Trollfest
Questa volta in ritardo arriviamo noi, le primissime band non ci interessavano, ma i Trollfest non ce li perdiamo comunque. Due date dal vivo, contando questa, e possiamo dire, noi c'eravamo!
A differenza dello show del Barther della scorsa estate i nostri sembrano più carichi e meno emozionati. Dalla loro quasi l'intero pubblico del festival, cosa anomala visto l'orario di esibizione. Eppure la band norvegese viene supportata all'inverosimile dai presenti.
Lo show in se scorre senza intoppi tra il divertimento di pubblico e band.
Ottima prova!
Battlelore
I battlelore sono in 7, con 2 vocalist maschio e femmina come ormai da tradizione gothic. Se dal punto di vista musicale non offrono un granché sul piano visivo è tutta un'altra storia.
A partire dai costumi, un mix tra fantasy e medioevo, i due cantanti si muovono bene sul palco, in modo particolare Tomi Mykkänen mentre la bella Kaisa Jouki ammalia le prime file con il suo sguardo fatato.
Girano spade e scudi sul palco, tra le note dell'ultilma fatica "Evernight" ormai risalente al 2007.
Non troppo seguiti dalla massa dei presenti, possono comunque vantare un buon numero di fedelissimi sostenitore più i soliti curiosi.
Hellrunar
Gli Hellrunar sono una delle band più conosciute ormai nel panorama pagan black, ottimi musicisti, che secondo me interagiscono poco col pubblico ma fanno comunque un buon lavoro.
Meglio su disco che on stage a mio avviso.
Menhir
Le vere star del festival i Menhir che sebbene di casa suonano con il contagoccie. Iniziano con qualche minuto di anticipo, tassativamente l'organizzazione vuole evitare i ritardi della giornata precednete.
Tutta questa fretta però comporta due interruzioni per motivi tecnici alla chitarra del frontman Heiko.
Ottima la prova di tutti i membri del gruppo, sia il già plurirodato duo Gerull Fitz, che per quanto riguarda i nuovi membri.
Ottime le prove sul nuovo capolavoro Hildebranslied, resta solo un minimo rammarico per la mancata "Ziuwari".
Sarà per la prossima, grande prova, dei Menhir.
Haggard
Si perde un pò di tempo per preparare il palco agli Haggard, ma farli stare tutti sul palco equivale ad una partita a tetris quindi non ci si può lamentare.
La loro proposta non è decisamente quanto di più a tema qui al Ragnarök ma i tedeschi sono decisamente più "open mind" di noi italiani e supportano indiscrimiatamente chiunque faccia metal ed in qualunque contesto. Forse questa lezione dovremmo importarla anche nella nostra penisola.
Così quindi anche la musica classica, rivista in chiave heavy, trova il suo spazio ed i suoi sostenitori.
Buona prova, buon concerto, e quindi buon risultato.
Unleashed
Poi si torna a fare metal, viking death metal per essere più precisi, con gli svedesi Unleashed che proprio non ne vogliono sapere di mandare in pensione l'ultimo ormai un pò datato Midvinterblot.
La potenza della band fa presa su tutti, scatena un violento pogo, ricarica di adrenalina i presenti e martella incessantemente per l'ora a disposizione.
Passano così gli ultimi e recenti brani altrenati a pezzi storici come "Never eneding hate", "Into glory ride" o "Death metal victory".
Up the horns per Johnny Hedlund e compagni.
Vreid
La sfiga vuole sempre una sua vittima, quest'anno ha puntato i malcapitati Vreid.
L'act norvegese trasforma il palco in una trincea, a tema con l'ultimo fantastico "I Krig". Come i connazionali Sworn del giorno precedente, si attrezza con fiamme e dulcis in fundo un proiettore che dovrebbe, ripeto dovrebbe, trasmettere immagini sempre a tema con la seconda guerra mondiale in Norvegia.
Cosa non va dunque, con queste premesse? A parte l'impegno e l'energia della band tutto. I suoni partono male con i primi brani per finire peggio, Svart ad esempio non si sente per nulla. Il bel proiettore non riesce ad essere centrato rispetto al palco, qui l'incompetenza del tecnico ci mette del suo innegabilmente, soprattutto quando probabilmente sbaglia tasto ed invece dei carriarmati nazisti che avanzano inesorabilmente vediamo un cumulo di nubi che si avvicinano alla baviera con il commento del metereologo di turno.
Peccato per la band che, ripeto, si è data da fare come e più del solito offrendo almeno visivamente una prova degna del nome che porta!
Sarà per la prossima volta!
Si conclude così questo nostro Ragnarök V, il terzo che Holy Metal segue direttamente.
Salutiamo quindi Lichtenfels, il suo Stadthalle, i suoi colli e le verdi foreste e rimandiamo tutto al prossimo anno!
Report a cura di Paolo Manzi
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