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Wacken 2007 - 8/2/2007 - Open Air Fest - Wacken (D)

La diciassettesima edizione del festival metal più famoso nel mondo è iniziata con grandi aspettative: biglietti esauriti (più di centocinquantamila presenze!) e band di spicco quali Immortal, Blind Guardian, Saxon, Destruction, Therion, In Flames, Dimmu Borgir. Nemmeno le infelici condizioni meteorologiche, ed in specie i disagi causati dal fango dovuto alle abbondanti piogge nei giorni precedenti, hanno fermato gli intrepidi metalheads che una volta all’anno si riuniscono a Wacken, un piccolo paese di duemila anime dove ogni cosa, dagli abitanti ai negozi, trasuda metal. E tra questi impavidi appassionati c’eravamo anche noi di Holymetal, pronti a catturare il meglio e il peggio della tre giorni di concerti!!!

Giovedì

Roose Tatoo (Tommaso)
Appena finisce di piovere cominciano i Rose Tattoo, e il vecchi calvo e tatuato Angry Anderson può portare la sua band sul palco Heavy Metal più grande d’Europa nel giorno del suo sessantesimo compleanno. La band australiana è ancora in forma nonostante l’età e fa sentire a Wacken cosa sia il Rock ‘n Roll. Il loro show è emozionante e la gente è corsa in massa, l’aera concerti è già quasi piena. La canzone che ha riscosso più consenso nel pubblico è stata sicuramente la storica “Nice Boys”. I Rose Tattoo possono lasciare il palco ai Sodom con la certezza di aver fatto di nuovo bene il loro lavoro da Rockers.

Sodom (Cristina)
E’ l’ora del thrash metal teutonico ed ecco comparire sul palco i Sodom che proprio in quest’occasione celebrano il venticinquesimo anno di attività con una performance di quasi due ore che gli permette di regalare ai loro fan presenti una specie di "best of" con tutti gli ex-membri (i chitarristi Grave Violator, Athätor, Frank Blackfire, Michael Hoffman e Andy Brings e i batteristi Chris Witchhunter e Atomic Steif). La prima canzone del concerto è "Blood on your Lips" che permette al pubblico di scaldarsi con uno scatenato head banging sin dall’inizio. Seguono furiose "Wanted Dead" e "City of God" ma il suono non è dei migliori nonostante il gruppo ce la metta tutta. Per contesto, scelta dei brani e soprattutto durata, sicuramente è stato un concerto che ha reso felici molti fan, tanto che dopo il primo quarto d’ora ho lasciato a loro l’onore di seguirlo per tutta la sua durata....

Tyr (Stefano)
Wet Stage bello pieno per lo show dei 4 danesi (dalle isole Faroer per la precisione). I nostri ci propongono tre quarti d’ora di viking metal nella sua forma più dura e pura. Dunque tonnellate di melodia e cori da osteria vichinga. Prestazione abbastanza buona deficitata da dei suoni non eccelsi e dalla troppa somiglianza tra le canzoni proposte. Hanno variato tra i 3 album pubblicati e hanno anche proposto una canzone nuova di cui purtroppo non ricordo il titolo. Promossi con riserva, da rivedere in uno show loro.

Saxon (Cristina)
Uno dei gruppi di maggior successo della NWOBHM e due ore a disposizione anche per loro: è l’ora dei Saxon. Headliner dell’edizione Wacken 2004, sembrava che la resa live fosse tornata alla luce ma quest’anno è stato un pò diverso, un pò "trascinato" se vogliamo dirla tutta...Certo, tutto ben suonato ma mancava la carica per sostenere l’entusiasmo del pubblico e il tempo a disposizione anche se Biff Byford e soci hanno giocato tutte le loro carte. Un’esibizione con qualche punto debole insomma anche se probabilmente i fan hanno gioito lo stesso. In fondo gli anni passano per tutti, no?

Hatesphere (Stefano)
La band danese apre le danze con la title track del quarto lavoro The Sickness Within e fa subito capire cosa ci aspetta: una serie di pugni tra faccia e stomaco che solo una band come loro può sciorinare. Nonostante la concomitanza con lo show degli headliner della serata Saxon, i death metallers raccolgono un pubblico folto e partecipe davanti al piccolo palco laterale e, grazie anche al loro frontman Jacob, scatenano un vero e proprio inferno. Si vede che i nordici sono molto maturati sotto l’aspetto del palco e hanno nel cantante (anche Allelluhja e Barcode) una vera e propria marcia in più. Ennesima conferma per gli opener del prossimo tour europeo dei Dimmu Borgir.

Overkill (Tommaso)
L’ultima band del primo giorno di Wacken sono stati gli Overkill, e non si può certo dire che siano stati fortunati, nel concerto nel quale avevano programmato di registrare il dvd, (cosa che è stata fatta) dei gravi problemi alla batteria li hanno costretti ad un sound check davvero interminabile e alla fine questo ha comportato un taglio secco alla scaletta. Un vero peccato perché “Necroshine” e “Thankx For Nothin’” sono state delle vere perle, saranno in molti quelli che non vedono l’ora di riguardarsele sul DVD!

