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Molly Hatchet + Markonee - 12/5/2008 - FIllmore - Cortemaggiore (PC)

All'ex cinema di Cortemaggiore, placida cittadina all'inizio della pianura padana in zona Fiorenzuola, era di scena la storia del Southern Rock, lezione tenuta, in questa occasione dagli integerrimi Molly Hatchet, band che dopo tre decadi, è ancora on the road in puro "rock 'n' roll style".
Ad aprire le danze, ci hanno pensato egregiamente gli Hard Rockers bolognesi Markonee, gruppo più che adatto a scaldare la platea, grazie all'adrenalina profusa da Stef e compagni, che confermano la mia impressione di quando ebbi l'occasione di vederli la prima volta di spalla ai grandi Y&T, cioè che si meritano senza dubbio di suonare con band di quel calibro, merito sia della bontà dei pezzi che dell'energia con la quale li eseguono, ma soprattutto di una preparazione tecnica non sempre riscontrabile in chi propone un Hard molto americano come loro.
Ed ecco che a mezzanotte meno cinque (no, non sono malato del tempo, è solo che in quel momento stavo guardando l'orologio!), cala fisicamente il sipario e parte la storica "Whiskey man", tanto per far capire che i Molly Hatchet poi tanto molli non sono (!), anche se le molte primavere trascorse dagli esordi certo non hanno giovato, soprattutto fisicamente, al sestetto di Jacksonville, Florida. Tranne il batterista infatti, gli altri componenti superano la cinquantina e, il fondatore Dave Hlubek soprattutto, ha una panza più o meno delle dimensioni della loro rilevanza musicale! Ma, lasciando da parte gli scherzi, la band è in superforma per quanto riguarda l'esecuzione dei brani, brani che manco a dirlo sono uno più bello dell'altro, allora come non lasciarsi trascinare da "Son of the south" oppure da "Devil's canyon", giusto per citarne due...
Il singer Phil McCormack si sbatte come può, risultando simpatico e verace, con i suoi "Hell yeahhh!" da gridare a squarciagola oppure i continui "That's what I'm talkin' about" di approvazione al risponso favorevole della platea.
Ci sono stati anche dei momenti di viva e sentita emozione come sulla mitica e lunga "Fall of the peacemakers", dove durante l'assolo finale, il buon Bobby Ingram, conferma di avere un immenso feeling con la sua sei corde, ma, a mio avviso il tributo alla band che ha reso popolare la cultura sudista nel mondo, i Lynyrd Skynyrd ovviamente, non ha prezzo, in special modo se eseguito dalla seconda band di questo filone musicale, composto esclusivamente da Uomini e non da debosciate rockstars.
Quindi l'ovazione e l'applauso sono dovuti, quando McCormack annuncia "Freebird", dedicandola agli innumerevoli compari scomparsi, primo in linea Ronnie Van Zant, ma vengono anche ricordati tra gli altri, Danny Joe Brown e Duane Roland, rispettivamente ex cantante ed ex chitarrista proprio degli Hatchet.
Finita la collezione di ricordi, si ritorna presto all'energia grazie a brani immortali come "Beatin' the odds", ma soprattutto "Flirtin' whit disaster", sicuramente uno dei pezzi più noti della band sudista.
Si conclude così, dopo solo un'ora eventi, un concerto genuino, sudato e suonato col cuore, da gente che ancora si diverte nel portare in giro la musica che adora... LONG LIVE THE REDNECKS!

Foto:
(clicca sull'immagine per accedere alla galleria)

.: Molly Hatchet



.: Markonee



Report a cura di Alessio Aondio

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