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Wacken 2008 - 8/1/2008 - *** - Wacken

Martedì

Martedì a Wacken non c’è niente, ma ai metallari basta poco per divertirsi: con abbastanza birra in corpo, una fervida immaginazione e una lattina di ravioli in scatola si riesce ad aspettare fino al mercoledì.







Mercoledì



Mercoledì a Wacken comincia finalmente la musica. “Come la musica?” direte voi sul running order avevo letto che c’erano solo i W:O:A FIREFIGHTERS, che, per inciso, sono solo la banda dei pompieri della città di Wacken. La banda del paese cosa potrà mai fare a un festival metal? Tanto vale starsene nelle proprie tende o, peggio, arrivare a Wacken direttamente il giovedì mattina!
…nessuna parola può descrivere lo show dei pompieri meglio di questo filmato… nel centro della folla si è riusciti anche a fare un mini wall of death!








Giovedì

Il campeggio è già stracolmo, ecco come era la situazione dei campeggi più vicini all’area concerti. In questo filmato si vedono, dal campeggio “Q”, i campeggi “K” e “F”, forse in lontanananza anche un pezzo del “P”… insomma fatevi un’idea di quando è grade questo posto visto che i campeggi vanno dalla “A” alla “X”….





Solitamente aprire un festival metal di grandi proporzioni è un compito ingrato: non c’è mai nessuno a guardarti e tra i pochi nessuno è lì per te. Questo è vero in ogni festival tranne che al Wacken, quando le Girlschool attaccano a suonare sul black stage, aprendo di fatto il festival, nell’area concerti, sono già presenti 4-5000 persone, e tutte erano lì per loro. Le quattro ragazze inglesi, capitanate dalla McAuliffe, non sono certo più attraenti come lo erano 30 anni fa ma di grinta non ne hanno perso neanche un po’. Le perle di questo concerto sono sicuramente state “Furniture Fire” e la tremendamente Motorhead “We All Love To (Rock 'n' Roll)”. Rimarrà comunque indimenticabile, almeno per questa prima giornata di WOA l’accoppiata “Race with the devil” e “Demolition”. Gli amanti del Rock ‘n Roll più sporco possibile hanno l’occasione, dopo le Girlschool, di vedere un altro concerto culto: i luridi Nashville Pussy.
La band di Atlanta non è sicuramente fatta per un palco grande e luminoso come il party stage del Wacken, perciò durante tutto il loro show sono risultati scarsi sia come impatto visivo sia per la carica della loro musica. Il pubblico delle prime file ha però sicuramente gradito brani rock ‘n roll come “good night for a heart attack”, “Go motherfucker go!” e il cavallo di battaglia “Say Something Nasty”. Da sottolineare infine che Ruyter Suys, la chitarrista si è arrampicata col suo strumento fino al tetto del palco, senza nessuna protezione, certo, se si fosse ricordata di non avere un jack wireless avrebbe anche potuto suonare da lassù (cosa che ha cercato di fare) ma, dato che il filo della sua chitarra non era abbastanza lungo, i tecnici si sono visti costretti a staccarle lo strumento prima che strappasse tutto! I Nashville possono stare solo su palchi più piccoli, è lì chee bisogna andare a vederli.
Contemporaneamente a loro, sul Black Stage, si esibiva la bella Lauren Harris che porta in tournee col padre un rock ‘n roll orecchiabile e simpatico facile da suonare visto i musicisti che si può permettere di portare in tournee.
Joel O'Keeffe, chitarrista e frontman degli Airbourne, invece, il radio jack ce lo aveva eccome e la scalata del palco con relativo assolo appeso a testa in giù gli è uscito decisamente molto meglio (su youtube potrete trovare parecchi video della sua performance)! La band australiana oggi è in grande forma e, sebbene sia una band formata da soli 3 anni (confronto alle altre band di oggi che calcano il palco da almeno un ventennio, Lauren Harris esclusa), gli Airbourne sono una vera forza della natura. “Runnin' Wild” e “Too Much, Too Young, Too Fast” creano veramente il degenero e “Hell Fire” e “Girls In Black” completano l’opera che le altre avevano iniziato. Tutto è pronto ora per il più grande concerto che si sia mai tenuto a Wacken: Iron Maiden!


