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Barther Open Air IX - 8/18/2007 - FreilichtBuehne - Barth (D)

Il ritorno dei Troll – Atto IX

Vale la pena di fare 1.400km per un festival semisconosciuto, in una remota e paludosa regione al nord della Germania?
Assolutamente si!
Arriviamo purtroppo a festival già iniziato (vedi report Summer Breeze), stremati dal lunghissimo viaggio, ed iniziamo ad esplorare l’area festival, per farci un’idea di cosa ci aspetta. Il campeggio è immerso in una fitta ed intricata foresta al limitare del paese, subito adiacente al palco sovrastato da una collinetta che forma un piccolo anfiteatro. Qui il metallaro medio lascia lo spazio al vichingo che di medio può avere solo il livello di birra nel corno.
Stravolti ma affascinati ci avviamo alla ricerca degli organizzatori, inoltrandoci tra pittoreschi stand che propongono un vasto assortimento di artigianato vichingo, dal corno per bere a quello per suonare, dall’idromele ai più disparati accessori. Dopo “qualche” difficoltà di comprensione (non tutti i tedeschi sanno l’inglese), facciamo la conoscenza di una ragazza dell’organizzazione che, entusiasta della nostra presenza, ci accompagna dal general manager. Cosa dire di Heiko?
Simpatico e disponibile ci ha dato carta bianca per svolgere al meglio il nostro lavoro e accesso illimitato in qualunque area del festival. Da qui in avanti veniamo continuamente braccati da gente stupita di incontrare due reporter italiani, e che per questo insistono tutti per offrirci da bere. Un eccesso di disponibilità quasi imbarazzante quello del capo security, che si impunta a volerci trovare la miglior piazzola tenda nonostante gli sia già stato ripetutamente detto che alloggiavamo in albergo.
Con queste premesse ci prepariamo ad assistere ai concerti del giorno successivo.

La prima mezzora d’apertura è affidata ai thrasher di casa Bitterpiece, la band si difende discretamente e può già vantare buoni suoni ma manca la presenza di pubblico ancora all’ingresso o agli stando (prediligendo, com’era da aspettarsi, quelli dove viene venduto da bere).
Stessa sorte subiscono i loro compatrioti Helritt che con l’occasione presentano il loro disco di debutto “Trotzend dem Niedergang” un concentrato di pagan – viking della scena della Turingia da cui provengono.
Arriva il momento dei Sinners Bleed, puro brutal-death made in Germany. Una proposta che si discosta dallo spirito del festival, con furia, violenza ed una buona dose di tecnica, rendono questa parentesi interessante e ben seguita. Jan Geidner si dimostra un ottimo front man calamitando l‘attenzione del pubblico che si fa via via sempre più folto. Con la bellissima “Obedience” raggiungono l’apice della loro esibizione caricando il pubblico a tal punto da mettere a dura prova la resistenza delle transenne.

Mentre il palco viene allestito per la band successiva viene imbastito un simpatico e piacevole intermezzo dove rievocatori storici armati fino ai denti si cimentano in combattimenti individuali e collettivi. Il pubblico interviene incitando con impeto trasformando per un attimo la piccola arena del Barther in una sorta di mini Colosseo vichingo.

