Cinque anni di Ragnarök festival equivalgono a cinque anni di pagan metal.
Sulle assi del palco dello Stadthalle di Lichtenfels sono passate tante tante band, alcune importanti per la scena altre che forse un giorno lo saranno.
Qualche piccola novità in più troviamo quest'anno nell'area festival, rigorosamente recintata, per aumentare la capienza all'interno del palazzetto gli stand del merchandise sono stati spostati all'esterno in un tendone che fa molto mini-metal-markt di Wacken.
Andiamo quindi per gradi e cominciamo la lunga cronaca delle due giornate.
Vista la davvero troppo pesante scaletta non siamo riusciti a seguire proprio tutte le band ma seguire l'intero festival dalla mattina fino a tarda notte per due giorni consecutivi diventava davvero improponibile per noi che iniziamo a non avere proprio più ehm... vent'anni.
Svartost
Ravenenes Saga è il debutto discografico della band danese sotto Napalm Records, era tanta l'attesa per un'esibizione live.
La domanda era di rito, riuscirà il vocalist Claus B. Gnudtzmann a cantare come su disco?
Ebbene si, quell'aspirato gutturale tipico del genere brutal tiene botta anche on stage, incredibile con quale maestria la band si muove sul palco, tra asce scudi e una buona dose di folk che tanto piace al pubblico tedesco.
Così in una breve mezzora, tutti i dubbi vengono fugati, gli Svartsot sono un gruppone con le carte in regola per farsi valere sia su disco che in sede live.
Da rivedere!
Norther
viene poi il momento dei finlandesi Norther, una band che personalmente definisco come i "Children of Bodom Ensiferumizzati", passatemi il termine, ma la band sia dal vivo che su album proprio si addice a questa mia classificazione.
Sarà sicuramente complice la presenza di Petri Lindroos, frontman anche degli Ensiferum, ma comunque musicalmente è questo il rimando, una mera copia dei COB periodo Follow the Reaper / Hate Crew Deathroll.
Il quintetto offre una prova molto tecnica ma molto asettica che vede il punto più basso nella prolissicità dei passaggi di chitarra/tastiera.
Un pò fuori luogo in un festival di questo tipo non attirano a sé troppo pubblico e nemmeno troppi consensi. Sarebbe stato decisamente più indicato ingaggiare direttamente gli Ensiferum. Magari sarà per il prossimo anno.
Agalloch
Quando si parla di disorganizzazione, stai bello tranquillo con la tua macchina fotografica ad aspettare di fare lo foto ai norvegesi Sworn (per la cronaca la set list era appena stata rivista da non più un paio d'ore) e ti vedi comparire il facciono bello pulito e preciso di John Haughm degli Agalloch. E qui i conti non tornano, anche il pubblico resta frastornato e mentre c'è chi, deluso va a bere, molti, tanti che non si aspettavano di vedere subito il quartetto americano, corrono a ridosso del palco per non perdersi lo show già iniziato.
Forti di un nuovo Ep ("The White EP") i ragazzi dell'Oregon inondano la sala dello Stadthalle con le loro melodie cupe e drammatiche, un pò troppo per le orecchie del sottoscritto. Ma lo show è davvero ottimo, una buona resa live non c'è che dire anche se alla lunga scatta l'effetto "Moonsorrow" e le canzoni diventano sempre più pesanti. Band che trova il suo habitat naturale su disco ma che si difende bene anche on stage.
Skyforger
Quando viene il momento degli Skyforger l'area concerto è quasi al suo culmine, si parla di 5000 presenze ed effettivamente è il primo gruppo della giornata ad avere tutto questo seguito.
L'act lituano, ormai una garanzia, si rivela nuovamente per quell'ottima band che ormai conosciamo, anche se in Italia non abbiamo ancora avuto la fortuna di vederli. Siamo ancora in attesa del successore dell'ormai datato, ma sempreverde, Latvian Rifleman, che viene riproposto quasi per intero alternado brani ancor più datati a nuovi pezzi folk.
Grandi Skyforger, vi aspettiamo!
Sworn
Eccoli finalmente i tanto attesi Sworn, con il loro panda face, una buona dose di cattiveria ed un buon disco da promuovere.
Si sono portati pure le fiammelle da casa ed offrono una prova non eccessivamente lunga, ma condita con una buona dose di cattiveria.
Il pagan black dell'act norvegese richiama in diverse occasioni quanto iniziato dai connazionali Windir.
Una buona prova che convince e coinvolge il pubblico, cosa alquanto difficile quando si parla di black metal norvegese.
Turisas
La grande attesa della serata, i Turisas si rivela il vero flop giornaliero. Come sempre il "tanto fumo ma niente arrosto metal" dei finlandesi fa le sue vittime. A parte un finale con una heart of Turisas, clamorosamente sbagliata dal cantante, vengono proposte solo squallide interpretazioni dell'ultimo album The Varangian Way. Si risollevano gli animi, pieni di alcool, sulle note di "Rasputin"... ma niente di più.
Prova fiacca e deludente per una band che era partita bene, su disco, ma che dal vivo non ha mai del tutto convinto.
Primordial
Ci pensano Alan Averill Nemtheanga e compagni a cancellare il ricordo della pessima esibizione dei Turisas.
Il quintetto irlandese è in forma smagliante, la performance del frontman rasenta la perfezione, il suo modo di "recitare la canzone" è davvero formidabile e calamita verso di sé tutti i presenti. Le ovazioni, meritate, non si sprecano di certo, soprattutto quando parte il terzetto "Empire Falls", "Gallows Hymn" e "As Rome Burns".
Atmosfere che vanno dal doom all'epic senza però dimenticare la radice black metal insita nella band. Ottimo lavoro davvero per un'esibizione che sarà tra le migliori di tutto il festival.
Tra ritardi e cambi di set list si conclude a questo punto il nostro primo giorno.
Report a cura di Paolo Manzi
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