Gli organizzatori sapendo che tutti e 80'000 saremmo stati lì in quel momento, hanno deciso di proiettare lo show su tre ulteriori maxi schermi, oltre i due sempre presenti ai lauti del palco, quindi, si poteva vedere, e sentire, lo show sia sul black stage, sia sul party stage che al campo di calcio dove si teneva la Movie night. Nonostante queste misure precauzionali a vedere gli iron miaden c’era davvero troppa gente, questo è un assaggio: fate conto che quella si vede è, sì e no, decimo di tutta l’arena.





Vista la calca impressionante decido che è meglio non spingersi troppo avanti (anche perché è quasi impossibile andare oltre) e rimango un po’ dietro i due mixer a, circa, 80 metri dal palco. Gli Avenged Sevenfold stanno ancora suonando ma, per fortuna, finiscono in fretta, comincia l’attesa. La gente inizia già a spingesi, ma il peggio succede con l’intro, “Doctor Doctor” e un discorso di Churchill sulla seconda guerra mondiale: sembra di stare in un mare in tempesta. Non è assolutamente possibile resistere alla calca, la gente cade e si rialza solo a fatica e dopo interminabili minuti sotto la massa. Con un’ondata andiamo a sbattere contro i baretti della birra, travolgendoli: tanti cercano rifugio salendo sui banconi o addirittura sopra i tetti di delle strutture. Tantissime persone, soprattutto ragazze e metallari in erba cercano faticosamente di andarsene spaventati e molti di questi scoppiano in lacrime per il panico di essere travolti. Durante “Aces High” e “2 Minutes to Midnight” sono più interessato a rimanere in vita che al concerto degli Iron. A un certo punto mi dico: “Beh, se devi rischiare la morte ed essere schiacciato dalla folla tanto vale avvicinarsi che morire a 80 metri dal palco non è assolutamente accettabile”, così con “Revelations” comincio faticosamente a farmi largo tra la folla che ora si è un po’ calmata. Gli Iron Maiden sono in piena forma e sul palco hanno una scenografia curata nei minimi dettagli. Come sempre, appena Bruce lancia “The Trooper”, lo sfondo cambia e lui torna con addossa la giubba e la bandiera inglese al vento, tra la folla è il delirio ma quello buono: davanti alla linea dei mixer non si rischia più la morte! Sul palco torna la scenografia di “Somewhere Back In Time” solo per il tempo di “Wasted Years” per poi diventare completamente nera con l’acclamatissima “The Number of the Beast”.
Mi sembra inutile commentare le canzoni di questo show con le classiche espressioni “cavallo di battaglia”, “pezzo forte”, “canzone che ha fatto la storia” dato che non c’è una sola canzone di questo concerto che sulla quale non sarebbero adatte! Si rimane a dir poco a bocca aperta quando sul palco metal più grande d’Europa ti propongono di fila “Run to the Hills”, “Rime of the Ancient Mariner” e “Powerslave”. Vengono anche portati sul palco tutti gli artisti che stavano assistendo al concerto dal Black Stage e in una baraonda cosmica viene suonata “Heaven Can Wait” prima della bellissima “Can I Play With Madness?”. Ormai dopo enormi fatiche sono riuscito a raggiungere le prime file del concerto e devo dire che Bruce si vede decisamente meglio da qui che dalla distanza siderale da dove sono partito! La vampate di fuoco e i fuochi pirotecnici fanno sentire fino a me il loro calore e non voglio sapere come è sul palco a pochi metri!
Dopo “Fear of the Dark”, cantata più dal pubblico che da Bruce, visto che la sua voce non riusciva a superare quella della folla (nel senso che noi cantavamo troppo forte, non lui piano), arriva “Iron Maiden” dove si vede il sarcofago sul palco spaccarsi in due e veder uscire un Eddie-mummia di 15 metri con fontane di fuoco all’interno degli occhi.
Dopo una piccola pausa gli Iron Maiden tornano sul palco ringraziando il pubblico perché questo è il più grande concerto che hanno mai tenuto in Europa e rassicurando i fans che il prossimo anno saranno di nuovo in tournee visto che a gennaio uscirà un nuovo studio album! E via con la chiusura “Moonchild”, “The Clairvoyant” (con tanto di super Eddie sui trampoli che esce sparando) e l’insuperabile “Hallowed Be Thy Name”. Finisce così la prima giornata di Heavy Metal del Wacken Open Air 2008. Torniamo a far festa alle nostre tende con le note di “Always Look on the Bright Side of Life” di Monty Python…



