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Fear Factory - 3/11/2010 - Magazzini Generali - Milano

È una fredda serata milanese quella che precede il concerto degli statunitensi Fear Factory. Pur essendo un frequentatore di concerti da quasi un ventennio mi reco per la prima volta ai Magazzini Generali, situato nella periferia Sud.
L’orario di inizio è fissato per le 21.00 e alle 20.15 sono davanti alla cassa del locale aspettando con impazienza.
I “Magazzini Generali” è una discoteca molto piccola e lunga, della capienza di poche centinaia di persone, davvero anomala come location per dei concerti; l’interno è cupo e spoglio, un lungo bancone precede il mixer e il palco. Il minuscolo banchetto del merchandise vende magliette, cd e un copri rullante della batteria per ben 100,00 euro, vera chicca da collezionista, per altro rimasta inacquistata.
Il palco è davvero piccolo, tanto che il microfono voce del bassista Byron Stroud viene posto quasi all’altezza della batteria, mentre la strumentazione è posta a lato, quasi sulle scale. Il resto del palco è spoglio di luci e l’impianto audio promette poco… Cosa che si dimostrerà ahimè vera durante lo svolgimento del concerto.
Nella lunga attesa scorre interminabile la musica di sottofondo, dall’industrial ai rockettari ACDC, nessuna band apre per i Fear Factory. Il tempo sembra dilatarsi nell’attesa che il locale si riempia, mentre i roadie finiscono di provare la strumentazione e attaccano la setlist , ma finalmente dietro ad uno sbuffo di fumo parte l’intro di Mechanize e appare la pachidermica immagine del chitarrista Dino Cazares assieme al Grizzly canadese Byron Stroud al basso, Gene Hoglan si siede dietro alla batteria e Burton Bell inizia a cantare.
Il pubblico per nulla caldo ma in trepida attesa emette un boato liberatorio, finalmente si inizia … Mechanize lascia il posto a vecchi pezzi come Shock, Edgecrusher, Smasher/Divourer, fino a riproporre Industrial Discipline, tratto dall’ultimo album. Il pubblico sembra ipnotizzato dal sound della “otto” corde di Cazares , e non smette di saltare e pogare.
Come ogni concerto dei Fear Factory che si rispetti si forma un vero e proprio pitfight centrale dove i fans si scatenano lanciandosi sulle prime file e cercando di cavalcare l’onda umana per arrivare sotto palco.
Il pubblico è variegato, da giovani ventenni fino a qualche quarantenne brizzolato e nostalgico che si getta nella mischia del pogo col sorriso sulle labbra.
Le canzoni si susseguono senza tregua: Acres of Skin, Linchpin, Powershifter, Fear Campaign, Martyr, mentre l’audio peggiora con l’evolversi del concerto.
Acusticamente i Magazzini Generali sono davvero terribili , la forma stretta e lunga del locale e i soppalchi rovinano l’acustica del concerto. Chi si è trovato sotto ai soppalchi si è perso le evoluzioni chitarristiche di Cazares, i volumi sono stati ritoccati durante il concerto fino a raggiungere suoni distorti e gracchianti che andavano oltre la soglia dell’industrial e del trash metal. Nonostante tutto i Fear Factory non si fermano un attimo, come un treno in corsa inarrestabile sparano uno dietro l’altro tredici pezzi prima di fermarsi un secondo a prendere fiato: Christploitation , Resurrection Play, Final Exit, e mentre il pubblico in delirio continua senza sosta a pogare, Gene Hoglan si alza in piedi e con un saluto militare esce di scena, seguito da Burton Bell e Stroud. Solo Cazares resta un attimo a raccogliere gli applausi prima di dissolversi.
Ma il pubblico reclama ed eccoli nuovamente. Burton Bell presenta i membri della band e parte Demanufacture, seguita da Self Bias Resistor, Zero Signal e Hunter Killer.
La voce di Bell è andata peggiorando nella seconda metà del concerto, nei vocalizzi puliti ho sentito qualche stonata, segno di affaticamento e a fine concerto è visibilmente provato. Cazares e Stroud sono stati di contro impeccabili, nonostante le loro notevoli masse abbiano cercato di alternarsi ai lati del minuscolo palco facendo roteare i capelli, mentre Gene Hoglan si è dimostrato una vera “macchina” alla Fear Factory.
La scelta della setlist a mio parere non è stata delle più azzeccate, ripescando pezzi da album creati quando Cazares non era presente nella formazione, tralasciando brani ben più famosi con un impianto audio e un soundcheck approssimativo non hanno fatto rendere al massimo dei suoni difficilmente riproducibili al di fuori dello studio di registrazione.
Quel che è certo è che i ragazzi ci hanno messo la loro anima “biomeccanica” in questa data Milanese.

Report a cura di Michele Aldeghi

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