E' sempre un piacere scrivere un report di un festival come il Play it Loud, festival ideale per chi intende l' HEAVY METAL (tutto maiuscolo) come una musica fuori dalle mode e totalmente debitrice dei gloriosi 80's, come testimoniato dalle bands che hanno infuocato il palco del Ke Me Meo di Argelato in questo sabato bolognese...
Quindi, grazie alla passione e agli sforzi dell'organizzatore Giuliano Mazzardi, boss della My Graveyard productions, per il terzo anno consecutivo, possiamo godere di un bill sopra le righe, con gruppi che difficilmente riusciremo a rivedere dal vivo nel nostro paese.
Il festival inizia alle 14 circa con l'esibizione dei Fallen Fucking Angels, band Speed dalla Versilia, votata al verbo Exciter e divertentissima per quanto riguarda le lyrics, e adattissima ad aprire le danze con i loro brani tiratissimi e le screaming vocals del cantante/batterista The Butcher, che si diletta a tirare pezzi di cotenna sul pubblico! Il macellaio, di nome e di fatto, mena però come un fabbro, rendendo pregevoli pezzi bislacchi come "Asskickers" oppure l'anthemica "Everything concerning pork", geniali!!!
E' tempo di Thrash, è tempo di National Suicide, unica band della kermesse, insieme agli Exciter, a scatenare un bel pogo violento sotto lo stage, come sarebbe altrimenti, quando scegli di iniziare il tuo set con un tributo del calibro di "A lesson in violence", tanto per far capire che musica suoni!
La band trentina, da poco giunta al debutto, ci mette l'anima, e non solo, per rendere al meglio, ma, causa problemi di suoni, lo show non è impeccabile, non pare accorgersene l'audience però, che tributa il giusto omaggio ad un gruppo "giovane" ma che ha le caratteristiche per farsi apprezzare, dato il genere proposto e l'attitudine "No compromise" sfoggiata anche sul palco.
Arriva il momento di rallentare i ritmi e spingersi su terreni epici, lo facciamo coi Wotan, gruppo lombardo che da oltre vent'anni è dedito al nordico dettame di Odino & Co., devo ammettere che io sono di parte, poichè adoro questa band, ritendola capace di scrivere vere perle di Epic Metal senza mai annoiare l'ascoltatore, dettaglio non indifferente dato il genere... Qui al P.I.L., i ragazzi partono forte con "Dark centuries" e la più evocativa "Under the sign of Odin's raven", senza contare la tirata "Drink in the skull of your father", nella quale Vanni mostra ai presenti l'amaro calice fatto col teschio, nella quale fu costretta a bere la sfortunata Rosmunda...
Tutto il set è emozionante, trovando oltre che dei grandi pezzi, una prestazione molto convincente sia della sezione ritmica che di Mario, chitarrista, una specie di Ross the Boss "de noantri"! Capace di riffoni battaglieri e solos emozionanti, come testimoniano le tracks, diversissime tra loro, "Lord of the wind" e la più variegata e meditativa "Ithaca". Una garanzia!
Confesso che mi prendo una pausa durante lo show dei Lonewolf, band Heavy/Power transalpina, che a detta di molti ha condotto uno show concreto e senza sbavature.
Ricaricate un pò le pile, mi piazzo davanti a godermi lo spettacolo messo in piedi dagli Holy Martyr, quindi ancora Epic di ottima fattura, da sempre offerto dal quintetto sardo, capace di infiammare i presenti con dei pezzi guerrieri come "Spartan Phalanx" o ancora "Lakedaimon", intervallate dalle ormai consuete disquisizioni ironiche del singer Alex, vero istrione sulle assi del palco.
Altri brani che entusiasmano i presenti, grazie alla perfetta amalgama tra i membri della band, sono senz'altro "From the north comes the war", o ancora i due pezzi conclusivi "Vis et honor" e "Ave atque vale", che impegnano le asce di Ivano ed Eros, tra riffoni mestosi e solos taglienti, insomma un altro gruppo da non perdere di vista dato le gioie che saprà ancora regalarci!
Ancora una volta Epic Metal, benchè più melodico, quello proposto dagli Etrusgrave, band toscana fresca di debut ma tutt'altro che inesperta, anche per la presenza del chitarrista Fulberto Serena, ex Dark Quarterer, quel che si dice un "Drago" della 6 corde...
Allora la voce cupa di Hammerhead ci guida attraverso le intricate ed ossianiche perle del gruppo come "Deafening pulsation" oppure "Wax mask", per non citare la cover dei Dark Quarterer appunto, quella "Lady Scolopendra" già presente sull'album "War tears", per uno show certamente più meditativo ma comunque coinvolgente, data la qualità dei brani suonati.
L'ultima band Epic ad esibirsi oggi, sono i romani Martiria, per la prima volta on stage con l'ex King Damien III, già in forza nei Warlord, ma che ora si fa semplicemente chiamare Rick Anderson, suo vero nome.
La musica dei Martiria, è si di un certo spessore ma, a dirla tutta, pecca un pò in dinamicità, rendendosi poco fruibile dal vivo, e il fatto di avere un singer per la prima volta sul palco con te, sicuramente non aiuta questa situazione, anche perchè Anderson appare un poco "moscio" nel suo approccio coi pezzi e col pubblico, rimane scontata la qualità della band in sè, che forse non ha nella dimensione live la sua espressione migliore...
Si gode veramente tanto coi Vanexa, genesi dell' Heavy italico, che rivede ora dietro il microfono la splendida ugola di Roberto Tiranti, dotatissimo e impegnatissimo singer di casa nostra, che trascina i liguri verso l'ovazione generale di un pubblico che si accalca numeroso durante l'esibizione dei nostri.