Venerdì



Dato che con il biglietto del Wacken si ha l’ingresso gratis nella piscina comunale molti preferiscono prendersi la mattina di relax andando sdraiandosi al sole su asciugamani neri con gli anfibi ai piedi… Le parole d’ordine in piscia sono, ovviamente, “Relax Assoluto”…





L’area concerti è stracolma e davvero gli Ensiferum, il primo gruppo che vado a vedere, mi tocca guardarli da circa 100 metri!! Mai vista così tanta gente… e penso che neanche gli Ensiferum stessi non ne abbiano mai vista tanta! I cinque finlandesi, grazie al loro successo, sono riusciti a passare in soli tre anni dal party stage, dove avevano suonato nel 2005, all’enorme black stage. Il loro stile però non è cambiato, si presentano sul palco sempre a torso nudo con pochi segni di trucco nero in volto. Lo show comincia con L’intro del loro primo, omonimo, album, seguito da “Hero in a Dream”, una canzone proveniente addirittura dal demo! Anche se sono lontano da palco, l’audio è perfetto ed è davvero un piacere ascoltare per la prima volta “Deathbringer From The Sky” di Victory Song e tornare poi al passato con “Token Of Time” e “Into Battle”! Sapendo di avere poco meno di un’ora a disposizione, gli Jari parla poco e lancia una canzone dietro l’altra, “Ahti” precede “Windrider” che a sua volta lancia “One More Magic Potion”! il pubblico è in delirio,canta salta e si levano in alto i corni pieni di birra! Poche volte ho visto così tanta gente in kilt come a questo concerto! A chiudere lo show in maniera egregia ci pensa “Lai Lai Hei” e la title track “Victory Song”, ma la perla che tutti aspettano è, ovviamente tenuta per ultima. Chi c’era sa cosa intendo quando dico “TÄ TÄDÄDÄ !!! TÄ TÄDÄDÄ !!!”, incredibile, “Iron” risuona forte e potente spinta dalla voce dei fans che quasi sovrasta i 250'000 watt dell’impianto di Wacken! Stupendo, non ci resta che gridare speranzosi “ZUGABE, ZUGABE” (ndr. “Ancora, Ancora”). Ma manca poco all’inizio, sul party stage, dei Sabaton!
È davvero stupefacente il successo che, in soli due anni, ha portato gli svedesi dalle sale prove di casa al palco di Wacken. Eppure, già un’ora e mezza prima dello show, vi era sotto al Party Stage una folla tutta per loro, che cantava a squarciagola i loro brani più famosi e li chiamava a gran voce. I nostri, per tutta risposta, si sono fatti attendere, finché, con qualche minuto di ritardo sull’orario stabilito, sono partite le note dell’intro di “The Art Of War”. Da lì è iniziata un’ora di vera e propria guerra trasposta in musica, durante la quale i Sabaton hanno messo in campo tutti i loro cavalli di battaglia, da “Ghost Division” alla più vecchia “Panzer Battalion”, poi “Rise Of Evil”, preceduta da significativi e superflui incitamenti da parte del frontman Joacim a bere più birre, a seguire la splendida “Cliffs Of Gallipoli”, “Attero Dominatus”, “40:1”, durante la quale sempre Joacim sventola una bandiera della Polonia presa in prestito dal pubblico, la goliardica “Panzerkampf”, “Light In Black”, inno agli operatori di pace di tutto il mondo, la celeberrima “Primo Vittoria” e infine la chiusura con “Metal Machine”. Una scaletta davvero ricca e ben eseguita, nonostante il poco tempo a disposizione e alcune poco eleganti battute di spirito tutto svedese da parte del singer. Attero Dominatus, Wacken is burning!!!!
Quando Wacken comincia non concede tregua, direttamente dai Sabaton passiamo ai Sonata Arctica.
Non occorre certo ricordare che i Sonata Arctica erano una delle bands più gettonate di questo Wacken 2008, e che la loro esibizione era attesa da una vera e propria folla di fans radunatasi sotto al True Metal Stage. Impazienza condivisa anche da me, dato lo splendido concerto cui avevo assistito a Milano appena il novembre scorso, e rovinata dalla scoperta che anche i Sonata sono, così come gli Stratovarius, una band che alterna fasi di forma perfetta a fasi di stanchezza. È stato piuttosto deludente rendersi conto che la data di Wacken apparteneva a questa seconda categoria. Il vocalist Toni Kakko, nella sua tenuta da boscaiolo con tanto di camicia in similflanella, appare spossato, e la voce gli esce quasi per miracolo. Impossibile per lui affrontare toni alti come quelli di “Don’t Say A Word”, “San Sebastian” o “My Selene”, e durante l’esecuzione dei brani spesso Kakko abbassa di colpo i toni. Certo, i fans sembrano non dare troppo peso alle defaillances del singer, comprendendo che cantando un genere come il power metal non è sempre facile essere al meglio della forma, ma forse sarebbe stato il caso di tenersi un po’ di voce per un festival così importante come Wacken.
Peccato per i Sonata, ma in compenso ora vedo, con grade gioia un tedesco che solleva una cassa d’acqua minerale col suo pene:





