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Battle Of Metal (Day 2&3) - 7/6/2007 - *** - Geiselwind (D)

6 Luglio

La giornata di venerdì si apre sul Mainstage con i Thrasher di Hannover Cripper, guidati dalla frontwoman Britta, che danno buona prova dei loro mezzi nei 45 minuti a loro disposizione, sprigionando una bella dose di energia in questa giornata che si preannuncia meno piovosa della precendente. Britta corre avanti e indietro per il palco cantando e facendo headbanging, con ben poco da invidiare ad altri cantanti maschi, mentre il resto della band suona pulita e con una egregia dose di cattiveria; buone promesse per il futuro.
Venti minuti di cambio palco e con il sole salgono sullo stage gli italiani Node, autori di un Thrash-Death metal tecnico al punto giusto, davanti ahimè a poca gente, forse per la quasi contemporaneità dell’ esibizione di Mambo Kurt, molto seguito qui in Germania, sul secondo palco.
I nostri comunque non demordono e davanti anche ad alcuni italiani qui presenti, danno vita ad una performance infuocata, con protagonisti i pezzi dell’ultimo lavoro “As God Kills”, come la titletrack dell’album, o la validissima “Hellywood”, oppure per citare un'altra canzone molto bella “Trough Fail And Foul”, per arrivare alla fine dei 50 minuti concessi con “Das Kapital” dall’omonimo album, dove il buon Daniel duetta con Britta per una performance che ha lasciato il segno nei presenti. Buoni i suoni e ottime le esecuzioni, che dire di più, questa valida e potente band non ha il seguito che si merita. Node, una garanzia.
Una birretta nell’attesa del gruppo seguente ed eccomi ancora sotto al palco per l’inizio della performance di un’altra band di casa, i Disbelief, autori di un death metal influenzato sia dalla nuova ondata americana che dalla scuola scandinava. Non vedo tutto il concerto, ma solo 15 minuti iniziali e un’altra decina di minuti finali, ma questo gruppo non mi ha colpito particolarmente nemmeno durante l’esecuzione di 2 pezzi forti come “Sick” e “Rewind it all”, il pubblico invece canto ha accolto positivamente la performance, che comunque è stata pulita e cattiva al punto giusto.
Mentre i Disbelief suonano all’aperto, arrivo al palco interno per vedere l’inizio del concerto dei Beloved Enemy con il loro Gothic Metal con influenze dark ed industrial. Il cantante Dead L-vis crea molta scena sul palco mentre canta, ma la performance non riesce a prendermi, forse anche per i suoni non esattamente ottimali, e mi sembra abbastanza piatta. Vari fans però seguono attentamente il concerto, come sapevo visto che è risaputo che in Germania i gruppi di questo tipo “tirano”, ma io comunque la concludo abbastanza alla svelta uscendo all’aperto.
Vedo finire lo show dei Disbelief ed attendo la venuta dei Black-Death sperimentali (vicini ad un avant-garde quindi) svizzeri Samael; mi eran sembrati piacevoli su album quindi sono particolarmente interessato a vederli dal vivo. Il quartetto è ben consono dei propri mezzi e propone buoni pezzi come “Baphometh’s Throne” oppure “Shining Kingdom” catturando l’attenzione del pubblico ormai sufficientemente numeroso. L’equalizzazione dei suoni non è buonissima e si sentono troppo i bassi, il singer Vorph è un pò statico, ma è opportunamente compensato dal bassista Mas che mai domo è praticamente sempre in Headbanging. Prestazione nell’insieme apprezzabile, da rivedere in ambiente più consono, magari con l’oscurità, per apprezzare al meglio le atmosfere prodotte dalla loro musica.
Torno per qualche tempo al chiuso per vedere come sono gli Elis, però, magari complice anche l’audio non buono il loro gothic non riesce ad impressionarmi granchè e me ne esco dopo poco.
Il sole continua a resistere e mi godo la performance dei polacchi Behemoth sul mainstage; un suono perfetto, coordinazione fra i musicisti e ottima tecnica riescono a creare un muro sonoro dove pochi riusciranno ad uscirne indenni. Sotto il sole il painting argentato del quartetto fa una figura niente male e rende lo show a base di death metal con influenze black ancora più coinvolgente. Pezzi come "The Apostasy" o “Christians to the Lions” fanno veramente il botto e un Nergal veramente sugli scudi, come tra l’altro tutta la band, miete vittime, me compreso che, seppur apprezzi la musica di questi 4 polacchi, ammetto che è stato veramente uno spettacolo grandioso. Promosso a pieni voti uno dei gruppi protagonisti di un concerto tra i top del festival e che tra non molto ripasserà in Italia.
