Purtroppo, il Play it Loud di due giorni, in programma questo settembre, è saltato, compromettendo così la sana dose di Heavy Metal che ci avrebbero somministrato le band scelte dal mastermind della My Graveyard Production, l'attentissimo Giuliano Mazzardi...
Ma, per placare la nostra sete di 80's, Bologna Rock City, ha pensato bene di organizzare questa serata con un'accoppiata N.W.O.B.H.M. d'eccezione, Grim Reaper e Praying Mantis, accompagnati da valide proposte, tutte nostrane.
Quindi, via con la musica, il mio festival inizia con gli Asgard, (causa ritardo, mi perdo i giovani Thrasher Rising Dark), gruppo Power/Speed da Ferrara, direi che dalle prime note è subito “amore”, dato il tiro della band emiliana, che sembra uscita direttamente dalla mitica scena US Metal dei gloriosi anni '80.
Chiaro, i ragazzi devono ancora farne di strada, dato che non hanno ancora realizzato un full-lenght ma, le premesse ci sono tutte, visto che songs come “The Seal Of Madness” o ancora “Asgard Invasion” non fanno prigionieri, grazie anche all'ugola di Mace, acutissima e tremendamente penetrante! Da citare il sentito omaggio agli Agent Steel con “Unstoppable Force”, solo per questo, giù il cappello, da tenere d'occhio per il futuro...
Dopo la bordata Neurasthenia, vista a spizzichi e bocconi, proprio perchè stavamo “spizzicando e sbocconando” la nostra cena, è la volta dei Rain, senz'altro il combo con più esperienza nella scena bolognese che, quindi, in questo contesto, gioca in casa, esempio ne è l'affluenza di persone sotto lo stage degli (ormai!) Hard Rockers felsinei.
Sì, perchè l'ultimo “Dad Is Dead” è meno Heavy e più “ruffiano” che so, del precedente e possente “Headshaker”, personalmente li preferivo votati al Classico però, è innegabili che anche i nuovi brani come “Blind Fury” o “Rain Are Us”, sono capaci di entusiasmare i presenti!
Stona invece la cover “Rain” dei The Cult, per chi scrive tanto bella come canzone quanto abusata e ripetuta da migliaia di tributi, però d'altronde, dato il nome del gruppo non si poteva pretendere altro!
Ad ogni modo, prova superata per i Rain, anche nella “nuova” versione e, non sono solo io a dirlo ma, soprattutto gli scroscianti applausi che chiudono il loro show...
Arriva il momento del primo dei due co-headliner della serata bolognese, i Praying Mantis, non è un mistero che la band di Tino Troy (bassista) abbia virato più di 25 anni or sono verso lidi A.O.R., benchè britannici, fermandosi al solo “Time Tells No Lies” per quanto riguarda la New Wave Of British Heavy Metal, quindi mi preparo ad un concerto, diciamo così, più tranquillo...
Si rivelerà infatti uno show più melodico rispetto agli altri gruppi impegnati on stage ma, ben suonato e con la giusta energia, trasudata dai pezzi più storici quali “Running For Tomorrow” oppure la mitica “Children Of The Earth”, dove anche l'odierno singer Mike Freeland conferma le buone impressioni avute ascoltando l'ultimo “Sanctuary”.
Troy (che tra l'altro indossa un fantastico gilet rigato da facchino!) & Company si confermano quindi una onesta e precisa band Rock, che non ha intenzione di mollare il colpo anche dopo 30 anni di carriera e, anche se l'Heavy è solo un gradito ricordo, gli autori di “A Cry For The New World” possono dire di non aver sfigurato affatto davanti ad un pubblico di Defenders, Mantis strikes again!
Arriva il momento di Steve Grimmett e dei suoi Grim Reaper, senza dubbio i più attesi della kermesse bolognese, infatti, tutti i fans sono sotto il palco ad acclamare il biondo singer e compagni che partono alla grande con “Rock You To Hell”, applaudita ovviamente da tutti i presenti.
Anche se la band non è nulla di che e il buon Steve è segnato dal tempo (sia fisicamente che vocalmente!), una scaletta che comprende grandi canzoni di Heavy inglese quali: “Lust for Freedom”, “Rock Me 'Till I Die”, “Rock and Roll Tonight”, non può non incendiare i cuori di vecchi o nuovi adepti della Mietitrice di Droitwitch.
Non ci sono fronzoli nell'esibizione dei Grim Reaper, tanto da sembrare scarna, ma è lasciando parlare la musica che la N.W.O.B.H.M ha fatto storia, non certo con super scenografie e via discorrendo (chi ha orecchie per intendere...), giustificato quindi il visibilio finale per il cavallo di battaglia “See You In Hell”, letteralmente urlato da tutti i presenti al Ke Me Meo, pezzo che sancisce la fine dello spettacolo, oltre che del P.I.L. Revenge stesso...
Per concludere, unico mio rammarico è l'esclusione di “When Heaven Comes Down” da una setlist altrimenti perfetta, ma è poca cosa di fronte allo spaccato di storia al quale abbiamo assistito, decisamente da rifare, credo che i ragazzi di Bologna Rock City ci abbiano già pensato!
Report a cura di Alessio Aondio
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