La cosa che mi chiedo è cosa se ne fanno di così tanta acqua a wacken… probabilmente la userannp per lavarsi…
Non vedo l’ora che cominciano gli Opeth perché, anche se, l’ultima volta li ho visti al Metal Camp non più di un mese fa, erano stati costretti, in quell’occasione, a suonare sul palco degli emergenti dato che lo stage principale era stato inondato da una bufera! Certo, il loro death metal scandinavo starebbe meglio con un po’ di buio e non in pieno giorno, ma poco importa, il concerto si apre con “Demon Of The Fall” e “Baying Of The Hounds”. Mikael e soci tornano a Wacken dopo appena due anni senza modificare troppo la scaletta che avevano fatto nel 2006: “Master's Apprentices” e “Wreath” sono divise dalla nuova “Heir Apparent”. Il concerto si chiude con la stupenda “Drapery Falls” e con il pubblico in delirio anche perché sa che stanno finalmente per arrivare gli headliner! Giusto il tempo di una birra e ci si prepara per il pogo che scateneranno i Children of Bodom. Il gruppo, che ha preso il nome dal massacro avvenuto nel 1960 su lago Bodom in Finlandia, si presenta su un palco ricoperto di sangue in una scenografia semi-industrial. I sei bidoni di liquami a bordo palco cominciano subito a esplodere in fiammate e dalle casse arrivano senza preavviso “Sixpounder” e “Silent Night, Bodom Night”! Non si può resistere, anche chi ha fatto un’intera giornata di concerti non riesce a rimanere fermo, l’area di pogo davanti al palco è grande svariate decine di metri e non si riescono a contare le persone che fanno body surfing. “Follow The Reaper” precede “Living Dead Beat” e, tra le fiamme dell’inferno che escono un po’ dovunque, si fa headbagging fino a cadere con la nuova “Banned From Heaven”.
Inaspettatamente arriva un momento di cabaret: viene suonata “Umbrella” di Rihanna (cercare su youtube per credere), si ride e si saltella in giro anche con l’intro di “Jump”, seppur ai Van Halen’s riesca meglio, ma poi ricominciano con la cosa che gli riesce meglio: il death metal! “Needled 24/7”, “Hate Me” e “Downfall” fanno paura da quanto sono veloci. Purtroppo il concerto si chiude in fretta con “Hate Crew Deathroll” e “Downfall”. Troppo veloci, ai COB bisogna lasciare più spazio!

Chi non ha mai visto i Corvus Corax non potrà mai capire cosa si è perso, soprattutto se è uno che apprezza i Nighwish per la voce lirica femminile e li ha snobbati di proposto… se quest’orchestra suona suonata headliner a Wacken due volte in quattro anni le carte in regole le ha tutte! i Corvus Corax hanno davvero la musica perfetta per passare dai Chidren agli Avantasia complimenti all’organizzazione anche per quanto riguarda l’organizzazione del running order anche se i Saltatio Mortis sono stati sacrificati sul Wet Stage. Sembra strano, infatti, che, a differenza dei loro “colleghi” Corvus Corax, essi abbiano avuto questo trattamento anche se giocavano in casa ed sono molto apprezzati dal pubblico.
Nonostante questo, e nonostante le concomitanze con bands di alto calibro, come ad esempio gli Avantasia, hanno potuto contare su un gruppo di fedelissimi, che mai e poi mai, si sarebbe perso il loro show. E a ragione, direi io, perché pezzi come “Heuchler”, Junges Blut” e la popolarissima “In Taberna”, ispirata all’omonimo brano dei Carmina Burana, rendono meravigliosamente anche eseguiti dal vivo, tanto che è impossibile non provare un desiderio imminente di ballare!!!