Al chiuso gia svariati tedeschi ballano prima del loro ingresso, alcuni son qui solo per loro. Gli Eisregen sono presentati come un gruppo “innovativo” capace di sperimentare nella musica quanto nei testi, al punto da esser stato spesso vittima di censure. Purtroppo forse ci sono stati presentati troppo bene, ma nessuno di noi è stato particolarmente soddisfatto dell’esibizione: nessun particolare difetto, ma il loro “Dark Metal” misto di black, death, folk e elettronica sembra spesso inconcludente, in sintonia con la tipica posizione sul palco del cantante Michael “Blutkehle” Roth, immobile con una faccia artificiosamente cattivissima a fissare un pubblico in delirio. Tra le canzoni in scaletta, ricordiamo il loro classico “Westwärts” nonchè “Schneuz den Kasper” tratta dal loro ultimo album “Blutbahnen”. Abbandoniamo il concerto prima della fine per approdare a lidi più promettenti (Kataklysm), perdendoci così quello che probabilmente è stato il momento clou della loro esibizione, ossia una bella signorina in topless sul palco a danzare con loro sulle note di “Elektro-Hexe”.
Dopo i Behemoth sul palco principale ecco un’altra dose di sana violenza, che stavolta ha la faccia dei canadesi Kataklysm. Gli ottimi suoni avuti con il precedente gruppo ahimè non resistono e nelle prime file questi sembrano a volte impastati e regolati male (peggio ancora nel photo pit). La carica c’è, il gruppo anche, quindi lo spettacolo è più che degno, con pezzi come "Face The Face Of Was", "Illuminati", "As I Slither", "In Shadows & Dust" e "Crippled & Broken" che fanno da padrone scaldando a dovere il pubblico. 75 minuti di death metal di scuola americana utilizzati al meglio e un Maurizio Iacono in forma fan comunque rimanere impressionati positivamente i presenti. Bene.
Si torna al second stage per gli svedesi Deathstars, che ho avuto l’occasione di vedere già quasi un anno fa, ma qui con un impressione un po’ meno buona. Metal con tinte gothic e un concerto tutto per il sesso femminile, con mossette varie e ruffianate conseguenti; come da copione.
Chi sostiene che i panda siano in via d’estinzione non ha visto l’esibizione dei Satyricon al Battle of Metal. Su un palco sobrio, essenziale, truccati come da copione i norvegesi tengono una lezione di Black davanti a un pubblico tra i più folti di tutti i tre giorni. Apre il concerto l’intramontabile title track del loro primo album, “Dark Medieval Times”, e una scaletta da brivido, “Nemesis Divina”, “The Pentagram Burns” e “Mother North” tra le più incisive, ha inchiodato davanti al palco qualche migliaio di spettatori per un’ora e mezza, anche grazie alla tipica presenza scenica che li contraddistingue. Decisamente tra i migliori dei tre giorni.
E’ passata da circa 15 minuti la mezzanotte quando gli headliner della giornata salgono sul palco.
Eccoli, i Sister of Mercy, con la loro musica fusione di Gothic, Elettronica, Rock e atmosfere oscure.
Musica tutta da ballare per questa chiusura di serata, il pubblico apprezza notevolmente e per l’appunto la platea è tutto un muoversi a ritmo e anche io mi lascio trascinare per del tempo.
Prova più che decente per questa band che ha fatto la storia, con coreografie a base di fumo e luci, proponendo grandi classici come “Detonation Boulevard”, “The Corrosion” o la conosciutissima ed usata per la chiusura dello show “Temple of Love”. Ho notato la grande staticità del singer Andrew Eldritch, anche se in effetti non si può pretendere troppo, mentre i 2 chitarristi hanno fatto quel che han potuto con una prova buona e pulita. Non posso dire niente del 4 membro, dietro a computer e sintetizzatori, con felpa con cappuccio e occhiali da sole. Concludendo, un buon tuffo nel passato.
Si torna alle tende in attesa del giorno seguente.


