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Fiesta Pagana - 6/7/2008 - Eselswiese - Schmerikon (Ch)

Prima edizione del Fiesta Pagana, festival Open Air completamente dedicato alla scena viking pagan, scena, questa, sempre più in voga negli ultimi anni. In quel di Schmerikon, nella vicina Svizzera, con il lago di Zurigo e le montagne circostanti a fare da cornice si daranno battaglia tredici band a partire dalla tarda mattinata fino a notte fonda.
E' un'area festival dotata di tutto quella che ci si presenta al nostro arrivo, ci sono stand e bancarelle per il merchandise, chioschi per mangiare che servono cibo di qualità ben superiore alla media di molti festival europei. Non mancano aree coperte allestite con panche e tavoli per rifocillarsi in tutta comodità. Ma la vera "chicca" è sicuramente il "Drakkar-Bar", una nave vichinga con la chiglia dalla classica forma di drago posizionata in mezzo all'area festival. Da qui vengono serviti tutti i tipi di alcolici, e gli scudi, un tempo utilizzati per la guerra fungono da poggia bicchieri. I più romantici lo vedranno come un sacrilegio, ma tuttavia non si può negare l'originalità dell'idea tutta svizzera. Visto il tempo incerto l'organizzazione ha saggiamente provveduto a cospargere di truciolato di legno tutti 3000 mq dell'area festival, e grazie a questa mossa, si è evitato di sguazzare nel fango per tutto il giorno.
Veniamo ai concerti che si sono svolti su due palchi differenti, uno al coperto ed uno all'esterno su di un palco di medie dimensioni.
Ottimi suoni ottime luci ed ovviamente non è mancata la proverbiale puntualità svizzera che ha fatto rispettare al centesimo di secondo il programma.

