Mercoledì 22 agosto
L’edizione 2007 dell’HOLE IN THE SKY, il festival indoor di Bergen (Norvegia) si apre con lo show degli Slavia, band black metal locale formata da membri di Taake, Disiplin ed addirittura uno (il batterista) provieniente dalla nostra madre patria, M.A. Fog, componente dei Black Flame. La presenza scenica è abbastanza “inguardabile” e il look è decisamente ridicolo, il tutto però è molto diverso dal modo di suonare. Infatti gli Slavia hanno uno stile particolare, un Black Metal vario, ricco di parti lente e lunghe, decisamente accattivante. A livello di prestazione, ricordiamo che questo era la prima apparizione live per loro, i musicisti sono parsi molto incisivi, a differenza del cantante che, secondo me, ha una voce inadatta al genere al proposto.
Si passa ad un sound più moderno con gli Helldiver, una neonata band delle terre nordiche. Attivo da inizio 2007 e con un solo demo prodotto il combo norvegese si dimostra immaturo e pagando, forse, anche l’emozione di essere su un palco così importante. La loro proposta ricorda quella degli americani Lamb Of God, risultando tuttavia meno coinvolgente e molto poco adatta all’atmosfera del festival.
Ed ora è il turno dei The Batallion, ancora una volta una band norvegese....e che band!! Il combo fa infiammare la serata e il pubblico con il suo stile anni 80 sulla scia dei titani Celtic Frost e Venom. I The Battalion sono un gruppo molto recente (formatisi nel 2006) con membri di Old Funeral e Grim Fist e vantano, per ora, soltanto un Ep. Da supportare in attesa di un intero studio album.
Col l’avvento on stage dei Manngard, altra band padrona di casa, l’appeal cala decisamente. Il thrash metal proposto è monotono e sa di già sentito: in particolare il cantante che copia, non male, ma in modo pessimo Tom Araya. Una voce fastidiosa e stonata che mi ha costretto a lasciare la sala concerti del Garage anzitempo.
Ritorno nel pit per godermi, finalmente, il concerto degli headliner della prima serata: gli americani Immolation. Anche per loro i suoni sono perfetti e potenti, ma ancor più lo sono i quattro componenti della band: il batterista non sbaglia un colpo nonostante i velocissimi pezzi del loro repertorio, i chitarristi non sono da meno suonando riff taglienti e assoli devastanti e non ultimo il cantante-bassista Ross Dolan, un perfezionista, che lascia di stucco i fan cantando e suonando con una disinvoltura disarmante. I pezzi sono stati pescati dall’intera discografia, da Dawn of Possession fino al recentissimo Shadow in the Light, per uno show che ha messo in mostra il meglio degli Immolation, tra i migliori dell’intera kermesse.
Giovedì 23 Agosto
Anche quest'oggi la serata si apre con un'altro gruppo di casa, i Deathcon, tra le cui fila troviamo il chitarrista Dreggen, già esibitosi nella giornata d’apertura con gli Slavia. La loro è un’ottima prestazione, il blackdeath dell’album “Monotremata” è riproposto in maniera egregia: una band da tenere d’occhio.
Tempo di un rapido cambio palco ed è il turno dei Blood Tsunami, band thrash metal agli esordi proveniente dalla capitale norvegese, che in quel poco tempo a disposizione riesce a dimostrare un'estrema bravura ed aggressività. Da sottolineare la presenza dietro al drum-kit dell’ex-Emperor Faust.
Sono quasi le 22 e finalmente tocca alla band per me più attesa della serata, i magnifici Vreid, sorti sulle ceneri di Valfar e dei suoi Windir. Mantenendo il filo conduttore della manifestazione o Vreid sono l’ennesimo gruppo black metal piuttosto freddo ma allo stesso tempo coinvolgente. Ormai stanno diventando una realtà consolidata e in patria, ancor più che all’estero, si esibiscono in modo encomiabile, risultando tra le migliori band del Festival. Durante il loro show alternano brani dall’ultimo album "I Krieg" ad altri meno recenti, senza dimenticare il loro passato, ricordato con le immancabili cover dei Windir.
