La nostra ultima immancabile tappa pagana di quest’anno si svolge a Oberhausen, sul fronte occidentale tedesco ai confini dell’Olanda. La città offre numerosi palazzi, stadi, teatri e fabbriche in disuso ad attività musicali ed artistiche in generale. Ed è uno di questi stabilimenti ad ospitare 3000 metalheads armati di corno ed assetati di idromele. La location dispone di un ampio parcheggio interno (che da alcuni viene sfruttato per piantare la tenda), ed all’ingresso ci troviamo di fronte ad un’organizzata biglietteria in stile check-in aeroportuale, che riesce in fretta a smaltire la lunga coda esterna. Sempre alla cassa si acquistavano ticket per procacciare beveraggi nei vari banchi sparsi un po’ dappertutto. Il primo locale è riservato al merchandise, dove gli stand propongono articoli in cuoio, martelli di Thor, borse di pelle e naturalmente corni di ogni tipo e dimensione, via via lasciando posto a classiche bancarelle straboccanti di cd, vinili e magliette, ed agli stand ufficiali di alcune delle band in programma. Il secondo locale è invece riservato a cibo, guardaroba e bagni, ben isolato acusticamente e ben organizzato con tavolini e sgabelli dove trovare un attimo di riposo dopo ore ed ore passate in transenna. Altra nota di merito va ai bagni, rimasti in condizioni quasi perfette per tutta la durata del festival.
Si passa poi all’area concerti: spazi al meglio sfruttati per contenere il più gente possibile, qualche piccolo spalto sopraelevato, palco grande ed alto in giusta misura, ottimo impianto luci e suoni, transenne disposte a V, sia per garantire largo passaggio a fotografi e staff, che per assicurare buona visuale da ogni parte del locale.
È quindi con queste ottime premesse che a mezzogiorno in punto cominciamo l’ascolto dei bavaresi Wolfchant.
Purtroppo questa prima band è un po’ una delusione: il nuovo album “A Pagan Storm” manca completamente di originalità, ed abbinato ad una scarsa presenza scenica ed alla bassa posizione in scaletta, non riscuote assolutamente successo tra il pubblico, che dopo le prime canzoni torna a curiosare nell’area merchandise.
Da notare l’efficienza e la laboriosità dello staff e dei componenti di ogni gruppo, che hanno provveduto a riassestare il palco tra una band e l’altra in tempi davvero brevissimi e con grande precisione.
Salgono quindi sul palco i Minas Morgul, ed il livello qualitativo inizia ad aumentare. Il nuovo frontman della band, Rico, dimostra di saperci fare, sia scenicamente che a livello vocale, ed anche se la scenografia è molto esigua (due fiaccole ai lati del palco) la band riesce ad occupare in pieno i 45 minuti a loro concessi. Ed il pubblico dimostra di apprezzare.
Gli irlandesi Waylander sono il primo gruppo fuori patria ad esibirsi, ed infatti il numero di persone in transenna aumenta copiosamente. L’apertura con un brano tratto dal film Braveheart fa letteralmente esultare il pubblico.
Primo face paint della giornata, con linee di guerra blu per marcare lo spirito combattivo della band, offrono anche il primo assaggio di strumenti folkloristici, in questo caso una buona scelta tra pifferi e flauti. Particolarmente coinvolgente l’esecuzione di “Born to the Fight” che scatena immediatamente ampi giri di salterello tra la maggior parte del pubblico.
Nei 15 minuti di pausa notiamo un cambio nel bill del festival: niente più Equilibrium tra gli headliner, e devo ammettere che essendo curiosa di sentire qualche anticipazione sul nuovo album in uscita la cosa lascia un po’ di rammarico. Al loro posto (anche se in diversa posizione in scaletta) alle 15.15 arrivano sul palco gli olandesi Thronar.