In apertura troviamo gli Alestorm con il loro scottish pirate metal, il sound è una sorta di incrocio tra l'heavy metal classico dei Running Wild e il viking folk degli Ensiferum.
Il quartetto sale sul palco con tanta voglia di fare casino, e, probabilmente, anche tanto alcool in corpo.
Qualche piccola imprecisione nell'esibizione viene rimpiazzata da tanta simpatia ed autoironia. Il chitarrista in particolare inciterà il pubblico fino alla fine quando scenderà dal palco e farà toccare le corde del proprio strumento ai ragazzi della prima fila... in chiusura, da vera tradizione scozzese alzerà pure il kilt per mostrare i gioielli di famiglia.
Non si fa nemmeno in tempo a finire di applaudire che sul palco coperto inizia l'esibizione dell'unica band chiamata a rappresentare l'Italia.
I bergamaschi Folk Stone ovvero quanto di più medieval folk la nostra penisola possa offrire! Il tendone si riempie al suono delle cornamuse e la festa ha inizio! Sebbene solamente secondi in scaletta i nostri hanno a disposizione 40 minuti per il loro show e la band ne approfitta per riproporre quasi tutti i brani dell'ottimo omonimo debut album.
Se da disco la band si dimostra ottima e capace, in sede live ne si ha la conferma definitiva.
Probabilmente è dal vivo che gli otto bardi musici ritrovano il proprio habitat naturale ed il risultato è un'esibizione precisa e perfetta sul piano esecutivo ma tuttavia calda e coinvolgente.
Anche i titubanti svizzeri, non certo famosi in quanto a calore dopo poco si lasceranno andare sulle note del cavallo di battaglia, l'omonima "Folk Stone".
Così tra un brindisi, suoni di arpa, cornamuse e bombarde, il concerto si trasforma in una vera e propria festa, forse troppo breve, ma date tempo al tempo e presto i Folk Stone troveranno il posto che gli spetta nei bill, più in alto delle loro amate Orobie!
Vengono invece dalla Francia gli Heol Telwen, una buona band senza dubbio. Tutta via il loro show, complice forse un sound troppo tecnico per il genere proposto, fatica a decollare, ma prima della fine strapperà comunque diversi consensi. Non mancano comunque buoni passaggi folk con flauti e bombarde, con cui anche il cantente/chitarrista si cimenta dimostrando una naturale versatilità, cosa questa non da tutti.
Gruppi come questi si apprezzano in sede live previo ascolto preventivo dei vari studio albums ed ammetto che questa volta sono stato colto impreparato. Mi auto rimando a settembre.
Tocca poi ai madrileni Hordak e con loro si ritorna sullo stage coperto con un sound estremo cupo, poco azzeccato se raffrontato allo spirito del festival. Strumenti folk c'erano, o meglio c'era, ma come ho già detto in altre occasioni: "non sempre bastano una cornamusa e qualche 'piffero' per fare una band folk metal."
Dopo questa esibizione di scarso rilievo tocca agli Inishmore che prendono il nome dalla più grande delle isole Aran, situate a pochi km dalla costa occidentale irlandese. Tuttavia la band in questione è al 100% svizzera, anche se il moniker rispecchia quello che è l'orientamento musicale del sestetto: folk metal con forti richiami Irish.
Buoni gli innesti di tastiera e la sezione ritmica, non sempre al top invece la performance canora ma forse il frontman, che molto somiglia al Paul Di'Anno di una decina d'anni fa, forse ha voluto risparmiare energue per dare maggior rilievo a quella che poi si è rivelata un'ottima esecuzione di flauto.
E' poi il turno di una vecchia conoscenza, i danesi Svartsot, per l'ennesima volta si rivelano essere un'autentica macchina da guerra, massicci, cattivi e mostruosamente bravi.
E' il singer Claus il perno di tutto, appoggiato alla sua pesante ascia da guerra con quella voce di stampo brutal sembra un lanciare veri e proprio gridi di battaglia. Il resto della band accompagna e sostiene il proprio leader con abile maestria proponendo i brani dell'ottimo debutto "Ravnenes Saga".
Ottimo lavoro da parte dei danesi che lasciano spazio ad un'altra band di casa da queste parti, gli Excelsis.
Questi giovani musici sono una sorta di Rhapsody in chiave folk, troppo power per potersi definire folk, troppo folk per essere definiti power e così la band ha autoconiato una nuova definizione, fin troppo ovvia viste le premesse: "Helvetic Folk Power Metal".
Lo show di per sé è divertente, scorre senza intoppi, il sestetto è ormai attivo da oltre 10 anni ed ha alle spalle diversi studio album e parecchie esperienze live. Il pubblico locale sostiene la band che offre uno spettacolo coinvolgente anche se dai toni spesso forzatamente contenuti.
Puro folk, condito da ben poco metal, sto parlando degli Odroerir, seconda band del buon Fix già co-fondatore dei Menhir. Quest'oggi il gruppo parte un pò sottotono ma ci mette davvero poco a rimettersi sui giusti binari eccezion fatta per la voce femminile, Natalie, probabilmente non in giornata.
Sono in gran forma invece le ugole del buon Fix e del primo cantante Stickel, che rievocano arcane battaglie e antichi miti partendo dai testi cantati, fino agli abiti di scena.