Venerdì

Suidakra (Marco)
La giornata di venerdì sul Black Stage inizia con i finlandesi Suidakra, autori di un buon death metal contaminato da influenze folk. Gia passati dall’Italia in compagnia degli Ensiferum è stata qui a Wacken la prima volta che vedo una loro esibizione e, lasciatemi dire, mi hanno colpito positivamente. Il gruppo, nel poco tempo loro concesso, riesce a scaldare il pubblico presente alle 11 di mattina, comunque gia attestato sulle migliaia di persone. Canzone da citare tra le varie suonate sicuramente “Forth Clyde”. Esibizione positiva nell’insieme e valida live anche la cornamusa in alcuni pezzi; i vari musicisti hanno suonato senza particolari sbavature con regolazioni audio buone. Arkadius si conferma di buon carisma e presenza scenica.
Il concerto si chiude con un abbassamento di volume graduale sull’ultimo pezzo per uno sforamento di tempi. Da rivedere ancora in una posizione più adeguata a loro e con più tempo a disposizione..

Black Dahlia Murder (Tiziana)
Premetto di essere partita con grandi aspettative nei confronti di questa giovane thrash/metalcore band americana, aspettative basate sui ricordi che avevo di una loro esibizione in Italia, in seguito alla quale, però, non ho più avuto di approfondire la conoscenza. E devo dire di essere rimasta più che estasiata dall’esibizione: quarantacinque minuti di pura violenza musicale, con un sound ritmatissimo, cattivissimo e coinvolgente. Il cantante Trevor Strnad passa agilmente dal growl allo scream,anche più volte nel corso della stessa canzone, regalando un’ottima performance e una grande capacità di coinvolgimento del pubblico, entusiasta e numeroso nonostante l’orario infelice (appena le undici del mattino!). La band originaria del Michigan si è esibita in brani come “Contagion”, “Closed Casket Requiem” e “Unhallowed”, tratti dal primo album Unhallowed, e brani più recenti tratti da Miasma; inoltre, è stato presentato il nuovo album in uscita a settembre 2007, dal titolo Nocturnal. L’esibizione è assolutamente perfetta e memorabile, e il tempo a disposizione dei nostri sembra finire troppo presto, anche se è stato sufficiente a confermare la validità e la bravura dei Black Dahlia Murder, forse ancora sottovalutati.

Amorphis (Stefano)
Per colpa di un piccolo incendio scoppiato nell’area antistante il True Metal Stage le esibizioni di Amorphis e Napalm Death vengono invertite e accorciate.
Questo però non spaventa i finlandesi che, dovendo suonare dopo la grind core band inglese, si trovano davanti un pubblico abituato a ben altre sonorità. Il sestetto pare subito in forma invidiabile e copre il pubblico con grandiose canzoni a metà tra folk metal e sonorità anni ’70, senza disdegnare qualche puntata nel proprio passato remoto (Tales From The 1000 Lakes, Black Winter Day, Karelia, My Kantele e Better Unborn su tutte). Questa è stata la parte dello show che ho preferito per motivi affettivi, ma anche dove hanno proposto il materiale "nuovo" si sono difesi alla grande. Grande gruppo, sicuramente da scoprire.

Napalm Death (Tiziana)
Un pezzo di storia sul palco! Gli inglesi Napalm Death, attivi fin dal 1982, e i cui membri hanno poi militato in gruppi del calibro di Carcass e Cathedral, si esibiscono nel Black Stage di Wacken in pieno pomeriggio, un po’ in anticipo rispetto a quanto stabilito, e regalano ai fans nostalgici un’ora e mezza del loro death metal. Peccato che, nei fatti, la loro musica risulti niente di più di un death metal monotono e sempre uguale a se’ stesso, nel quale non si riescono a distinguere i diversi brani tra loro e a cui manca originalità. Probabilmente questa sensazione di “già sentito” è dovuta al fatto che, dopo i Napalm Death, molte altre band si sono cimentate nello stesso genere, rendendolo perciò noto. Considerando gli anni di carriera dei nostri, però, è probabile che all’epoca in cui hanno iniziato a suonare il loro genere fosse ritenuto originale, e forse il miglior modo di approcciarsi all’ascolto è proprio quello di tenere a mente il momento in cui la band è nata. Nonostante questo, però, l’esibizione non riesce ad essere incisiva come dovrebbe, e non lascia niente all’ascoltatore, neanche la voglia di approfondire o di riascoltare qualche particolare canzone.