Impossibile non trattenersi davanti all'energia profusa da brani storici come "I wanna see fires" o "1000 nights", che ci mostrano che la sezione ritmica Pagnacco/Bottari non ha perso un'oncia dell'incisività e della potenza che li ha portati ad essere ricordati con affetto e stima da quasi 30 anni or sono.
Speriamo solo che non si tratti soltanto di un nostalgico come back, poichè l'Heavy dello stivale ancora bisogno di gruppi come i Vanexa, in special modo se lo stato di forma è quello mostrato questa sera!
Fa capolino la N.W.O.B.H.M. con i Jaguar, storica band che, come tante altre, non è riuscita a riscuotere il successo che meritava, causa il sovraffollamento della scena inglese all'epoca ma che qui, sulle assi del palco bolognese, è riuscita a emanare un'energia notevole, coinvolgendo l'audience con brani in tipico stile H.M. quali "Dutch connection", "The fox" o ancora "Ain't no fantasy", perle estratte dal loro masterpiece "Power game", catapultandoci direttamente nell'industriosa Bristol degli 80's.
Personaggio a sè lo scatenato frontman Jamie Manton, che, tanto per capirci, come asta del microfono usa un bastone/molla, gioco per ragazzini che andava qualche anno fa... Adrenalinici!!!
E' l'ora dei Bud Tribe, che finalmente dopo più di 10 anni, sono usciti col loro secondo disco, "Roll the bone", che non fa che confermare la posizione elitaria che deve occupare Bud Ancillotti e la sua band, al pari della band madre, ovviamente la Strana Officina, il tutto sottolineato da una grande prestazione davanti ad un esaltato Ke Me Meo.
Anche se all'inizio il microfono del Bud non funziona, dopo un bel "Vaffanculo...", lo show prende corpo, con ampi estratti dall'ultima fatica, tipo "Face the devil", "Starrider" e la title track stessa, che ci mostrano una grande ed affiatata band, con la solida sezione ritmica composta da Bid (fratello di Bud!) al basso e Dario Caroli (già nei Sabotage) alla batteria, che non sbaglia un colpo e, Leo Milani, vecchia volpe del Metal tricolore, alla chitarra.
I fans esplodono all'esecuzione di "Non sei normale", uno dei brani simbolo della Strana, da cantare a squarciagola, così come la mitica "Metal brigade", che pone fine alle ostilità e ci ricorda che anche a Livorno e provincia si può trovare dell' Heavy Metal di alto spessore.
Si entra in zona headliners (e mostri sacri) con la performance dei canadesi Exciter, re dello Speed Metal, che calano a Bologna, posticipando la loro apparizione nello stivale, per presentare il nuovo e fiammeggiante "Thrash Speed Burn", ennesimo album senza compromessi scritto da John Ricci & Co.
Le innumerevoli songs si susseguono senza sosta, togliendo il fiato agli headbangers sotto il palco, che pogano come dannati, sulle note di sferzanti speed songs come "I am the Beast", "Rule with iron fist" o la nuova "Evil Omen", che mettono in evidenza anche le eccelse doti di screamer del nuovo cantante, Kenny "Metal Mouth" Winter, tanto panciuto quanto simpatico.
Il resto è storia, dalla 6 corde di John Ricci escono riffs immortali, vedi "Pounding Metal", "Heavy Metal Maniac" o la doppietta conclusiva che non fa prigionieri, "Long live the loud" e "Violence & Force", la quale fa passare immediatamente la sbronza anche al più ubriaco tra i presenti!
Cosa aggiungere di più per descrivere la mazzata ricevuta dall'Eccitatore canadese, se non sottolineare una prestazione encomiabile da parte dei 4, davvero impressionante il forsennato drumming del piccolo Rik Charron, capace di legnare come un pugile per un'ora e mezza di Speed senza sosta!
Ne manca solo uno, i Jag Panzer, che salgono sul palco all'una del mattino per inondarci di una collata di acciaio incontaminato direttamente dagli States.
Ora, fate conto che io non abbia scritto nulla fin ora, poichè questa band e questo show meritano una recensione a parte, tanto mi ha emozionato e personalmente coinvolto il concerto dei 5 di Colorado Springs.
Che fossero impeccabili dal vivo non è un segreto ma, la band del "Tiranno", ha veramente mostrato cosa significhi suonare un Metal che sia, allo stesso tempo, Potente, Epico ed Elegante.
Dall'introduttiva "Tyranny" in poi, non c'è un pezzo che sfiguri nella scaletta del carro armato made in U.S.A., basti pensare a perle di Metallo della caratura di "Lustful and free", "Black", "King at price", "Iron eagle" e chi più ne ha più ne metta...
Da rimarcare la notevole prestazione del rientrante chitarrista solista, il biondo Christian Lasegue, che va a riunirsi ad una band pressochè perfetta e affiatatissima e trionfa nell'arduo compito di non far rimpiangere l'ottimo Broderick, passato ai Megadeth.
L'esaltazione da parte degli stanchi presenti prosegue, quando Mr. Conklin annuncia un pezzo che "Unisce tutti noi come una catena infinita!", è proprio "Chain of command", uno dei brani cardine del combo, immancabile in qualsiasi set list.
Arrivati alla fine i Jag Panzer si guardano indietro con "Battle zones" dal primo Ep e la grandiosa "Warfare", che,alle ore 2:40, conclude uno show ma soprattutto un festival che ha regalato e sicuramente regalerà tante emozioni...
Report a cura di Alessio Aondio
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