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X Mass Festival - 12/13/2004 - Transilvania Live - Milano

Erano circa una ventina i presenti davanti ai cancelli del Transilvania Live quando mancava poco più di un’ora all’apertura, ed il numero con il tempo non accennava ad aumentare. Persa in varie considerazioni sul motivo per cui ci fosse ancora così poca gente (poca pubblicità? scarso interesse per i gruppi? il fatto che fosse lunedì? il concerto dei Deicide tre giorni dopo?), trascorro l’attesa ai limiti dell’assideramento, e finalmente arriva il momento dell’entrata, di poco in ritardo rispetto all’ora prevista.
Una volta dentro, mi incollo alla transenna giusto in tempo per vedere il primo gruppo, i Belphegor.
Il quartetto austriaco apre le danze con il suo devastante death-black satanico, di fronte ad un pubblico di poche decine di unità. Nonostante le grandi potenzialità che possiedono, i Belhpegor sono largamente sottovalutati ed è a loro concesso un tempo di esibizione limitato- cinque canzoni contate, tra cui, e lo dico per i (pochi) interessati, “The Goatchrist”, “Diaboli Virtus in Lumbar Est” e “Lucifer Incestus”, quasi tutte tratte dall’ultimo album. Devo ammettere di non aver avuto idea fino ad allora di quanto questo gruppo fosse purtroppo sottovalutato, sebbene lo scontento degli estimatori si sia sentito.
Ed è la volta del death-thrash dei Black Dahlia Murder, che per la sottoscritta sono una vera rivelazione: sound trascinante, ben ritmato e potente al punto giusto unito a un frontman che corre in lungo e in largo per il palco catalizzando su di sè tutti gli sguardi, offrono una performance davvero di qualità ed il desiderio di approfondire la conoscenza di un gruppo che ha indubbiamente lasciato il segno.
E’ però con i Vader che si entra nel vivo del concerto, ed il locale inizia a riempirsi: non più il vuoto, ma una vera e propria folla si schiera sotto il palco in attesa del noto gruppo death. Il risultato sono circa tre quarti d’ora di pura violenza, quasi non si stesse aspettando altro che il loro arrivo per inziare a “fare sul serio”. Purtroppo non mi è stato possibile procurare la scaletta delle canzoni suonate, e mi limito in compenso ad accennare all’indovinato abbigliamento da prete con cui ha fatto il suo ingresso il cantante.
Un attimo di riposo per riprendersi dai Vader ed ecco apparire i Finntroll, gruppo folk-black dalle caratteristiche melodie orecchiabili (e dalle canzoni dai titoli impronunciabili). L’esibizione del quintetto è convincente, ma apprezzata soprattutto da chi già aveva avuto modo di conoscere il gruppo, poiché le diverse melodie non erano perfettamente udibili ed era difficile, se non a memoria, seguirne il ritmo; inconveniente non da poco, poiché si tratta della principale attrattiva del gruppo, ed è forse per questo che non riesce a raggiungere una maggiore approvazione.
Entriamo finalmente nel cuore del concerto, è il momento dei Napalm Death. Ormai il Transilvania Live è gremito, la folla non sta più nella pelle, il frontman del gruppo fa la sua entrata in scena e trascina instancabilmente il pubblico in un inferno sonoro di circa un’ora , proponendo pezzi nuovi in anteprima e covers di Criptic Slaughter, Cripple Bastards e Agnostic Front. Unico inconveniente nella performance è stato l’improvviso spegnimento del microfono nel bel mezzo dello show, puntualmente seguito da una vasta gamma di imprecazioni ed al quale, per fortuna, si è posto rimedio in poco tempo, tanto che si è trattato di un disguido trascurabile. Indubbiamente si è trattato della miglior performance della serata, sia dal punto di vista del consenso (la folla era in visibilio), sia dal punto di vista musicale, grazie ai pezzi veloci, ritmati e graffianti.
Arriviamo così a quello che avrebbe dovuto essere il clou della serata, ovvero sia il momento dei Marduk, o meglio di ciò che ne resta, visti i recenti cambi di line-up che hanno portato ad una vera e propria ristrutturazione del gruppo rispetto alla loro ultima apparizione in Italia, nel 2003. La curiosità di vedere la nuova macchina da guerra svedese è tanta, ma neppure il più grande ammiratore potrebbe negare che, tanto per restare in metafora, la macchina si è inceppata. Nonostante il nuovo batterista fili bene, e nonostante i chili in meno di Morgan, quello che pesa davvero è la sostituzione del cantante Legion, non solo per le sue doti vocali, ma anche, e direi quasi soprattutto, per il suo carisma e l’indubbia presenza scenica che sapeva conquistare il pubblico (come dimenticare le sue famose entrate in scena “con bestemmia” ?). L’esibizione dei Marduk, certamente apprezzabile dal punto di vista tecnico per coloro che non hanno avuto modo di conoscerli in precedenza, appare un pallido riflesso dei tempi d’oro, ed invano il gruppo ripropone i vecchi successi, tra cui la classica “Panzer Di vision Marduk” per dare prova che quei tempi sono ritornati: le canzoni si susseguono in modo quasi monotono, tra lo sgomento e la delusione. Forse, con l’abitudine sarà possibile apprezzare meglio questa nuova formazione, ma come di un gruppo “altro” rispetto ai Marduk.
La serata volge dunque al termine, anche per quest’anno abbiamo avuto la nostra dose di violenza pre-natalizia ed è ora di tornare a casa, riattaccare i pezzi delle ossa rotte, riavvitare le teste svitate dall’headbanging e, nel mio caso, raccontare questa ennesima, devastante esperienza.

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Report a cura di Tiziana Ferro

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