Possessed (Cristina)
Ed ecco finalmente salire sul palco i tanto attesi Possessed che per l’occasione Wacken 2007 si sono riuniti in formazione originale. L’affluenza di gente è stata notevole e non da meno il coinvolgimento da parte della stessa: headbanging furioso dall’inizio alla fine del concerto, braccia levate al cielo e tanta voglia di assistere a questo raro evento. Jeff Becerra e soci sono riusciti a regalare al pubblico presente un gran concerto dove l’elemento principale è stata la potenza. E’ stato un piacere vedere dei maestri dell’old school come loro ancora così carichi e feroci. Tutto ciò va oltre ogni scontata classificazione: è attitudine, forza e capacità di riuscire a mantenere il proprio spirito primordiale nonostante tutto. C’è chi affermava che sia stata una delle migliori performance dell’intero festival, io mi limito a dire che è stato un concerto davvero potente.

Turbonegro (Cristina)
Dopo i Possessed, sul Black Stage è il turno dei norvegesi Turbonegro, che come molti di voi sapranno, col metal estremo non c’entrano praticamente nulla. Il genere che propongono,infatti, è una specie di hard rock scanzonato che loro definiscono death punk.Per chi non li ha mai visti dal vivo-come me- ci vuole un pò di tempo per abituarsi alla loro immagine composta da vestiti molto appariscenti e trasgressivi al limite del ridicolo e diversissimi l’uno dall’altro; ci vuole ulteriore tempo prima di sospettare che magari la loro è semplice autoironia -almeno è quello che ho voluto credere io- e assistere al concerto in quest’altra ottica è decisamente un sollievo.Il loro in fin dei conti è tutto uno spettacolo sopra le righe. Hank Von Helvete,il cantante, oltre al suo solito (tuttavia decisamente insolito per forma e dimensioni) trucco nero intorno agli occhi che è anche il simbolo di riconoscimento de l gruppo, sfoggia un villoso petto nudo, pantaloni che sembrano una bandiera americana cucita a metà ed una fascia in testa -che se la vista non m’inganna- rappresenta foglie di marijuana.Tuttavia sulle teste di altri due componenti compaiono cose ben più raccapriccianti: un elmetto nazista e uno bianco da marinaio! Dopo questa descrizione potete capire che la provocazione e l’ironia sono due componenti rilevanti del gruppo ed il pubblico sembra abbastanza divertito e coinvolto, specialmente durante la conosciuta "All My Friends Are Dead" che canta a squarciagola mentre dà il via ad un pogo sfrenato e al body surfing. Il tutto è suonato e contornato dall’attitudine che solo dei folli e grezzi antitetici come loro potrebbero avere.

Grave Digger (Tommaso)
È difficile dire che il concerto dei Grave Digger si andato benissimo, anzi… il loro show è stato afflitto purtroppo da brutti problemi tecnici legati soprattutto ai volumi e ai suoni della chitarra di Schmidt. Ad aprire il lo show è stato il classico intro di “Tunes of War”, bellissimo modo di iniziare un concerto, peccato che, al momento di iniziare davvero, nessuno aveva pensato di dare volume alla chitarra e il povero Schmidt ha suonato a vuoto per una decina di secondi.
I Grave Digger hanno tantissimi pezzi storici da portare quindi un loro concerto seppur non perfetto non potrà andare male, vengono suonate “The Night of the Cross”, “The Grave Dancer” e “Excalibur” poi viene il turno della lenta “Silent Revolution” e “The Last Supper”. Verso la metà del concerto i suoni cominciano a regolarsi a dovere e, infatti, le canzoni più riuscite sono state soprattutto le ultime, “Morgana LeFay”, “Rebellion” che il pubblico canta a squarciagola e la conclusiva “Heavy Metal Break Down”. Anche se ci si poteva aspettare di meglio i Grave Digger riescono sempre ad accontentare tutti, è un peccato per chi li ha persi.

Falconer (Tommaso)
Va bene che l’aspetto non conta, ma il cantante dei Falconer, Mathias Blad, sembra veramente essere sul palco per caso, non è importante se la band che ha alle spalle suoni canzoni come “Northwind”, “Spirit of the North” o “Upon the Grave of Guilt”, se il frontman non riesce a fare il suo dovere il concerto non potrà mai risultare coinvolgente, neanche per i fans più sfegatati. Il concerto, che si era aperto con “Search for the Crown” ha avuto come punte massime “Enter the Glade” e “Mindtraveller” e si è chiuso con “The Clarion Call”. Sicuramente la loro non è stata una delle prestazioni più esaltanti di questo Wacken, speriamo che siano più in forma la prossima volta.

Lacuna Coil (Marco)
Nel pomeriggio di Venerdì tocca ai Lacuna Coil calcare il palco del Black Stage. Terza volta per loro sul palco di questo festival e penso proprio la più significativa. Il concerto si apre con l’opener di Karmakode, la buona “To The Edge”, e subito il gruppo mi sembra in buona salute, cosa di cui si accorge anche il pubblico, ormai arrivato ad essere in gran numero per seguire la band di casa nostra. Via via si susseguono le canzoni, prese soprattutto dall’ultimo album, come “Fragile”, “Fragments of Faith” o la cover dei Depeche Mode “Enjoy the Silence”, riuscita appieno a parere personale. Non si dimenticcano accenni anche alla discografia passata come la bellissima “Senzafine” da Unleashed Memories e cantata completamente in Italiano, oppure “Swamped” ed “Heaven’s a Lie” dall’album Comalies. La chiusura di questo buon concerto soddisfacente per molti è affidata ad “Our Truth”, primo singolo da Karmakode. Magari i suoni non sono stati ottimali, ma la prestazione del “nostri”,all’insegna del crowd surfing come per molti gruppi, è stata buona, con Cristina in grande spolvero come sempre con la sua fantastica voce, magari un Andrea non proprio impeccabile, e il resto dell’ensemble, Marco, Cristiano, Maus e Criz, precisi nell’esecuzione. Meritato appieno il loro successo, ormai una garanzia in sede Live.