7 Luglio

Oggi c’è il sole, ottimo… e mentre in Italia si tiene l’Evolution festival, qui a Geiselwind sta per iniziare il terzo ed ultimo giorno di questo interessantissimo festival.
L’inizio sul mainstage è dato dai Drone, gruppo tedesco dedito ad un thrash metal che strizza l’occhio alle sonorità dei Machine Head in primis. Devo dire che li ho apprezzati nei 45 minuti a loro disposizione, e anche il pubblico, ancora poco numerosoini apertura giornata, sembra aver fatto lo stesso. Potenti, precisi e suoni buoni, con l’aggiunta di una tenuta del palco egregia, fanno per me di questa band un nome da tenere d’occhio nel panorama del metal attuale e del futuro. Bravi.
Il gruppo seguente in questo soleggiato pomeriggio sono i Týr, provenienti dalle Isole Faroe ed autori di un interessante mix a tratti epico, folk, viking e prog. Questa è stata la prima occasione di vederli in concerto e non conoscendoli, son rimasto piacevolmente colpito da una performance di buon livello sia tecnicamente che musicalmente parlando nella cinquantina di minuti del loro show. Ne ho sentito parlare bene e dopo questo concerto posso dire giustamente.
Al chiuso sul secondo palco suona il combo olandese Imperia, dedito ad un gothic metal con voce femminile. Ho avuto modo di apprezzarli su album, ma qui, non so come, la resa è ben diversa, ma non in maniera positiva. La voce di Helena colpisce poco e non arriva alle tonalità che si sentono su album, i suoni sono regolati male e anche se la band fa quel che può, rimango deluso. Spero di rivederli con una prova migliore e magari un pubblico più numeroso delle meno di cento persone qui davanti al palco.
Il nostrano power anconetano dei The Dogma purtroppo paga lo scotto dell’orario e della concomitanza coi Theatres des Vampires: pit pressochè vuoto, pochi curiosi, qualche fan appoggiato alle transenne. Ciononostante non si sono scoraggiati e la loro performance è pregevole, energica e ben apprezzata dal pubblico presente, e anche loro sono felicissimi di mostrare la bandiera italiana alla fine della loro esibizione. Tra i brani suonati ricordiamo "Black Roses", "... and Julie NO more", "She If On The Grave" e "Bitches Street", “In the Name of Rock” e la title track del loro ultimo album “A Good Day to Die”.
Mentre fuori suonano i The Dogma, all’interno un’altra band italiana comincia il suo show, sono i Theatres des Vampires, guidati dalla carismatica Sonya Scarlet.
Il concerto inizia con uno dei pezzi forti dell’ultimo album “Desire of Damnation” uscito quest’anno, la bella “Bring Me Back”, davanti a poche centinaia di persone. Buona la trovata di iniziare il concerto con delle maschere sul viso e anche le varie trovate sceniche nel proseguire dello stesso. Nei 70 minuti a disposizione il gruppo fa del suo meglio e Zimon, Stephan, Fabian e Gabriel accompagnano egregiamente la voce di Sonya, a volte aggressiva e a volte suadente in questo viaggio oscuro tra pezzi come “Never Again”, “My Lullaby” o “Dances With Satan”; forse non ottimali i suoni visto il rimbombo della location, ma comunque accettabili.
Da citare anche i momenti dove Scarlet prende una bibbia vampirica e apertala escono fiamme dalla stessa, oppure la coppa con dentro del sangue. Chiusura di questo buon concerto, dedicato ad un amico scomparso prematuramente, affidata a “Forever in Death”. Atmosferici.
Alcuni son qui quasi solo per loro, e dopo un po’ di attesa, uno dopo l’altro, ben sedici musicisti hanno affollato il palco e hanno accordato gli strumenti sulle note di “Fra Martino”; ecco gli Haggard. Pesa purtroppo l’assenza di Susanne, impegnata in concerti lirici: la scaletta è stata infatti penalizzata. L’inizio è sotto la media, Asis sorprende tutti attaccando, davanti a pochi spettatori ancora freddini, con “The Final Victory”, cavallo di battaglia durante cui solitamente chiede la partecipazione del pubblico. Nonostante le infelici premesse, gli Haggard sfoderano una prestazione invidiabile, anche aiutati da un’ottima acustica e Veronika, seppure nella formazione sia il secondo soprano, si dimostra una degna sostituta di Susanne. Man mano che il concerto va avanti, un pubblico sempre maggiore si affolla sotto il palco per sentire i classici “The Observer”, dedicata ai “fedeli fans italiani”, “Per Aspera ad Astra”, “The Day as Heaven Wept”, nonchè un assaggio del nuovo album, canzone che dovrebbe esserne il preludio, presentata live per la prima volta e che riaccende gli entusiasmi dei molti fan delusi dai continui ritardi nell’uscita del disco. Come di consueto, il gruppo chiude il concerto con “Awaking the Centuries” tra gli applausi della folla che invano chiede un bis.