La band si presenta bene, omogenea ed interessante anche se il genere proposto non è dei più originali. Propongono diversi brani dall’album “For Death and Glory” come “The Hunt for Vengeance” e chiudono con “Crimnom Valora”. Ottima presenza scenica del singer Reamon Bloem, riscuotono un discreto successo anche se, verso la fine dell’esibizione, si nota che la gente è notevolmente diminuita.
Ed arriva finalmente il primo grande nome della giornata, gli Heidevolk. Chi li ha già visti dal vivo sa cosa ci si può aspettare da questa band: ottima presenza scenica, ottima musica e tanto tanto divertimento.
E dopo l’uscita del nuovo mini-cd “Woodan Heerst” un nuovo tour-member si aggiunge, la violinista Stefanie Speervrouw.
La sala si riempie ed i corni s’innalzano, il rumore di spada contro gli scudi dei due front man apre lo show.
Da “Krijgsvolk” a “Hengist En Horsa”, passando dalla mitica “Het Bier Zal Weer Vloeien” (in versione mini) ci conducono verso le vaste lande della mitologia nordica ripercorrendo quasi interamente l’album “De Strijdlust Is Geboren”, affidando invece la chiusura al più divertente dei loro brani: “Vulgaris Magistralis”.
Dal pulito al growl, dall’heavy all’epic, gli Heidevolk spaziano e uniscono il tutto in un mix che rasenta la perfezione. Davvero bravi.
Totale cambiamento di genere (e di pubblico) per i tedeschi Helrunar.
Proposta un po’ fuori dal target della giornata, seppur le loro tematiche sono miratamente pagan la musica è puro black metal. Lo spettacolo presenta il nuovo album “Baldr ok Iss’” ma regredisce anche ai lavori precedenti. Sul palco appaiono statici, e il pubblico non dimostra grande coinvolgimento, seppur fossero in buon numero. E dopo 20 minuti di ascolto ci perdonerete ma abbiamo deciso di sfruttare l’occasione per rifocillarci al banchetto delle pizze.
Sempre in perfetto orario, salgono sul palco iSuidakra. Tra le band non in veste di headliner sono i più acclamati, molto probabilmente per la vicinanza della loro città natia (Düsseldorf).
Sono un gruppo che ogni volta mi stupisce: zero scenografia, presenza scenica quasi nulla e voce pulita molto scontata, eppure riescono sempre a trascinarti e a coinvolgerti. Al centro dell’esibizione c’è ovviamente il loro ultimo pargolo “Caledonia” dal quale traggono la maggior parte dei brani. Speciale presenza di un turnista alla cornamusa, grazie al quale si rende possibile una perfetta esecuzione di “The IXth Legion”. Sempre da “Caledonia” ci vengono proposte “Highland Hills” e “A Blackened Shield”, ed anche i loro 45 minuti si concludono.
Altra band di punta della giornata, gli Eluveitie continuano la loro ascesa.
Ogni loro concerto è un puro concentrato di divertimento: allegri come al solito, ripropongono la classica scaletta quasi sempre usata, e riscuotono il solito successo. In più all’inizio dello show buttano una tanica piena di idromele al pubblico, che gradisce non poco, anzi…:)
I due gemellini sono in forma anche più della norma, il pubblico li acclama e conosce ormai quasi ogni pezzo a memoria. La set-list ripercorre sia “Spirit” che qualche canzone dal demo, passando dalle ormai tipiche “Of Fire, Wind & Wisdom”, “Your Gaulish War” e “Song of life”.
Dopo questo ennesimo show gli elveti si riconfermano come una di quelle band che vale davvero la pena di vedere ogni volta se ne presenti la possibilità.
Il pubblico stremato non abbandona però la postazione, anzi cerca di avvicinarsi sempre più alle prime file in previsione degli Skyforger.
Ma i lituani riescono comunque a sorprendere tutti, non presentandosi ma anzi, cominciando senza che nessuno se ne accorgesse. Seppur da cd non mi avessero mai particolarmente coinvolto, mi sono dovuta ricredere. Perché Peter dal vivo canta meglio che in studio, perché vedere Kaspars destreggiarsi tra mille strumenti a fiato (e non) è davvero uno spettacolo, tutto questo con umiltà, senza atteggiarsi da grande band. Padroni anche di una tecnica invidiabile e di cinque album all’attivo, divertono ma al tempo stesso interessano. Portano a termine i sessanta minuti a loro concessi rivelandosi a mio parere il miglior spettacolo della giornata.