Torniamo con un a band svizzera sul main stage, questa volta si va davvero sul pensante con il viking death dei Cruszt, un gruppo che molto si rifà ai colossi Amon Amarth, il frontman non ha una folta barba come il suo collega svedese ma ha comunque una presenza importante e dalla sua ci sono anche ottime movenze. Tiene bene il palco questo simpatico colosso ed ottiene ottimi riscontri dal pubblico.
La prestazione dei musici è buona ed i ritmi sostenuti danno una scossa a chi si stava assopendo. Da qui in avanti tutti i gruppi si esibiranno sul main stage, mentre nel palco protetto verrà proiettata la partita di calcio Svizzera - Repubbica Ceca.
Intanto i Menhir si preparano a calcare le assi del Fiesta Pagana. Si tratta di una band "storica" nel genere, una delle prime che sin dai primi album si è professata pagan metal band. Il nuovo "Hildebranslied" segue di sei anni il precedente epocale "Ziuwari" e le esibizioni live si contano sulle dita di una mano e forse qualche dito avanza.
Forse grazie proprio a questo alone di mistero, unito ad un sound unico e, grazie ad un singer carismatico, la band può vantare un buon seguito in tutto il vecchio continente.
Quest'oggi poi ai sei turingi tocca l'arduo compito di esibirsi con un batterista del tutto nuovo, in formazione da una settimana e per questo, scanso equivoci, il frontman Heiko mette le mani avanti specificando che il nuovo drummer ha avuto poco tempo per provare i pezzi. Tuttavia saranno davvero irrilevanti le imprecisioni e lo show scorrerà più o meno liscio fino in fondo.
Come sempre le note positive vanno ad Heiko ed alla sua perfetta performance vocale, soprattutto sulle parti pulite, dove sembra migliorare di giorno in giorno.
Eccezionale l'esecuzione di “Walhalla”, resta ancora una volta il rammarico per l'estromissione di "Ziuwari" dalla scaletta.
Sempre teutonici ma provenienti dalla nord Westfalia, sono i Black Messiah, non offrono un sound particolarmente ricercato. Le tinte cupe di tastiera spesso dominano la scena mentre i chitarristi si occupano prettamente di suonare il loro strumento trascurando completamente ciò che gli accade intorno. Tutto questo in pieno stile black metal, genere da cui la band proviene e non si dimentica di ricordarlo.
Lo show quindi fila liscio senza intoppi e senza particolari picchi, i tedeschi svolgono il loro compito da bravi scolaretti riservano un finale, che visto lo stampo della band si potrebbe definire goliardico, proponendo la cover della canzone popolare russa “Moskwa”.
E’ poi ora dei padroni di casa Eluveitie, nel frattempo la pioggia che fino a quel momento ci aveva risparmiato ricomincia a cadere. I fratelli/gemelli Kirder hanno da poco annunciato l'intenzione di lasciare la band ed è questa una delle ultime opportunità di vedere quindi gli elvetici nella formazione che li ha consacrati al mondo metal.
Contro ogni aspettativa sono proprio i due fratelli ad avere la maggior resa on stage, cercano in tutti i modi di coinvolgere i fans, si cimentano in acrobazie ed improvvisano simpatici siparietti. Il resto della band rimane apatica limitata a suonare i proprio strumenti, come spossati, probabilmente dai lunghi tour degli scorsi mesi. E' Chrigel, il cantante, quello che ne risente maggiormente, la voce non c'è già dalle prime note e più lo show entra nel vivo più la performance vocale peggiora.
Nonostante tutto resta una buona prova grazie soprattutto agli sforzi dagli ormai quasi Ex membri. A sorpresa non sarà più “Uis Elveti” la canzone di chiusura, ma a questa seguiranno ancora brani estratti dal nuovo “Slania”.
A questo punto avrebbe dovuto esserci il tanto atteso, almeno dal sottoscritto, show dei Mago de Oz ma visto la cancellazione dello show si passa all'ultima esibizione della giornata con i Finntroll.
Anche senza l’imponente figura del vecchio frontman Wilska a cui è succeduto il pur sempre valido, ma a cui manca la stazza, Vreth le esibizioni perdono un po’ sotto l’aspetto visivo.
Ci pensano comunque chitarristi ed il bassista a compensare questa mancanza, in particolar modo Routa che, oltre ad essere un indubbio buon musicista, ha dalla sua l'aspetto da vero troll che manca purtroppo al nuovo cantante.
La set lista spazia da vecchi cavalli di battaglia da “Trollhammaren” alla mitica “Rivfader” senza comunque tralasciare qualcosa da “Ur Jordens Djup” ultima fatica della band.
La pioggia ora cade copiosa ma questo non spaventa i nordici musicisti che offrono un gran finale di giornata mandando a casa contenti tutti i presenti.

Si conclude qui questa prima edizione del Fiesta Pagana, un festival ben riuscito sotto tutti gli aspetti, un complimento aggiuntivo all'organizzazione che ha saputo arginare il problema maltempo attrezzando l'area con segatura, zone coperte in modo da ridurre al minimo i disagi al pubblico. Più di così. Un grazie a Reto D'Amelio per la disponibilità accordata allo staff di Holy Metal.
Ci auguriamo vivamente di poter recensire nel 2009 la seconda edizione di questo festival.

Foto:

.: Alestorm
.: Black Messiah
.: Cruszt
.: Eluveitie
.: Excelsis
.: Finntroll
.: Folk Stone
.: Heol Telwen
.: Hordak
.: Inishmore
.: Menhir
.: Odroerir
.: Svartsot

All photos taken by Paolo Manzi


Report a cura di Paolo Manzi

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