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Mr. Big - 9/23/2009 - Alcatraz - Milano

Nei primi anni ’90 furono fra gli ultimi gruppi della “golden era” dell’hard rock melodico (fine anni ’80 per capirci…) ad abdicare, soffocati dal grunge e dal neo-punk e da lì in poi sul nome dei Mr. Big si era steso un rispettoso silenzio, fra fans inconsolabili e nuovi adepti che mai e poi mai avrebbero sperato che un giorno il loro sogno sarebbe divenuto realtà: Billy Sheenan, Paul Gilbert, Eric Martin e Pat Torpey di nuovo insieme! Com’è andata lo sappiamo tutti: un “best of…” commemorativo per il mercato giapponese, qualche bonus track da inserire per rendere il prodotto appetibile, qualche data promozionale e la magia “ri-scatta” di nuovo e diventa un tour mondiale con tanto di progetti per un nuovo album di inediti. Serata di fine estate a Milano e un “tutto esaurito” che stupisce tutti coloro che bollano superficialmente ogni cosa che non sia “ultrahype” come superata o nostalgica, con un pubblico perfettamente mixato tra giovani e vecchi rockers. “Alcatrazz” stivato, nessun gruppo di supporto e due ore di show tutto per loro, per ripercorrere in lungo e largo una carriera breve ma fulminante: ore 21,30 si spengono le luci e parte “Daddy, Brother, Lover, Little Boy” in un boato fragoroso. Nemmeno a dirlo: perfetti in tutto, compreso il sempre rischioso (per la rottura delle corde) assolo con i trapani che contraddistingue il pezzo. Hard rock solidissimo, accelerazioni heavy e raffinate partiture più melodiche si intersecano alla perfezione nelle mani di questi quattro maestri e l’hard rock solido e “zeppeliniano” di “Take Cover” accostato alla “beatlesiana” melodia di “Green Tinted Sixties Mind” pare la cosa più naturale del mondo se fatta dai Mr. Big. “Just Take My Heart” e “Wild World” danno modo al pubblico di sognare a occhi aperti e rilassare un po’ le orecchie e poi ammirare Billy Sheehan e Paul Gilbert produrre virtuosismi incrociati sui rispettivi strumenti è una cosa che lascia sempre a bocca aperta e fatta con un gusto tale da non annoiare anche chi non è un musicista o un “tecnico” e viene ad un concerto per divertirsi e non per contare quante note al secondo riesce a produrre Paul Gilbert (!). Nel finale altri pezzi da novanta vengono sparati in rapida sequenza, con le super heavy “Addicted To That Rush” e “Colorado Bulldog” inframezzate dalla attesissima “To Be With You” a far commuovere le “ragazzine di ieri” e ad ammaliare con la propria disarmante semplicità. Finita? No! C’è spazio per due clamorose cover e se “Baba O’Riley” (si, quella di “C.S.I” !) degli Who è un consueto tributo dei Mr. Big ai mitici inglesi, il ripescare dal repertorio di David Lee Roth la pirotecnica “Shy Boy” è stato un vero colpo al cuore. Sulla via del ritorno la soddisfazione è palpabile e si ripercorrono a occhi aperti le magie virtuosistiche dei quattro o le emozioni suscitate dalle varie canzoni… sperando di non aspettare altri quindici anni!

Report a cura di Stefano Giusti

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