È giunto infine il momento che la maggior parte del pubblico aspettava: salgono sul palco i Moonsorrow.
L’act finnico, che avrebbe di diritto meritato il posto di headliner, si presenta in forma e carico come sempre.
Non si tratta certamente di una band nata per il live, i pezzi sono lenti e prolissi, più adatti ad un ascolto attento a casa propria piuttosto che in sede di concerto. Tuttavia gli anni e l’esperienza hanno permesso al gruppo di appropriarsi di qualche trucco del mestiere per mantenere catalizzata l’attenzione del pubblico.
Come sempre spetta all’esagitato Mitja Harvilahti il compito di incitare i presenti che nel frattempo ormai hanno occupato ogni singolo centimetro dell’area concerto mentre il simpatico Janne Perttilä ormai si è ben adattato al posto di sostituto permanente del buon vecchio Henri Sorvali.
Ville come sempre lancia i suoi sofferti scream agghiaccianti riscuotendo le meritate ovazioni da parte dei presenti.
Nessun disco in promozione al momento, il tour per Hävitetty si è oramai concluso da diversi mesi, fa si che la scaletta possa essere più varia riprendendo anche brani da vecchi album come “Ukkosenjumalan poika” o “Unohduksen lapsi” e affidando la chiusura ad un’apprezzatissima “Sankaritarina”.
Al termine del loro spettacolo una buona fetta di pubblico decide che è il momento di andarsene a casa. Così a vedere i Korpiklaani resta comunque un buon numero di persone, ma la sala non è più piena fino all’orlo, complice anche la tarda ora (mezzanotte passata). I finnici optano poi per la sostituzione della batteria usata da tutti gli altri gruppi con la loro personale, e questo fa slittare l’inizio dello show a mezzanotte e un quarto, come primo ritardo della giornata.
E come se non bastasse, l’apertura con “Journey Man” viene bruscamente interrotta dopo le prime note per grossi problemi all’audio delle chitarre. Ma non è un problema per Jonne, che sfoggia il suo bel sorriso e fa ricominciare lo spettacolo. Forse noi che li avevamo già visti la settimana prima a Milano non ci siamo esaltati più di tanto, ma certo i tedeschi non aspettavano altro. E infatti si scatenano, ricomincia il body surf e si ricreano i gruppi di salterello, l’idromele ricomincia a scorrere e l’indice di divertimento sale a dismisura. Le canzoni dell’ultimo disco non coinvolgono come le prime, ma comunque 70 minuti sono piuttosto vasti e infatti i nostri spaziano un po’ tra tutti gli album, riproponendo anche brani dai primissimi.
Spalla (o palla al piede?) del loro tour, susseguono i Kivimetsän Druidi, che come a Milano, si arrampicano sugli specchi per cercare in qualche modo di riempire l’ora a loro concessa, proponendo praticamente tutto il loro repertorio. La rossa singer apatica sembra anche parecchio stanca, e la sua performance ne risente ancora di più. Voce molto bella e ultra impostata, ma zero presenza. Sta al chitarrista – singer tirare un po’ su il morale alla poca gente rimasta, anche se, a dire il vero, con poco successo.
Poco prima del finale abbandoniamo la sala, soddisfatti da questa magnifica giornata passata all’insegna del metallo pagano e del buon idromele.
Aspettiamo con impazienza le conferme per il per il prossimo anno.
Foto:
.: Wolfchant
.: Waylander
.: Thronar
.: Suidakra
.: Moonsorrow
.: Minas Morgul
.: Korpiklaani
.: Helrunar
.: Heidevolk
.: Eluveitie
.: Skyforger
Report a cura di Nana
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