Conclusasi la prima, ma non ultima, sessione di combattimenti, si passa al pagan metal dei Fjoergyn. Il four piece apre con “Katharis” e l’omonima “Fjoergyn”, tirando le due migliori frecce di tutta la set list, la band ottiene di destare subito interesse che poi via via scema a causa dei successivi brani troppo prolissi e a volte impersonali.
La formazione è comunque molto giovane e col tempo sicuramente aggiusterà queste lievi mancanze che si accentuano maggiormente in sede live.
Si passa poi agli Orlog quintetto che sul programma viene presentato come dedito ad un melodic black metal che di melodic ha ben poco ma indubbiamente rientra nel filone black. La formazione può vantare un frontman, Wolfram, che ben si destreggia in un buon growl ed ha dalla sua una buona presenza scenica, oltre a dei bracciali borchiati da far invidia ai Dimmu Borgir di turno.
Tra fumi e giochi di luci, il piccolo palco del barther ben si addice ad una formazione di questo livello, che circa a metà esibizione ha la bella idea di far esplodere una palla di piume di pollo che ricadono un po’ sul palco e un po’ sulle prime file. Indubbiamente i migliori tra le nuove leve esibitesi oggi.
Non si possono invece definire di “primo pelo” i danesi Angantyr con alle spalle cinque tra full lenght e mini cd.
Anche loro sono accostabili al filone black metal e la presenza scenica, ma soprattutto il facepaint, risulta decisamente superiore rispetto a quanto visto fin’ora.
Il più pittoresco e pitturato è sicuramente il bassista che nel bel mezzo di una canzone volge il capo al cielo ed inizia a sputare sangue come se fosse la Fontana di Trevi.
Con un cambio di scaletta dell’ultima ora salgono inaspettatamente sul palco gli Eluveitie, il combo elvetico è come noi reduce dal paludoso Summer Breeze ed ha appena dovuto affrontare il lungo viaggio fino a Barth dove con tutta probabilità non si aspettava un palco di dimensioni così ridotte.
Sicuramente non si aspettavano nemmeno una simile accoglienza, perché sebbene non troppo noti, gli Eluveitie hanno radunato una folla di esagitati già con le prime note di cornamusa.
Anche i vichinghi che si esibivano tra un concerto e l’altro hanno deposto temporaneamente le armi per assistere interessati al concerto.
Un gruppo di persone, superate le transenne, si mette a fare headbanging a pochi centimetri dal gruppo a disagio per il poco spazio a disposizione ma divertito da quanto sta accadendo.
La security, nella veste dell’organizzatore, appurato che non c’è nulla di cui preoccuparsi assiste divertita alla scena.
Così lo show si trasforma in una grande festa a cui tutti sono invitati a partecipare e nessuno se ne sottrae.
Un concerto memorabile!
Ancor più memorabile sarà lo show dei norvegesi Trollfest, per la prima volta nella loro storia on stage!
Il quartetto si amplia aggiungendo due elementi in veste live così la formazione diventa ancor più completa.
L’emozione è visibile negli occhi di questi troll così come in quelli del pubblico che è accorso numeroso per assistere a questa prima mondiale!
Si apre con “Legendarisk ØL” che ci presenta un barbuto e “trollico” Trollmannen che dimostra di sapersi muovere bene sul palco coadiuvato delle 2 chitarre e dal basso i cui musicisti si occupano anche delle backing vocals.
Tra i presenti si scatena una vorticosa serie di headbanging mentre banjo, fisarmoniche e pesanti riff di chitarra si fondono e si uniscono a goliardici cori da osteria: è iniziata la festa!
Impossibile descrivere i volti e le espressioni dei vari musicisti (per questo consigliamo vivamente la visione del servizio fotografico) che si inventano anche un simpatico intermezzo appetitoso nel quale il frontman azzanna un cosciotto di prosciutto e poi ovviamente divide il suo pasto con i ragazzi delle prime file che non si tirano certo indietro.
Prima di salutare i presenti, sulle note di “Helvetes Hunden Garm”, vengono distribuite copie omaggio dell’ultimo disco “Brakebein” e come premio di consolazione anche il cosciotto di prosciutto viene dato in pasto agli insaziabili metallari teutonici. Ottime luci e ottimi suoni portano questo show il più vicino possibile alla perfezione e le dichiarazioni dei musicisti a termine concerto fanno ben sperare per il futuro, è possibile che ci siano altri concerti dei Trollfest!