In contemporanea, Tobias Sammet sta portando per la prima volta in tour la sua impresa più grande, gli Avantasia dopo essere stati al nostro Rock ‘n Field, arrivano a Wacken in piena forma. Il concerto sembra aprirsi bene con “Twisted Mind”, Tobia alla voce non sbaglia, ma qualche volta i suoi tecnici sì, quando sale sul palco Jörn Lande dei Masterplan per cantare con Tobia la title track “The Scarecrow” il microfono Lande di è spento, cioè, dalle spie la voce esce ma non dagli altoparlanti del palco.
Questo intoppo ha generato una pessima situazione, Lande sul palco sente la sua voce forte e chiara e mai potrebbe pensare che sui maxischermi sta facendo la figura del pesce! Il pubblico d’altra parte non può far altro che sperare che il guasto venga riparato in fretta… ma questo non succede… “The Scarecrow” finisce senza sentire niente e appena “Another Angel Down” comincia anche lei senza la voce cominciano a piovere fischi da tutte le parti (guardare l’inizio di questo video http://www.youtube.com/watch?v=2k4CrskOGB4 per rendervi conto). Jörn, d’altra parte, sentendosi fischiato ma sentendo la sua voce forte e chiara, non capendo quindi il perchè, può solo cercare di mettere tutta l’energia che ha in corpo nella canzone… riuscendo solo a fare sempre di più la figura del pesce sui maxischermi…
Insomma, mai visto un grande concerto iniziare così male… Per fortuna che quando entra Mathos in “Reach Out For The Light” ha un microfono che funziona rendendo felici tutti! Finalmente i guai sono finiti, adesso il show può continuare con “The Story Ain't Over” che vede alla voce il cantante di Magnum, Bob Catley. La scaletta del concerto è incentrata sul nuovo album lasciando un po’ delusi gli amanti dei primi lavori, stupende sono però “Shelter From The Rain” e “Lost In Space” e per i nostalgici non può mancare l’autocelebrativa e iper power metal “Avantasia” (anche se la mancanza di Kiske è stata un gran brutto colpo)!
“Promised Land” prende una piega Jazz grazie al contributo di Iron Gayden ma Tobia riporta tutti in carreggiata con “The Toy Master” e la dolce “Farewell”. Il finale esplosivo è lasciato a un medley composto da due cavalli di battaglia “Sign Of The Cross” e “The Seven Angels”. Un’esplosione di luce e di gioia che si scontra con le nubi di malvagità e violenza che si addensano sul palco in parte, dopo aver sentito cantare di pace, amicizia, elfi e angeli, sul palco di fianco si esibiscono i Gorgoroth. Il Black Stage non è mai stato così nero, due ragazzi e due ragazze sono nudi e crocefissi, un cappuccio nero sta sulla loro testa e attorno hanno le frattaglie di chissà quante capre… la puzza di morte arriva nitida fin’oltre le prime file. Decisamente eccessivo… I Crematory probabilmente faranno uno spettacolo meno disgustoso…

Sebbene l’orario non sia il più adatto, il pubblico è numeroso e si può dire che la band tedesca abbia goduto di una folta schiera di fedelissimi, tra i quali anche la sottoscritta.
Basti pensare che erano presenti fans che hanno aspettato anche undici anni prima di poterli vedere, e la cui eccitazione era al massimo.
Lo show inizia sulle note di “Do You Remember”, per poi proseguire con un altro vecchio successo, “Fly”, dall’album Act Seven e passare alle sonorità più recenti di “Tick Tack” e “Greed”, da “Revolution”, fino all’ultimo lavoro, “Pray”, da cui è tratta la titletrack, per poi tornare indietro alla storica “Tears Of Time”, e di nuovo a Pray con “Left The Ground”, e all’album Klagebilder con “Hollensbrand” e “Kein Liebeslied”, durante il quale il vocalist Felix, approfittando di una pausa, scherza sulle sonorità provenienti dal Black Stage, facendo il verso ai Gorgoroth. Si riprende con “The Fallen”, tratta dall’album Believe, nel bel mezzo della quale il chitarrista improvvisa nientemeno che il riff di “The Trooper” e “Wasted Years” degli Iron Maiden, e poi si chiude con “Temple Of Love”, da Awake, e la ballad “Perils Of The Wind”, tratta da Believe e cantata interamente dal chitarrista e seconda voce Mathias, per una conclusione davvero romantica e suggestiva.