Enslaved (Stefano)
Tocca ai norvegesi infuocare il party stage, davanti ad un pubblico folto e partecipe la band di Grutle Kjellson ci delizia col suo particolarissimo mix di viking metal e sonorità prog. Nell’ora a sua disposizione è un delirio di musica senza sosta, si passa dai primi lavori Slaget I Skogen Bortenfor (tratta dallo split con gli Emperor del 1993) fino all’ultima Ruun passando per i vecchi brani come Yggdrasil. I 5 vichinghi sfornano una prestazione a dir poco paurosa convincendo anche i più scettici della qualità della loro proposta. Io dico solo una cosa: chi è andato a vedere i concomitanti Lacuna Coil si è perso senza alcun dubbio uno dei migliori show di questo Wacken. Blind Guardian (Tommaso)

Quando i Blind Guardian fanno una cosa la vogliono veder fatta bene, e così dopo che la mattina avevano svegliato tutti con il loro sound check (l’unica band a cui è stato permesso di farlo sono proprio loro) , si preparano a fare uno dei più grandi show della loro carriera.
Gli headilner di Wacken 2007 aprono il loro concerto come ci hanno abituato ormai da quasi dieci anni “War of Wrath” e “Into the Storm” (ndr. aprirono così anche la loro esibizione al Gods of Metal del 1998). Come ci si poteva pensare si scatena il delirio fin da subito.
Il palco è spoglio e a ricordare che sono i Blind Guardian c’è solo la scritta sulle grancasse di Frederk, anche i Blind stessi sono vestiti in maniera normale, Marcus ha addirittura una tuta col collo alto ben tirato su per non rischiare uno spiacevole mal di gola. Tutta la scenografia è affidata a un grosso schermo luminoso e all’imponente impianto luci di Wacken. “Born in a Morning Hall” precede “Nightfall” e “The Script for My Requiem”, tutti pezzi suonati perfettamente con un tiro incredibile. I Blind riescono a convincere non solo con i loro cavalli di battaglia ma anche con canzoni dell’ultimo album come la bellissima “Fly”, sicuramente però tutti i cuori si stringono quando vengono suonate “Valalla” e “Welcome to Dyng”, ma, soprattutto “Traveller in Time” che Hansi e compagni non suonavano su un palco dal loro Blind Guardian Open Air del 2003. è inutile poi descrivere il coro che ha accompagnato “The Bards Song” o il pogo durante “Bright Eyes”. Ora è arrivata anche la notte e con lei i giochi di luce sono a dir poco grandiosi, dopo “Time Stand Still” i cinque bardi si concedono una breve pausa. Il pubblico anche se sa benissimo che lo show non è ancora terminato li incita cantando cori a squarciagola, infatti ecco che ritornano portando con loro Immagination Form the Other Side” e la nuova “This Will Never End”, che mai avrei pensato che dal vivo sonasse così bene. Lo show è giunto quasi al termine ma per i fans sta per arrivare ancora una perla indimenticabile: sul palco vengono portati otto bracieri ardenti e come a Coburgo quattro anni fa comincia “The Lord of the Rings” con una scenografia tanto semplice ma allo stesso tempo così emozionante da togliere il fiato (cercate su youtube per crederci). Lo show si chiude tra gli applausi con “Mirror Mirror”, lasciando la certezza a tutti che nessun altra band, possa, almeno per oggi, dare altre emozioni.

Dimmu Borgir (Stefano)
Secondo headliner del venerdì e folla oceanica pari a quella vista per i Blind Guardian. Ma a quanto pare Shagrath e compagni non si sono lasciati intimorire. Forti di suoni a dir poco spettacolari, di una light show suggestivo e ricco di pyro e di un Lauerano in stato di grazia i norvegesi si sono rivelati la vera sorpresa di questo festival. Sinceramente non saprei nemmeno da dove partire per fare una recensione decente tanta è stata la perfezione dello show del castello nero. Scaletta a dir poco perfetta che partiva dal secondo Stormblast (Sorgens Kammer e la title track, però entrambe nella versione 2005) per passare attraverso il capolaovor Enthrone Darkness Triumphant (la sconta Mourning Palace, Spellbound, In Death’s Embrace e A Succubus In Rapture), la sola Insight And The Cathasis a rappresentare Spritual. Ottima la scelta di relegare a sole due le songs dall’ultimo In Sorte Diaboli (The Chosen Legacy e The Serpentine Offerings). Sicuramente la marcia in più del sestetto risiede nelle melodie del tastierista Mustis che è riuscito a creare un perfetto tappeto melodico sotto alla furia incontrasta dei compagni. Ottimi sia Shagrath come frontman che Ics Vortex come corista con la sua stupenda voce in pulito. Prestazione veramente superiore per questi diavoli norvegesi.