Difficile era esibirsi dopo la miglior band di giornata, ma i teutonici Secrets Of The Moon hanno saputo fare del loro meglio. Il loro black metal oscuro e occulto ha annerito l’atmosfera del festival: i quattro tedeschi hanno dimostrato grandi doti tecniche e nonostante il loro genere non sia certo tra i più coinvolgenti, il pubblico ha apprezzato molto il loro show basato principalmente sul recente “Antithesis”, che lo scorso anno aveva ricevuto ottimi riscontri da parte della critica.
Ultimo concerto al Garage, in chiusura della seconda giornata, è quello dei Napalm Death, che nell’arco della loro oltre ventennale carriera hanno realizzato ben 13 studio album passando dall’hardcore dei primi anni ’80 al death-grind attuale. Tuttavia il gruppo inglese ha sempre avuto la sua vera dimensione sulle assi di un palco. Putroppo però io non apprezzo minimamente il loro genere e la loro proposta musicale quindi chiudo il reportage di oggi con un sincero “non-giudicabile”.
Venerdì 24 agosto
Dal terzo giorno i concerti si spostano in un altro in un'altra location, molto più grande: l'USF, un locale molto carino situato sulla riva del mare. Qui l’inizio delle esibizioni è anticipato rispetto alle due giornate d’apertura e nel tardo pomeriggio i primi ad esibirisi sono i Melechesh. Davanti ad un pubblico non ancora numeroso la band nata a Gerusalemme, da sfoggio della sua bravura proponendo il suo originale black-death dalle tinte medio-orientali. I brani tratti dall’ultimo lavoro “Emissaries” risultano i migliori in sede live, ma anche per il resto delle canzoni proposte la resa è stata su ottimi livelli, con il singer Ashmedi apparso decisamente in forma.
Prendendo esempio dalla band che li ha preceduti i britannici Anaal Nathrakh, normalmente poco consoni a suonare dal vivo, si registrano in fretta e regaleranno ai fans norvegesi un concerto rabbioso. Il duo di Birmingham, si avvale in sede live di altri tre musicisti (pauroso il batterista Steve Powell dei Theoktony), visto che Irrumator, si troverebbe in difficoltà a dover suonare insieme tutti gli strumenti utilizzati in studio. La presenza dei session però non inficia il compatto black-grind degli Anaal Nathrakh: nel loro tempo a disposizione propongono canzoni estraendole sia da “The Codex Necro” sia dal più nuovo “Eschaton” con il singer V.I.T.R.I.O.L. apparso veramente indiavolato a dispetto del suo aspetto decisamente pacato.
I Belphegor invece hanno sempre fatto grande affidamento alla loro predisposizione per i live, suonando quante più date possibile, e non a caso, ora, sono uno dei gruppi che, in ambito black-death, offrono maggiori garanzie di qualità quando si va a vederli in concerto: ed anche qui a Bergen non si sono di certo smentiti. Con un Helmuth in grande forma il combo austriaco ha letteralmente “massacrato” i presenti già provati dalle due precedenti esibizioni, andando a inserirsi nella top five dell’intero festival, il tutto nonostante un esiguo tempo a disposizione.
Putroppo mi sono perso il concerto dei deathster svedesi Entombed, ma dai pareri che ho sentito tra coloro che hanno seguito lo show, ho potuto apprendere che lo show è stato di buon livello anche se le canzoni risultano “menomate” dalla mancanza di una seconda chitarra in sede live.
Riesco a riportarmi sotto il palco quando è il turno dei Mayhem. Disprezzando l’ultimo lavoro “Ad Ordo Chao” non mi aspettavo molto da questa esibizione…e così è stato. Si parte male con Attila che si presenta “mummificato” seduto ad un tavolino bevendo un caffè e leggendo il giornale, ma soprattutto ignorando i fans.
Il tutto peggiora con l’ingresso degli altri componenti della band che pare suonino “per contratto”, quasi svogliati, nonostante gli ottimi suoni. Unico a salvarsi il sempre immenso Hellhammer alla batteria.