Sabato



E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Questo verrà sicuramente ricordato come il giorno dei Wall of Death, si parte con gli Exodus:





L’esibizione degli storici thrash metallers Exodus avviene, a sorpresa, nel Black Stage dalle 14.45 alle 15.45, circa un’ora in ritardo sulla scaletta. L’attesa rende i fans ancora più impazienti, anche perché il gruppo che suona al posto della band americana, gli irlandesi Sweet Savage, non sembrano incontrare pienamente il gusto del pubblico, e così, quando i nostri fanno finalmente il loro ingresso sul palco, sotto il sole di Wacken si scatena immediatamente un gigantesco pogo sin dalle prime note di “Bounded By Blood”, “Children Of A Wreckless God”, “Death And Domain”. C’è spazio anche per i brani più recenti, come “Blacklist” e “War Is My Shepherd”, mentre il cerchio di pogo che si è creato si agita sempre di più.
Oltre ad aver così scaldato gli animi con la loro esibizione assolutamente degna di nota, gli Exodus preparano così il terreno allo show dei Carcass, poche ore dopo.

Sono perfettamente consapevole che quanto sto per dire deluderà o irriterà molti lettori, ma, pur potendomi definire una loro fan sin dai tempi di Reek Of Putrefaction, la performance dei Carcass non è stata assolutamente all’altezza delle aspettative. Certo, come molti altri ho gioito alla notizia della reunion, e ancora di più all’idea di poterli finalmente vedere dal vivo, ma quello che ho potuto ascoltare è stata un’accozzaglia di sonorità lente, sforzate, pesanti. Il fatto che la band fosse alla frutta è ulteriormente confermato dalla scelta di chiamare sul palco Angela Gossow in veste di guest star, e con il suo intervento la situazione è parsa rianimarsi, anche se solo per una canzone.
Quando poi si è passati ai brani che hanno reso più celebre la band svedese, come “No Love Lost”, la splendida e ritmata “Keep On Rottine In a Free World” e la conclusiva “Heartwork”, eseguite in maniera mediocre, ho avuto la certezza che i Carcass ormai non siano altro che l’ombra di sé stessi, e non abbiano più l’incisività e la musicalità dei “vecchi tempi”.
Sinceramente non mi sarei mai aspettata di poter ascoltare un gruppo come i Killswitch Engage esibirsi nientemeno che sul True Metal Stage di Wacken (e, qualcuno potrebbe obiettare, di true metal questa band americana non ha assolutamente nulla), nonostante l’indubbia popolarità che essi hanno in patria; per quello che mi riguarda, però, la sorpresa è stata assolutamente gradita, visto che i nostri rientravano a pieno titolo nella mia lista di gruppi da vedere. E, nonostante un inizio un po’ incerto, in cui hanno eseguito i brani più smaccatamente crossover del loro repertorio, la ripresa è arrivata con brani come “This fire burns” (già scelto come colonna sonora del WWE Wreckless Intent), e il melodico“The End Of Heartache”, già colonna sonora del film Resident Evil: Apocalypse , eseguiti perfettamente nell’atmosfera suggestiva del tramonto di Wacken.
La fame e il bisogno estremo di una doccia chiamano purtroppo durante il concerto degli At The Gates e non mi resta che sentire “Blinded By Fear” dal mio campeggio.
Torno nell’aera concerti per l’inizio del concerto degli strafamosi Nightwish che, senza più la loro prima donna Tarja, presentano uno show basato soprattutto sulle canzoni dell’ultimo album in quanto la voce della povera Anette non può arrivare alle tonalità di una soprana! Lo show si apre, tra mille fochi d’artificio, con “Bye Bye Beautiful” e sempre in mezzo a fontane ed esplosioni si passa ad una irriconoscibile “Dark Chest Of Wonders”. Anette si muove come popstar più che come una metallara e questo manda in visibilio chi metallaro non è. “Whoever Brings The Night” precede “The Siren” e la nuova “Sacrament Of Wilderness”. Anche “Amaranth” colpisce più per i fuochi d’artificio e per quella bocca che non sta mai chiusa più che per la musica in se. Dopo “The Poet And The Pendulum” Marko si prende la scena mandano Annette a riposarsi e insieme a Erno e Jukka canta, “While Your Lips Are Still Red”, la cover presente anche sull’ultimo singolo della band (io preferivo qualche anno fa quando facevano “Symphony of Destruction” come cover). Annette torna subito dopo con un cavallo di battaglia del calibro di “Wishmaster” e chiude la prima parte del concerto con “Sahara”. Il pubblico è davvero contento ma manca la solita ciliegina sulla torta, e mentre mi avvio al Black stage per vedere i Kreator, i Nightwish tornano sul palco per suonare “Nemo” e il loro pezzo forte “Wish I Had An Angel”.