Iced Earth (Tommaso)
Dopo aver visto ciò che erano riusciti a fare i Blind Guardian pensavo che nessun altro gruppo sarebbe riuscito a darmi altre emozioni, almeno per oggi, ma, per fortuna, sono andato lo stesso a vedere gli Iced Earth. Il loro concerto comincia con dei lugubri rintocchi di campane che lanciano “Burning Times”. Si scatena subito il delirio. La scenografia è minimale ma i giochi che l’impianto luci di Wacken sa creare sul palco non hanno eguali. La voce di Tim Owens è perfetta e dalla chitarra di Jon Schaffer è veramente un piacere ascoltare canzoni come “Ten Thousand Strong” o “The Hunter”. Anche se in grande forma Owens si fa da parte per far cantare “Stormrider” a Schaffer, il suo legittimo proprietario, ma torna subito dopo annunciando una canzone inedita mai suonata dal vivo: “ A Charge to Keep”. Gli Iced Earth hanno fatto per ora uno spettacolo coi fiocchi, ma i cavalli di battaglia devono ancora arrivare, la band suona infatti “My Own Savior” e, incredibile, tutta la trilogia Something Wicked: “Prophecy” (completamente stravolta nella ritmica), “Birth Of The Wicked” e “The Coming Curse”. Un concerto davvero fantastico che è riuscito a tirare fuori nuove energie anche da chi le aveva date tutte per i Blind Guardian.

Die Apokalyptischen Reiter (Tiziana)
Nonostante l’ora tarda in cui si svolge l’esibizione, dalle due alle tre di notte, una folla numerosissima si è radunata nel Black Stage per assistere al concerto dei tedeschi Die Apokalyptischen Reiter. Devo dire di essere rimasta a dir poco sbalordita dal successo che questa eclettica formazione ha riscosso, essendo abituata all’ancora poca notorietà che i nostri riscuotono in Italia, e trovarmi di fronte a una folla che li acclama a gran voce e sa a memoria le loro canzoni è stata davvero una bella sorpresa! E i Reiter, per ricambiare tutto il calore del loro pubblico, hanno regalato un vero e proprio spettacolo: dagli effetti speciali con il fuoco durante “Riders On The Storm”, allo sventolio della bandiera con il logo del gruppo durante “Revolution”, all’esibizione di una violinista durante l’esecuzione della melodica “Seemann”, con anche la tipica cattura di una fanciulla del pubblico che poi viene “torturata” dal tastierista Dr. Pest, fino al lancio di palloni sul pubblico, che vengono fatti rimbalzare da un punto all’altro dell’area concerti durante “We Will Never Die”, e alla prova di fedeltà del pubblico durante “Reitermania”: ai fans viene chiesto di trasportare un ragazzo e una ragazza, ciascuno a bordo di un canotto gonfiabile, fino al mixer e ritorno, passandoseli alla maniera del body surfing: l’esperimento riesce perfettamente, e il carismatico cantante Fuchs esclama soddisfatto “Ecco la forza dei Reitermaniaci!!!”. Divertimento e musica con i Reiter viaggiano di pari passo, e l’esibizione è allegra, giocosa e travolgente. Si chiude con “Die Sonne Scheint” e con l’inno “Metal Will Never Die”, che commuove tutti i presenti. Un finale perfetto per una giornata favolosa, ed un concerto davvero memorabile!!!

Samael (Stefano)
Nonostante l’ora tarda e la concomitanza con i Reiter sul Black Metal Stage (osannati in Germania) la folla che si calca sotto il palco degli svizzeri Samael è abbastanza nutrita e pronta a farsi travolgere dal metal elettrnico e siderale del quartetto.
A mio parere la band sforna una prestazione veramente superlativa prediligendo, come era lecito aspettarsi, la parte della proprio discografia successiva al disco di passaggio Passage. Le uniche puntate nel passato remoto (Baphomet’s Throne) sono state rilette in chiave moderna e devo dire che perdono parecchio del loro fascino. Dal vivo in ogni caso restano una band visivamente spettacolare con il loro modo di porsi e con un Xy che non smette mai di agitarsi tra i suoi synth e batterie elettroniche.

