scialbi Iron Maiden non possono che fare brutta figura” pensavano in molti, in più dato che i Motörhead sono tre mentre gli Iron addirittura sei, il paragone non poteva reggere! Ma un antico detto cinese dice: “Giudica gli Iron solo a fine concerto” e infatti la prestazione della vergine di è stata davvero eccelsa anche se l’inizio non sembrava molto convincente. Il concerto si è infatti aperto con “Different World” e con Bruce Dickinson, non solo con la voce un po’ bassa, ma anche con evidenti problemi al microfono, la band ha continuato poi con “These Colours Don't Run” e “Brighter Than A Thousand Suns”. Ora il mio terrore, come quello di tanti altri è che gli Iron volessero fare solo brani nuovi, per carità una band ha tutto il diritto di fare le canzoni che vuole, ben inteso, soprattutto quando il pubblico canta e la acclama allo stesso modo. Resta il fatto che io sia più legato agli Iron degli anni ottanta che ai nuovi pezzi. Ma gli Iron non vogliono fare solo pezzi nuovi e attaccano con “Wrathchild”, è un delirio, le 40'000 persone presenti allo stadio saltano tutte insieme provocando una scossa tellurica del secondo grado della scala Mercalli. Lo sfondo dietro il palco cambia ad ogni canzone e ed ora appare Eddie con la giubba rossa che regge in mano una bandiera inglese, è il segno internazionale che indica “The Trooper”, ora Bruce ha di nuovo tutta la sua voce ed ascoltarlo è veramente una goduria. La scenografia è come sempre ai massimi livelli, oltre agli sfondi sempre nuovi durante “The Number of The Beast” esce un enorme caprone seduto su un trono che scompare per l’inizio della bellissima “Fear of The Dark” che, credo, sia anche il pezzo meglio riuscito dello show (anche se è davvero difficile scegliere). Lo show si chiude poi con il carro armato gigante che c’era anche a dicembre a Milano e con “Two Minutes To Midnight”, “The Evil That Men Do” e la perfetta “Hallowed Be Thy Name”. Insomma per questo concerti mi sono fatto più di 600 chilometri, ma ne avrei fatti volentieri il doppio perché è stato tra i festival migliori al quale sia mai stato. (Tommaso Bonetti)

FOTO

SADIST
MASTODON
MACHINE HEAD
MOTORHEAD


Report a cura di Tommaso Bonetti e Alessandro Lanfranchi

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