Bravi Belli, ma ora è tempo di lasciare il palco a chi suona metal per davvero: la violenza è servita, ecco a voi i Kreator!
Mille Petrozza si presenta sul palco immerso in una densa nebbia più incazzato che mai, il primo brano da brividi è "Violent Revolution" niente a che vedere coi nightwish, questa si che è musica, questa si che è violenza!
Un pogo immenso si accende in tutta il pubblico e non importa che siano le 2 del mattino dell'ultimo giorno di Wacken, per i Kreator in questa forma non ha senso risparmiare le energie per il giorno dopo! Senza interrompere un attimo l'onda d'urto arrivano "Pleasure to Kill" e "Enemy of God". Prima di suonare "People of the Lie", Mille toglie la distorsione dal suo microfono per fare un serio appello contro tutti quei metallari che trovano "funny to be racist" (letteralmente "si divertono a essere razzisti"). è un'ovazione, era da tanto che non sentivo un appello simile e sinceramente, a Wacken, dove ci sono persone che vengono da tutto il mondo, il problema non si sente molto, ma ricordarlo è sempre meglio! Grande Petrozza! E giuùcon "Suicide Terrorist". "Are you Fell Good?", "Nooooooooooooooo", "Are you Fell AGRESSIVE??", "YHEAAAAA", "EEEEEEEEEExtreme AAAAAAAAAAAAAAAggression!!!!!".
...erano anni che volevo sentir lanciare questa canzone in questo modo! Se non fosse violentissima sarebbe commovente!
Addirittura la chitarra classica per una "Phobia" da pelle d'oca e un tuffo nel passato con "Betrayer". La voce filtrata viene resa stridula e cavernosa alla stesso tempo, le porte dell'infermo si sono aperte: "Voices Of The Dead".Gli Wall of Death si sprecano, con "Reconquering the Throne" se ne crea uno così immenso che la gente quasi arriva stanca nel centro dopo la corsa! Il finale è qualcosa di davvero unico, "Impossible Brutality" e l'intramontabile "It's Time to Rise THE FLAG OF HATE!". Il commento unanime di tutti è "mamma mia che concerto!" Ma la cosa migliore è che hanno annunciato che a gennaio uscirà il nuovo album della band… un tour europeo è assicurato!
La performance live dei finlandesi Lordi è sicuramente la più degna conclusione che questa diciannovesima edizione del Wacken Open Air potesse sperare: quale chiusura migliore, infatti, di un gruppo scenografico, accattivante e spettacolare come questo? Nonostante l’ora tarda e il tempo che minaccia pioggia, sono infatti moltissimi gli spettatori che prendono posto in attesa dell’esibizione dei Lordi, e che scrutano la scenografia a forma di cattedrale gotica cercando di immaginare come sarà lo show. La risposta arriva esattamente alle due di notte, quando i mostri mascherati fanno il loro ingresso sul True Metal Stage e il cantante sfodera ogni sorta di artificio scenico: scettro che spara fuochi d’artificio, ascia che spara fuochi d’artificio, fucile ad acqua che spara acqua e poi fuochi d’artificio, mantello a forma di ali di pipistrello che magicamente si aprono…il tutto sulle note di brani come Hard Rock Halleluja, Who’s Your Daddy, Would You Love A Monsterman. Da segnalare l’apparizione di UDO come guest star, che duetta con il singer in They Only Come Out At Night. La band, nonostante sia avvolta da scomodissimi abiti e make-up da film horror, esegue perfettamente ogni canzone, tanto che sembra quasi siano registrate. Alla fine della serata, quando sono le tre del mattino, la frase che tutti pronunciano, e che mi sembra anche il più degno epilogo di questo festival, è semplicemente “E’ già finito???”.



Domenica


La domenica si fanno due cose, si spacca tutto e si fanno cazzate….


WACKEN, PER UN ANNO, E' FINITO FATEVENE UNA RAGIONE




Report a cura di Tommaso Bonetti e Tiziana Ferro

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