Sabato

Moonspell (Tiziana)
Prima volta a Wacken per la melodic death metal portoghese, cui il pubblico riserva una calorosissima accoglienza. I fans dei Moonspell vengono da ogni angolo del globo: Germania, Portogallo, America Latina, Belgio, per citare alcuni Paesi. E la band ricambia con un’esibizione ricca di atmosfera, nel suo tipico stile dark e tenebroso. Il frontman Fernando Ribiero fa la sua entrata in scena avvolto in una nube di fumo, e si presenta con un lungo soprabito rosso ricamato di nero e occhi truccati. Inizia il viaggio nel mondo delle tenebre: dai brani “Sons Of Earth” ed “In Memoriam” tratti dall’ultimo lavoro Memorial, a pezzi più vecchi come “Everything Invaded” (da The Antidote), “Fullmoon Madness” (da Irreligious), e “Vampiria” da Wolfheart. La musica dei Moonspell è cupa e lugubre, e la voce calda e profonda di Ribiero rafforza questa sensazione. Il pubblico sembra apprezzare le canzoni scelte, e canta a gran voce accompagnando ogni nota. Per il poco tempo a disposizione (appena tre quarti d’ora) e per essere la prima volta a Wacken, la performance dei Moonspell è stata davvero ottima, ed ha regalato a tutti i presenti un momento di oscurità, tanto da far dimenticare il sole che picchiava.

Stratovarius (Marco)
Sabato pomeriggio, caldo, True Metal Stage, dalle finniche lande ecco giungere gli Stratovarius per il loro turno di scaldare ulteriormente la folla che riempie lo spazio di fronte al palco.
La tastiera di Jens scandisce, subito seguito da Timo Tollki, le prime note di “Hunting High and Low” e così comincia il concerto dove, a classici come “Speed of Light” e “Paradise”, vengono affiancati pezzi non suonati da tanto tempo, per citare “Distant Skyes” e “Million Light Years Away”. Grande occasione questa di Wacken, infatti il gruppo, che appare in forma, propone come annunciato giorni prima, un pezzo dal prossimo album, “Last Night on Earth”, brano che così di primo ascolto mi sembra convincente e un buon antipasto nell’attesa.
La chiusura dello show, come anche negli altri concerti degli Stratovarius da me visti, è affidata alla piacevole “Eagleheart” e dopo una parte di inno alla gioia eseguito non proprio impeccabilmente alla tastiera, ecco la ormai celeberrima “Black Diamond”, sicuramente una delle più amate, se non la più amata, del combo nordico, dove il pubblico canta assieme a Kotipelto.
Ok, l’esecuzione dei pezzi non è stata impeccabile, Timo Kotipelto non è arrivato sempre alle alte tonalità per cui lo conosciamo, Timo Tolkki è stao però pulito e preciso, Jens Johannsson ha fatto qualche errore ma sorvolabile visto quello che ha combinato nel bakckstage, in fondo comunque sono stati coinvolgenti e capaci di soddisfare il pubblico tenendo in maniera egregia il palco. Applausi.

Dir En Grey (Tiziana)
Dopo i Moonspell, il Black Stage ospita la formazione nipponica Dir En Grey, ancora poco nota in Italia, ma famosissima in Germania e negli States. La band giapponese ha conquistato il pubblico di tutto il mondo con il suo metal contaminato da inserti elettronici, voce graffiante e alternanza tra parti velocissime e parti più melodiche. Oltre al favoloso impatto acustico, sul palco i Dir En Grey catturano l’attenzione grazie alla presenza scenica del cantante Kyo, ed ai movimenti ora spasmodici, ora serpentini che adotta mentre canta, quasi fosse in estasi. L’effetto massimo viene ottenuto quando questi si cosparge di sangue finto, quasi a sottolineare la totale dedizione al canto, tale da morirne.
Brani come la travolgente “Saku”, “Obscure” e “Vulgar” riescono a catturare l’attenzione del pubblico, nonostante il sound sia di fatto diverso da quello del metal tradizionale, quasi a sottolineare la diversità della tradizione nipponica. Tradizione che, purtroppo, si riflette anche sull’atteggiamento di Kyo, che non si impegna più di tanto ad annunciare le canzoni o ringraziare i presenti del supporto, creando in questo modo un po’ di distacco, unica pecca dello show.

Rage (Tommaso)
Io mi aspettavo di assistere ad uno spettacolo da pelle d’oca, ma non a questi livelli! I Rage, con l’orchestra a seguito, sono di una tale bravura da far sparire gran parte delle 80 del Wacken. Lo show si apre con “From The Cradle To The Grave” e “Alive But Dead”, i suoni non sono ancora ben equalizzati e il suono dell’orchestra si sente a stento, ma al passare di ogni secondo la situazione migliora. Durante la terza canzone, “French Bourree”, i tecnici di Wacken completano il miracolo: ora la spinta dell’orchestra si sente davvero e i cuori di tutti saltano nel petto. Veramente indescrivibili sono “Black In Mind” e “Send by the Devil” che cambiano completamente veste con l’orchestra a seguito! Se con “Turn the Page” la gente pensava che i nostri eroi non potessero fare di meglio era perché non avevano suonato ancora niente da Speak of the Dead! L’ultimo loro album è stato fatto apposta per la Lingua Mortis Orchestra e quando si comincia anche solo con l’intro “Morituri te Salutant” (ovviamente non campionato ma suonato tutto dal vivo) si rimane davvero senza parola alcuna, si possono solo stare a guardare le note volare via insieme “Prelude Of Souls” e “Innocent”. L’unico aggettivo per “Beauty” può solo che essere “commuovente” e l’unica ragione per la quale non sono volate centinaia di rose sul palco è perché a Wacken i fiori erano stati tutti calpestati da almeno tre giorni prima. Il concerto con l’orchestra si chiude infine con un’overture strumentale e l’immancabile “Highter Than the Sky”. Alla gente non resta che tornarsene a bocca aperta alle proprie tende o restare a vedere i Destruction.

