Che grande invenzione che è il Jolly Roger Festival, una manifestazione riservata a band italiane con musicisti italiani che cantano in italiano. Una mossa forse azzardata qui sullo stivale ma grazie agli sforzi della Jolly Roger Records, a tanta pubblicità e ad un prezzo d'ingresso più che poploare non poteva che diventare un gran successo.
Nel corso della giornata si sono alternate formazioni dal background differente ma questo non ha ostacolato nessuno ne penalizzato una o l'altra band.
Il pubblico si è dimostrato maturo apprezzando le varie proposte e questo, in un paese dove il 'pirla' che lancia oggetti sul palco è sempre dietro l'angolo, è un qualcosa di lodevole.
Sfortunatamente non riusciamo ad assistere alle prime due prove quella dei marchigiani Kurnalcool e della formazione a sorpresa, vicitrice di un contest che le ha permesso di esibirsi sul palco di Argelato.
Gustiamo dall'inizio la prova dei romani T.I.R. (Total Inferno Rock) formazione attiva dal lontano 1984, anno in cui ha pubblicato un EP e che ha da poco fatto la ricompanrsa sulla scena.
La prova della band è buona e convincente, un heavy classico che richiama la N.W.O.B.H.M. esplosa appunto nel periodo in cui è nata la band.
Spezzano un pò lo spirito del festival i siciliani Trinakrius, heavy metal classico si, ed i primi brani sono cantati in italiano, ma il repertorio ultimo della band (vedasi l'ultimo 'Black Hole Mind') ha abbandonato l'italiano per l'inglese, niente di male in questo. Avendo avuto però la possibilità di vedere on state i due aspetti dell'act siciliano posso dire che la resa migliore, e più originale, la si ha sui brani madrelingua.
Tocca poi a Ul Mik ed i suoi Longobardeath, per dire le cose come stanno, nemmeno il quintetto lombardo canta proprio in italiano dato che la band ha da sempre promosso il cantato in dialetto milanes. Questo complica un pò il tutto a livello di comprensione quando si esce dalla propria regione e costringe il signer a fornire spiegazioni delle varie song in italiano.
La goliardia ed la passione che questa band riesce comunque a trasmettere riesce però a vincere l'ostacolo della comprensione lasciando che sia la musica il filo conduttore che unisce pubblico e band.
Un lungo cambio palco annuncia l'arrivo dei Rosae Crucis, anche qui siamo di fronte ad una band presente sulla piazza da diverso tempo. Jolly Roger ha da poco ristampato il vecchio demo "Re del Silenzio" a cui seguirà "Fede Potere e Vendetta". La band capitolina oltre a indubbie doti tecniche riesce a sedurre i presenti offrendo una scenografia teatrale in linea con un epic metal che unisce primi Manowar e Manilla Road.
Si rientra in suolo lombardo e più esattamente sulle Orobie con i Folkstone che per una volta hanno un palco abbastanza ampio per accogliere tutti i vari musicisti.
La band offre uno show esplosivo rivelandosi ancora una volta in piena forma e trascinando i presenti i danze a pogo sulle note di cornamuse suonate a festa.
Oltre alla ormai classica set list viene anche offerta un'anteprima del disco in fase di uscita dove, sorpresa, anche il frontman Lorenzo suona la chitarra (così è normale chiedersi : -ma quanti strumenti suona quest'uomo?-).
Dalla toscana giungono infine gli headliner, capitanati dal carismatico Daniele Ancillotti i Bud Tribe si presentano carichi al 100% sfoderando per l'occasione il repertorio in italiano ed andando a ripescare anche qualche pezzo della Strana Officina. Un pezzo di storia del nostro paese che dimostra come sin dalla nascita di una scena heavy nel nostro paese, ci siano state formazioni che hanno creduto nel cantato in italiano.
Col tempo il numero sia di bands, che di fans, che ci credono è cresciuto il J.R. Festival non è un motivo in più per crederci ma piuttosto un qualcosa di cui prendere atto, un processo che promette bene per il futuro e per la salute della scena nostrana.
.: foto :.
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.: Bud Tribe

.: Folk Stone

.: Rosae Crucis

.: Longobardeath

.: Trinakrius

.: TIR

Report a cura di Paolo Manzi
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