Comincia a farsi sera e sul palco grande torna la cattiveria con gli Holy Moses, band teutonica guidata dalla singer Sabina Classen, dedita ad un Thrash-Death metal di chiara scuola tedesca.
Lunga carriera per questo combo nato più di 20 anni fa, che qui propone con grande carica ed energia molti pezzi del passato come “Necropolis”, “Life Destroyer” o Def Con 2”. La singer con i capelli rossi è un animale da palco e tiene in pugno il pubblico con la sua performance, amalgamata con una band in forma. Il pezzo di chiusura sicuramente è da ricordare, “Too Drunk To Fuck” , dove vengono fatti salire sul palco una decina di fans e membri di altri gruppi a cantare tutti assieme questa canzone mentre il pubblico abbozza anche un mosh. Energici al punto giusto, una garanzia.
Un giretto per rifocillarsi con della buona birra e del cibo e mezz’ora dopo la fine dello show degli Holy Moses, tocca agli svedesi The Haunted calcare le assi del palco del Battle of Metal.
Il cantante Peter Dolving tira fuori una rabbia da animale in gabbia, con urla selvagge e una carica impressionate con canzoni come “99”, “Bury Your Dead”, “Dark Intention” e dall’ultimo album “The Medication”. Siamo davanti ad un nome importante del metal scandinavo attuale e si vede. Notevole prestazione dei vari musicisti e il pubblico ringrazia onorando il concerto dall’inizio alla fine con un persistente headbanging. Grande e compatto muro sonoro, grande carica ed energia e gran bel concerto. Promossi.
Per vari motivi mi perdo gli Ensiferum sul second stage, che mi dicono aver fatto un concerto notevole, e mi preparo al gruppo seguente sul main stage.
Sono inglesi, hanno fatto la storia del Gothic Metal con album come “Gothic” e “Draconian Times”, hanno una carriera lunga quasi vent’anni, ecco i Paradise Lost, fortti di un bell’album appena uscito intitolato “In Requiem” si presentano sul palco di geiselwind per 90 minuti di ottima musica. Il concerto si apre con “The Enemy”, ottimo singolo dal loro ultimo lavoro, per poi alternare momenti più pesanti ad altri più melodici, ripercorrendo le varie fasi della storia discografica del gruppo.
Voglio citare tra i brani eseguiti “Erased”, “Host”, “Shades of God” oppure “As I” , insomma , un viaggio negli anni, come le belle “One Second” e “The Load Time”. I suoni rendono giustizia al combo e anche Nick Holmes sembra proprio in serata positiva, reggendo bene per tutti i 90 minuti.
Chiusura emozionantissima con la mia preferita “Say Just Words” con un pubblico partecipe e positivamente impressionato. Bravi i Paradise Lost, oscuri al punto giusto.
Arriviamo all’altro piatto forte della serata, 45 minuti di cambio palco e preparazione per uno spettacolo veramente “grosso”: ci apprestiamo a vedere il concerto dei Black Label Society guidati dal mastodontico e selvaggio Mr. Zakk Wylde, gia chitarrista di Ozzy Osbourne.
Mi devo inchinare alla potenza e alla tenuta di palco di questi 4, o per dirla meglio dell’uomo, l’uomo con la band intorno, colui che accentra tutta l’attenzione su di sè per il carisma e la personalità che trasuda, si , proprio il sopraccitato Zakk.
Bravi bravi bravi, e chi ha avuto modo di vederli può confermare, suoni buoni anche se non perfetti, preparati tecnicamente, in un’ora e mezza i Black Label Society hanno messo a ferro e fuoco la platea. Uno dei concerti top del festival a mio parere, e devo dire che onestamente non mi piace molto la musica di Zakk Wylde e soci, però massimo rispetto e da rivedere ancora e ancora a bocca aperta. Posso citare tra i pezzi che mi son rimasti impressi sicuramente “Suicide Messiah” oppure “In This River”, dedicata al caro amico scomparso Dimebag Darrell, dove il barbuto singer si diletta al pianoforte; non dimentichiamo neppure la efficace “Stillborn” e l’altro singolo “Concrete Jungle”dall’ultimo lavoro della band.
Grande spettacolo, uno Zakk Wylde mai domo con continui assoli e a incitare il pubblico, alla fine del concerto non voleva quasi smettere di suonare ed è sceso a salutare le prime file, che dire, chiusura con i botti di un bel festival, si torna quindi alle tende stanchi ma contenti, io conscio del mio probabile ritorno l’anno prossimo.
Domenica mattina, sveglia, si smontano le tende e via, partenza per il ritorno a casa, arrivo in stazione centrale a Milano dove scarico i miei 2 amici e finalmente dopo un’ulteriore mezz’ora di strada, casa, doccia e riposo. Fino al prossimo festival.


FOTO:

6 Luglio

BEHEMOTH
CRIPPER
DISBELIEF
EISREGEN
KATAKLYSM
NODE
SAMAEL
SATYRICON



7 Luglio

BLACK LABEL SOCIETY
DRONE
HAGGARD
HOLY MOSES
PARADISE LOST
THEATRES DES VAMPIRES
THE DOGMA
THE HAUNTED
TYR


Report a cura di Marco "Mac" Brambilla e Antonio Gaglio

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