I Dillinger Escape Plan sbarcano in Italia lasciando un segno indelebile nella memoria di chi può testimoniare l’immensa furia distruttiva della band. Ma andiamo con ordine. Ogni cosa a suo tempo.
Purtroppo non ho potuto assistere all’esibizione dei romagnoli Figure Of Six ma, avendoli visti in azione svariate volte in passato, posso affermare con cognizione di causa che sono davvero una grande band, dal sound potente e originale. Il loro è metal moderno in continua evoluzione, suonato con perizia, grinta e grande dedizione.
Gli Stolen Babies si presentano agghindati come i personaggi di un oscuro e decadente spettacolo teatrale e offrono uno show grottesco e al limite della follia. La loro musica è un mix schizofrenico di punk, dark, metal, industrial e folk, che prevede anche l’utilizzo della fisarmonica, strumento piuttosto inusuale per una band rock ma che riesce a dare al sound della band un tocco del tutto originale. La loro è stata davvero una bella esibizione.
Con i Poison The Well si cambia completamente registro e si passa ad un furioso e violento hardcore che infiamma gli animi dei presenti e mette a dura prova i membri della security, i quali, fino alla conclusione della serata, dovranno fare i conti con un pubblico piuttosto scatenato e irrequieto. Ma si sa, pogo e stage diving sono gli ingredienti fondamentali di ogni concerto hardcore che si rispetti.
Se è vero che ciò che conta in un concerto hardcore è l’impatto emotivo a scapito della qualità dell’esecuzione che spesso ha un ruolo meno rilevante, i Dillinger Escare Plan sono l’eccezione che conferma la regola: questi cinque musicisti scatenati riescono a coniugare perfettamente un impatto live fuori dal comune con una tecnica esecutiva invidiabile.
Partono le prime note e il cantante si getta sul pubblico seguito a ruota dal chitarrista che si perde in mezzo alla folla e viene recuperato dalla security. Da questo momento è il delirio: cori, salti, applausi e un groviglio di corpi uno sopra all’altro, come se non ci fossero più distinzioni, come se la band e il pubblico si fossero uniti in una sola entità per celebrare un rito comune.
Non resta che attendere di vedere la band in azione al Gods of Metal, anche se il concerto di questa sera ha dimostrato che il loro ambiente naturale è quello dei piccoli clubs, dove si può instaurare con il pubblico quel contatto diretto che un festival non consente.
Report a cura di Antonio Giangrasso
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