Siamo ad aprile inoltrato ma qui, nel regno del Grande Freddo, il paesaggio è ancora bianco e ghiacciato.
Questa volta sono riuscita a superare me stessa: l’hotel che ho scelto ad Alvik (a 10 minuti dal centro di Stoccolma) è esattamente accanto al Gamla Trykeriet, il palazzetto che sta per ospitare l’edizione 2010 del CRAZY NIGHTS ROCKFEST, festival rock interamente made in Sweden.
Mi metto in fila ma l’attesa è breve perchè, precisi come del resto gli scandinavi sono sempre stati, alle 15 le porte si aprono. Che la cultura metal nei paesi del nord sia ben radicata e diffusa non è certo una novità: cio’ che riesce ancora a stupirmi è che tutto il pubblico sfoggia un look davvero strabiliante, con capigliature cotonate, foulard leopardati alla cintura e occhi vistosamente truccati, il cui risultato finale è un riuscitissimo glam mix a metà tra Steven Tyler e Vince Neil.
All’interno scopro due sale. La prima è la piu’ grande. Sulla sinistra un tendone ne nasconde una secondaria, di capienza decisamente minore, e capisco che le band si alterneranno sui due diversi palchi.
Non faccio quasi in tempo a prendere posizione che già il primo gruppo comincia a suonare.
Gasoline Queen, Rock ‘n Roll Allstars, Glorious Bankrobbers, Reptile Smile, Dundertaget... Tutti si esibiscono di fronte ad un pubblico per la verità ancora davvero poco numeroso. I Baby Jane già intiepidiscono l’atmosfera con il loro glam metal ispirato allo stile dei Crashdiet, solo un po’ piu’ punkeggiante.
Dopo la breve esibizione dei Crazy Lixx, rimasti orfani del chitarrista Vic Zino (ora Hardcore Superstar) ecco apparire sul palco principale i Casablanca che, se non altro, non passano inosservati. La formazione raggruppa cinque elementi tutti appartenenti a diverse band che per piu’ di due anni si sono massonicamente ritrovati in gran segreto per scrivere e provare, fino alla decisione di creare questa partcolrissima “classic rock band”, le cui melodie quasi ipnotiche fanno ballare il pubblico e rimangono impresse nella mente. Come non puo’ non rimanere impresso lo stile davvero glamorous e fascinoso del vocalist Anders Ljung (già conosciuto come frontman degli Space Age Baby Jane) che forse eccede un po’ nel farsi notare (vi assicuro che comunque non ce ne sarebbe stato bisogno!) con ripetuti lanci e pedate ad aste e microfoni, che il povero roadie si affretta a sostituire.
Mentre i Fatal Smile (già due date italiane all’attivo lo scorso anno come supporters dei Lordi) si esibiscono sul piccolo palco allestito nella sala secondaria con i loro pezzi un po’ anni ’80 ma con un tocco decisamente moderno, ecco che il palco principale viene preparato per gli H.E.A.T. E qui l’atmosfera si surriscalda, il pubblico alle mie spalle si fa piu’ numeroso ed acclamante, e non a torto, devo ammettere. Con all’attivo un unico omonimo album uscito nell’aprile del 2008 questa formazione è riuscita tramite le esibizioni dal vivo a farsi benvolere dai propri connazionali. Colpisce l’impatto live di brani come “Keep on dreaming” e “Never let go”, seguiti da “Cry”, bella ballata calda ed orecchiabile, che segue la scia del loro rock melodico, straordinariamente sottolineato dalla voce di Kenny Leckremo, davvero notevole.
Al termine parte del pubblico si riversa nuovamente nella sala adiacente, per assistere alla breve ma energica esibizione dei Babylon Bombs, cosciente del fatto che li ascolterà per l’ultima volta con l’attuale formazione. Il frontman Dani ha infatti da pochissimo annunciato la propria decisione di allontanarsi dal music biz, stanco ed ansioso di stare vicino alla propria famiglia.
Ci siamo. Adesso sì che mi devo saldamente ancorare alla transenna. Arrivano i Bullet!!!! In Svezia sono già un’icona e lo scorso anno sono stati i vincitori dello Swedih Metal Award. Meritatissimo. “Pay the Price” apre la loro performance, seguita da “Dusk ‘till Dawn” e “ Wheels keep on turning”. Il loro heavy metal è schietto, i ritornelli semplici ma di grande effetto e il tutto, condito dalla presenza scenica importante del corpulento frontman Hell Hofer, li rende una band dal sicuro impatto live. Tanto che quando attaccano con “Bite the Bullet”, che da il nome al loro ultimo album, gli spettatori vanno in visibilio. Spesso paragonati agli AC/CD e agli Airbourne, di certo i Bullet sanno trascinare le masse con la loro carica incredibile.
Ma ormai sono le 22.30 e il palazzetto è gremito. Tutti aspettano trepidanti gli headliners di questo festival.
Gli Hardcore Superstar, ormai veri idoli in Svezia, hanno sfondato in tutta Europa, per non parlare del Giappone, in cui hanno un grande mercato. Li vedo suonare per la terza volta in sei mesi e nemmeno oggi mi deludono, anzi... Parte la intro e subito “Beg for it” ed è il delirio. I freddi svedesi si trasformano in rockettari scatenati e saltano al ritmo dei pezzi che si susseguono. “Into Debauchery” e “Nervous Breakdown” dall’ultimo album, seguite dall’immancabile medley semi-acustico “Shame/Standing on the Verge”, brani relativamente piu’ tranquilli che placano brevemente gli animi. Ma è solo una questione di tempo. “ My good reputation” e il cavallo di battaglia “We don’t celebrate Sundays anymore” riscatenano la folla. Jocke Berg, come sempre in splendida forma, salta da una parte all’altra, dimostrandosi ancora una volta un vero “ animale da palcoscenico”, incita gli spettatori e scherza con il chitarrista Vic, mentre Adde alla batteria consuma bacchetta dopo bacchetta, per poi lanciarle tra la folla. “Kick on the Upperclass” e “Wild boys” seguono e il tutto si conclude, come spesso accade nelle esibizioni degli HCSS, con un’invasione di tutte le band che hanno suonato al festival che si riversano sul palco e cantano con loro, per un saluto finale.
Dunque, traendo le debite conclusioni per queste 10 ore di rock ‘n roll, si potrebbe così riassumere: un po’ di novità, qualche perp
lessità e alcune decise conferme.
Almeno per quel che riguarda lo scenario dello sleaze metal, concedetemelo... SWEDISH DO IT BETTER.
Report a cura di Valeria Milanesi
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