Per fortuna ci pensa Chuck Billy con i suoi Testament a cancellare il pessimo show della band norvegese. La band americana, in attesa di registrare il nuovo e tanto atteso album, si diverte a girare i palchi dei maggiori festival europei da ormai tre anni senza sosta. E sono tre anni che i loro concerti hanno raggiunto uno standard elevato, salvo qualche, capibile prestazione no, ma qui all’Hole In The Sky, in veste di headliner i Testament non possono permettersi di sbagliare. E così è stato. Potentissimo Nick Barker alla batteria e immenso (in tutti i sensi) Chuck Billy: questo è lo spettacolo dei thrasher californiani che raggiunge l’apice quando il frontman accoglie sul palco una nutrita schiera di fans che canteranno con lui. Un gesto d’umiltà e riconoscenza davvero apprezzabile che chiude la terza giornata di concerti.
Sabato 25 agosto
L'ultima e più attesa serata viene aperta dagli svedesi Nifelheim, band black metal old style, che ricorda i Venom e simili (un genere particolarmente apprezzato nelle fredda Norvegia). La coppia Hellbutcher-Tyrant sa come tenere un palco, e nonostante siano passati ben sette anni dall’uscita dell’ultimo album, Servants of Darkness, il pubblico di Bergen apprezza inneggiando spesso e volentieri il combo scandinavo.
Si torna a in Norvegia con i Bloodthorn, band di cui sinceramente ignoravo l’esistenza prima di trovarmeli qui di fronte, ma che tuttavia grazie all’oramai decennale carriera, è riuscita a meritarsi una buona dose di applausi con uno show adrenalinico.
Puntualissimi, neanche fossimo in Svizzera, alle 20, i Deströyer 666 prendono possesso dello stage dell’USF. La band di origine australiana, ora accasatasi ad Eindhoven, in Olanda, è autrice, anche lei, di una esibizione senza particolari sbavature, nonostante le sporadiche uscite live. Il loro sound abbastanza caratteristico, un thrash-death dalle linee oscure, mi è particolarmente piaciuto ed ora attendo quasi con impazienza il nuovo cd “The Last Stand” previsto per il 2008.
Ora tocca ad un’accoppiata che ha fatto la storia del thrash metal, il primo gruppo sono gli inglesi Sabbat, riunitisi nel 2007 per una serie di date nei festival estivi. Il combo britannico vanta soltanto tre album nella sua discografia, ma la cosa incredibile, ancor più dei “soli” sette anni trascorsi dall’ultimo album per i Nifelheim, sono i 16 anni passati da “Mourning Has Broken”: Andy Sneap e compagni non entrano in uno studio dal 1991! Troppo semplice pensare ad una band sfaldata dal tempo, difatti la forza on stage dei Sabbat è proprio la compattezza e l’affiatamento: un concerto d’altri tempi.
Anche la leggenda tedesca che risponde al nome di Kreator, si “accontenta” di un ruolo di secondo piano quando ci si trova proprio in casa di Abbath. Mille e compagni però dimostrano anche in questa occasione di non essere secondi a nessuno, avvallati pure dall’acustica dell’USF. Rimpiango soltanto l’assenza dalla setlist di una delle mie canzoni preferite “Servant In Heaven King In Hell” e la voce di Mille che sta, purtroppo, peggiorando con gli anni, il singer tedesco arriva puntualmente in affanno a fine concerto.
Finalmente, dopo giorni di lunga attesa per tutti, in un locale già strapieno già prima dell’inizio dello show si odono le prime, classiche note, che segnano il ritorno a casa dei leggendari Immortal! Come di consueto il primo a fare il suo ingresso è il gigante Horg seguito da Abbath e Apollyon: basta questo per far letteralmente esplodere i fans. Il loro show si basa sui grandi classici presi da tutti gli album: per citarne alcuni Tyrants, Battles In The North e Wrath From Above, tutto reso ancor migliore dai suoni perfetti ma dalla loro impeccabile riproposizione. Il pubblico perennemente in estasi viene coinvolto in ogni momento dal frontman Abbath, che con il suo immenso carisma anima ancora di più la serata fino all’apice raggiunto trasformandosi in sputafuoco. L’unica pecca, se vogliamo, è l’aver abbandonato il palco senza nemmeno un saluto ne un ringraziamento.
Resta solamente da tessere le lodi all’organizzazione perfetta e puntualissima, senza dimenticare l’altissima qualità dei concerti e delle band esibitesi nell’arco di questi quattro giorni di festival. Chissà cosa ci riserverà la prossima edizione…
Report a cura di Fabio "Morbid"
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.