Destruction (Tiziana)
Iniziano le esibizioni dei “pezzi grossi” del menu di Wacken 2007: finalmente, fanno il loro ingresso sul palco “the german thrash masters”, i Destruction. Sulle note di “The Butcher Strikes Back”, dietro al batterista compare nientemeno che il celebre butcher (il macellaio pazzo), protagonista di molte canzoni della band, con tanto di mannaia e ghigno malefico. Lo spettacolo ha inizio: da qui in poi, ha luogo tutta una serie di effetti speciali (fuoco, fiamme, scoppi) e di apparizioni sul palco, del già citato butcher e di ballerine malvagie in abiti succinti, che si improvvisano ora cheerleaders, ora provocanti diavolesse che interagiscono con il malvagio macellaio, intento ad affettare carne su un ceppo di legno, e a lanciarne pezzi sulla folla in deliquio. Intanto, si susseguono pezzi come “Thrash ‘Til Death”, “Curse The Gods”, “Nailed To The Cross”, “The Antichrist”, “Rippin’ The Flesh Apart”, “Bestial Devastation”. Ma non basta: il cantante bassista Schmier ha invitato sul palco delle guest stars degne di rispetto, e così si mette a cantare “ The Alliance Of Hellhoundz” insieme a Tom Angelripper , singer dei “colleghi” tedeschi Sodom ed a Oddleif Stensland, cantante della progressive thrahscore band Communic. Viene poi il turno dell’esibizione con tre batteristi, tra cui il precedente batterista della band, Olly. Culmine della serata, oltre ad Olly, Schmier presenta tutti i precedenti membri della band, per avere la storia completa dei Destruction sul palco!!! L’evento, inoltre, è stato trasmesso in diretta sul sito myspace della band, e la registrazione farà ufficialmente parte del prossimo dvd della band, in uscita a fine 2007. Insomma, uno spettacolo carico di sorprese e di emozione, che ha entusiasmato e commosso profondamente tutto il pubblico.

Norther (Marco)
Le ore passano, la sera si avvicina e sul Party Stage, ecco un ennesimo gruppo dalla Finlandia presentarsi al pubblico di Wacken, i Norther, forti di un sound molto vicino ai connazionali Children of Bodom che richiama quindi molta gente alla loro esibizione.
La band è in forma, Petri Lindroos, gia cantante degli Ensiferum, è autore di una buona prova vocale e il resto del gruppo non è da meno, tenendo il palco egregiamente nonostante qualche problema audio. Tra i vari brani proposti sicuramente devo citare “Frozen Angel” dal nuovo album, ed anche “Of Darkness and Light”, la bella “Release” e pure “Black Hearted”.
Ok, sono varie le similitudini con i sopraccitati Children of Bodom , ma chiamare i Norther cloni non mi sembra il caso, anche perché sono indubbiamente meno “tamarri” e la voce ha un qualcosa in più. Concludendo esibizione positiva, per niente noiosa e che mi ha fatto scoprire un nuovo gruppo.

Type O Negative (Stefano)
Se devo essere sincero non sono mai stato un fan sfegatato dei Type O Negative (mi piace molto solo October Rust e qualche canzone qua e là) e dunque mi sono avvicinato parecchio dubbioso al palco degli statunitensi. E devo dire che sono rimasto in parte deluso, poche le vecchie canzoni (una delle quali un medley), troppe interruzioni inutili e delle scenette non proprio divertenti mi fanno propendere per un parere negativo. Non me ne vogliano i lettori, ma lo show che ho visto al Summer Day In Hell nel 2003 è stato di un altro pianeta.