Anche il viaggio dei nostri conterranei Graveworm è sicuramente stato lungo e faticoso e forse per questo oggi l’act sembra più demotivato e vagamente assente rispetto ad altre occasioni. I tempi a disposizione si sono ridotti causa di un ritardo che si è andato ad accumulare via via arrivando a sfiorare le 2 ore e questo ha provocato tagli alle set list delle ultime bands e ridotto anche gli spazi per poter interagire col pubblico tra una song e l’altra.
Ciò nonostante il concerto risulta una piacevole parentesi tra un gruppo folk ed uno pagan ed il front man Stefan si ripropone come sempre motore primario del gruppo sfornando taglienti e furiosi scream.
E così un buon numero di persone resta a supportare i blacksters tirolesi che, anche se ormai abiutati a palchi di ben altro calibro, riescono a sfornare uno show interessante portando a casa i plausi dei presenti e scomparendo dietro il backstage ancor più rapidamente di quanto erano comparsi.
Tocca poi ai Golem presenziare sul palco per recuperare il proprio show, invertito con gli Eluveitie.
Il gruppo tedesco si mostra subito abile padrone di un’ottima tecnica e non si dimentica certo di farne un inappropriato sfoggio. La proposta, un death metal dalle tinte progressive come tanto è in voga ultimamente negli USA, non si intona con lo spirito del festival, non fa presa suoi presenti se non su pochi affezionati.
I chitarristi Carsten Mai e Andreas Hilbert ce la mettono tutta ma riescono a dar vita solamente ad ottimi riff e soli asettici e privi di patos; non riescono nemmeno a sfruttare a loro favore il fatto di poter avere il sostegno dei presenti vista la vicinanza del palco alle transenne.
Ed infatti il pubblico si allontana, torna a spulciare cd tra le varie bancarelle sorseggiando idromele dai corni in attesa del prossimo gruppo.
È ora il momento della teutonica band Aaskereia. Il numero di persone sotto il palco aumenta vistosamente, così come quello dei metallari in face painting. Come mai una band poco affiatata col pubblico, quasi assente sul palco, riscuote così tanto successo?
Basta assistere ad un solo loro concerto, e sarà chiaro.
Padroni di un pagan black metal grezzo, quasi “marcio”, la potenza del loro rigetto ad ogni forma di luogo comune, un cantante con la faccia apatica, senza emozioni, tranne una sorta di disperazione mista a ribrezzo che trapela tra una strofa e l’altra, in mezzo alle numerose sigarette e ai litri d’alcol questi ragazzi ci credono davvero.
Baluardo della loro musica è poi senz’altro la voce del singer Grim, potente e lacerante, uno scream lancinante accompagnato da un pulito perfetto e da un growl da oltretomba, gli Aaskereia non saranno certo unici nel genere, ma riescono a mantenere un’atmosfera ed un’originalità davvero esclusive. Come sempre perfetti da un punto di vista tecnico e scenico, si riprovano degni della qualifica di headliner che sempre più spesso gli viene affidata. Delirio per l’esecuzione della bellissima “Mit Raben und Wölfen” che, concerto dopo concerto, si conferma come vero capolavoro, ci dispiace solo che per problemi relativi al ritardo accumulatosi non abbiano potuto esibirsi in Der Stille Schrei, la loro tipica canzone di chiusura violenta e straziante.
In risposta alle numerose richieste del “bis” da parte del pubblico il cantante ha semplicemente detto “non possiamo, non chiedetecelo”; e i metallari sono tornati alle loro postazioni, preparandosi all’ascolto dei Thyruz.
La band ha l’arduo compito di chiudere quest’ottima nona edizione del Barther Open Air e si presenta sul palco con una scenografia abbastanza scontata per il true norwegian black metal che propongono: un enorme crocifisso rovesciato.
Scenografia scontata per una band che demo dopo demo arriva nel 2006 sfornando il debut album riproposto quasi interamente in questa sede. Il problema di questa band è che si limita a ripetere quanto proposto in passato da molti altri scimmiottando facce cattive e voci grottesche ma risultando più pacchiani che credibili tramutando il concerto in una sorta di paradosso pirandelliano.
Così, nel bene o nel male, si chiude quest’edizione del festival e tirando le somme non si può che spendere un applauso per gli organizzatori, per i gruppi ed i vichinghi che si sono sfidati nell’arena per intrattenere il variopinto pubblico del barther tra un concerto e l’altro.
Speriamo di poter raccontare anche del X° anniversario il prossimo anno!

Foto:

Aaskareia
Angantyr
Eluveitie
Fjoergyn
Golem
Graveworm
Orlog
Sinners Bleed
Trollfest

Report a cura di Paolo Manzi e Nana

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