Immortal (Tiziana)
Uno degli eventi più attesi di Wacken è proprio il ritorno sul palco dei leggendari black metallers Immortal, per il quale la folla attende ore in piedi sotto il sole e poi alla fioca luce del tramonto: al momento dell’ingresso sul palco della band, nella sola area concerti sono state attestate circa sessantamila presenze! E così, finalmente, una nube di fumo avvolge ancora una volta il Black Stage, e, nonappena si dissolve, sulle note di “Antartica” appare finalmente il leader della band, il cantante e bassista Abbath. Da qui ha inizio una serata all’insegna del black metal estremo, durante la quale vengono suonati tutti i brani che hanno consacrato gli Immortal a maestri del genere: “Sons Of Northern Darkness”, One By One”, “Tyrants”, “Battles In The North” (durante la quale Abbath impugna il proprio strumento proprio come fosse un’arma), “Solarfall”. L’annuncio di ogni brano è seguito da grida entusiastiche da parte del pubblico, contento di poter risentire pezzi storici suonati perfettamente dal vivo. Per la prima volta in tre giorni, i security devono sudare sette camicie per contenere l’afflusso dei moltissimi body surfers, e si fatica a mantenere la propria posizione in transenna. Non mancano neppure gli effetti speciali: oltre alle fiamme e agli scoppi, Abbath cattura su di sé l’attenzione improvvisandosi malvagio sputafuoco, sembrando veramente un demone, complice anche l’oscurità dovuta al tramonto. Uno spettacolo davvero memorabile, sia per l’esecuzione , che per gli effetti, che per l’ampio consenso del pubblico: nonostante l’ora (appena le nove e un quarto, certo non un orario da headliners), gli Immortal sono senza dubbio tra i gruppi più apprezzati e attesi di tutto il festival.

In Flames (Marco)
Che dire sugli In Flames.. si sono evoluti musicalmente nel tempo arrivando alla loro forma attuale, restando a parer mio una macchina da guerra, come hanno dimostrato anche qui sul True Metal Stage nella sera ormai buia del sabato di Wacken.
Il concerto è stato un successo, migliaia e migliaia di metallari in headbanging e il classico crowd surfing continuo di questo festival e una band veramente sugli scudi. Scaletta abbastanza varia, con predilezione per gli ultimi 4 dischi (quelli che preferisco tra l’altro), ripescata dal passato cito “Graveland”, ma io son rimasto più colpito da brani quali “Come Clarity” dall’omonimo lavoro, oppure le immancabili e bellissime “Pintball Map” e “Only for The Weak” da Clayman che hanno veramente spaccato tutto; aggiungiamo al piatto anche “Cloud Connected”, “Trigger”, un audio buono e abbiamo un bel concertone. Ci saranno i fan che rimpiangono i vecchi In Flames, ma perbacco, in concerto restano una garanzia di devasto e di divertimento. Applausi meritatissimi e tra i migliori di questa edizione.

Cannibal Corpse (Stefano)
Era la band che attendevo di più della serata. La Band di Buffalo si è presentata come un carro armato in corsa impossibile da fermare. Nell’ora a loro disposizione e davanti ad un pubblico ben numeroso e partecipe hanno vomitato sulla platea le loro canzoni più famose e violente. Oltrettutto dopo anni è caduto il divieto per loro per suonare in terra tedesca alcune canzoni (Hammer Smashed Faced su tutte) e il toro chiamato Corpsegrinder l’ha più volte ricordato prima di far partire queste songs. Prestazione superlativa per tutta la band al completo ed una scaletta che ha spaziato in tutta la discografia degli statunitensi per un finale di Wacken con la carne cruda appesa ai nostri stanchi muscoli.

Haggard (Marco)
Gli Haggard suonano come ultimo gruppo del sabato sul Party Stage, per me una delle esibizioni più attese di questo festival. Il poco tempo loro concesso, solo un’ora, obbliga la band ad una setlist breve di soli 8 pezzi, ma comunque efficace e molto bella, seppur con qualche piccolo taglio in alcuni pezzi come quello d’apertura, “All’Inizio E La Morte” e la seguente “Of A Might Divine”. Gli Haggard non si risparmiano in questo concerto e danno del loro meglio per i circa 5000-6000 presenti nell’area davanti al palco, tra cui vari italiani, che Asis non dimentica di incitare e di omaggiare con la bellissima “Eppur Si Muove” dove le parole “Campioni del Mondo” sono entrate nel testo ormai da più di 1 anno. Il pubblico ha anche il piacere di ascoltare un’anteprima dal prossimo album, la canzone intitolata “Prologue”, pezzo molto valido che presenta varie melodie intrecciate fra di loro e l’inconfondibile trademark della band; devo dire che questa canzone, che ho gia sentito dal vivo a Geiselwind, qui ha reso ancora di più, insomma, mi è piaciuta maggiormente qui a Wacken.
Spazio anche ad altri 2 cavalli di battaglia come “Per Aspera Ad Astra” e “The Observer”, nonché ad un buon pezzo strumentale; chiusura con “Awaking The Centuries” e con l’organizzazione che non ha concesso il bis nonostante i richiami del pubblico.
Grande concerto anche se i suoni non sono stati forse all’altezza, nonostante sul palco l’audio era perfetto, verso il pubblico si hanno avute delle lacune, con le percussioni che coprivano a volte gli archi, un po’ come successo per quasi tutti i gruppi su questo palco. Complimenti a tutti i membri del gruppo e alle 2 cantanti (ho un debole per le voci femminili), grazie Haggard e al prossimo concerto con più tempo a disposizione.


Report a cura di Tommaso Bonetti, Tiziana Ferro, C. A., Marco Brambilla e Stefano Pastore

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