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Bang Your Head!!! - 7/15/2010 - *** - Balingen (DE)

Grande edizione del Bang Your Head!!! Festival quella del 2010, anch'essa svoltasi presso la Balingen Messegelände, ampia area concerti fornita dei “comfort” necessari per sopravvivere degnamente ad una due giorni intensa e splendidamente faticosa!
Andiamo con ordine però, poiché il giovedì sera, presso il nuovo palazzetto adiacente al già citato piazzale, si è consumata una grande serata dedicata alla N.W.O.B.H.M., basilare movimento d'oltremanica che (per comodità) compie 30 proprio nel 2010.

GIOVEDI' 15:

A scaldare l'ambiente ci pensano gli onnipresenti Roxxcalibur, cover band tedesca, votata in toto al British sound che scaldava i freddi cuori dei teen-agers albionici, la quale, rodata e ben preparata strumentalmente, raggiunge il suo apice col must “Witchfinder General” della Doom band eponima.
Tocca poi ai veterani di Leicester, gli inossidabili Blitzkrieg, capitanati dal misterioso Brian Ross, autore, come sempre, di una prestazione sopra le righe.
Infatti, brani vecchi e nuovi del combo britannico, colpiscono nel segno, impossibile non rimanere estasiati da perle oscure quali “Pull The Trigger” (brano in origine dei Satan), “Escape From The Village”, “Theatre Of The Damned” o la conclusiva e “cult” “Blitzkrieg”, pezzo, per chi scrive, tra i più belli in assoluto del nostro amato Heavy Metal!
Tocca sempre a Ross & Co. Dar via allo stupendo tributo a Dio, con “The Mob Rules”, consuetudine che andrà ripetendosi per la stragrande maggioranza delle band esibitesi qui al BYH!!! Con delle premesse così, impossibile annoiarsi...
Passiamo la palla ai più melodici Demon, da Trent, che da par loro, tengono alta la Croce di san Giorgio, grazie alla manciata di classici sciorinata dal sestetto, condotto con maestria da Mr. Dave Hill.
Cantate da tutti a squarciagola le hit quali “Night Of The Demon” e la chiusura “Don't Break The Circle”, in mezzo troviamo una grande riproposizione di “Starstruck” oltre che, per non farci mancare nulla, altre chicche d'un tempo come “Into The Nightmare” o ancora la nuova melodia di “Standing On The Edge”.
Promossa anche la vena più Hard Rock di questa serata, che non fa altro che confermare che chi, come i Demon, possiede una vena compositiva fuori dal comune, non può MAI steccare!
A proposito di gente fuori dal comune che non commette mai errori, arrivano on stage gli headliner Saxon, da Barnsley, nel placido Yorkshire, per ribadire, a più di trent'anni dal loro esordio, la leadership acquisita durante una carriera longeva, brillante e quanto mai produttiva.
Biff non può esimersi dal declamare la lezione di storia che comprende capitoli di pura N.W.O.B.H.M. quali “Motorcycle Man”, “Princess Of The Night”, “Strong Arm Of The Law”, “And The Bands Played On”, oltre che la dedica verso Ronnie con “The Eagle Has Landed”. Inutile dilungarmi oltre nel parlare dei Sassoni in versione live, soltanto è grazie a Byford, Quinn, Glockler, al rientrante “Nibbs” Carter e all'ormai consolidata seconda ascia in mano a Scarratt se il nostro “spirito è reso libero”.
In definitiva si poteva fare questo viaggio dall'italia solo per il warm up show, data la caratura dei presenti, figuratevi sommando il bill della due giorni successiva!

VENERDI' 16:

E' con curiosità che ci apprestiamo a vedere la “big thing” del revival 80's, quegli svedesini di nome Enforcer che, nel loro piccolo si stanno tagliando una bella fetta di soddisfazioni.
Il loro sound molto N.W.O.B.H.M oriented, anima e diverte i presenti anche di mattina, con scanzonate rasoiate come “Mistress From Hell”, “Speed Queen” o la nuovissima “Katana”, riscoutendo un successo generale, unico appunto, la voce di Olof Wikstrand che, forse mancante di esperienza, esagera nella prima parte del gig, trovandosi affaticato nella seconda ma, si sa, i giovani sono impetuosi!
Di nuovo Svezia con gli Heavy/Doomster Grand Magus, dei quali ammetto di conoscere solo le ultime due uscite ma che, con fiera veemenza, si lasciano apprezzare pur non proponendo un genere prettamente “da intrattenimento” ma, tale è il magnetismo di JB Christofferson, che il tempo a loro disposizione è sufficiente a portare una ventata di gelo nordico sulle già calienti teste dei fans. Il primo nome realmente di spicco di questo venerdì sono i Forbidden, mai domi Thrasher della Bay Area che fu, ora orfani della storica sei corde di Glen Alvelais ma, vi assicuro, ancora in grado di percuotere deretani!
Poche balle quindi, anche perchè se il tuo frontman è il mastodontico Russ “The Viking” Anderson e spara proiettili del calibro di “Through Eyes Of Glass”, “Twisted Into Form” o ancora l'immortale “Chalice Of Blood”, nessuno può restare vivo!
Spetta a Locicero & Co. l'insolito (per loro!) lento di “Children Of The Sea”, eseguito invero con inaspettato e toccante cuore, preparatevi inoltre al ritorno discografico del quintetto, “Proibito” bigiare!
La prima pausa me la prendo durante i Sabaton, ennesimo gruppo a mio avviso sopravvalutato e eccessivamente pompato nell'ahimè già inflazionato panorama del Heavy/Power europeo, ad ogni modo, per quello che posso scorgere, sembra proprio che la new sensation svedese raccolga parecchi consensi tra il pubblico di Balingen.
C'era grande, grandissima attesa, per i seguenti Loudness, senz'altro la più grande Heavy Metal band nipponica che, oggigiorno si è svenduta a sonorità odierne ma che, quando vuole, sa regalare ancora massicce dosi di 80's Metal!
Così è, fortuna per noi, infatti la scaletta scelta da Akira Takasaki, grande axeman della band, è di quelle da brivido, infatti centrano il bersaglio con “Crazy Night”, “Crazy Doctor”, “Heavy Chains” e via di questo passo.
Non posso tacere la splendida prova di Minoru Niihara alla voce che, anche non essendo un fenomeno di tecnica, al contrario del bassista (storico e tarantolato!) Masayoshi Yamashita, è ancora capace di confrontarsi dinnanzi ad una grande folla, che tributa a lui e ai Loudness il plauso meritato.
Si sa che l'Heavy Metal, quello vero, quello MAI influenzato dalle epoche e dai soldi, non passa mai di moda e, nel caso degli Anvil, ti può anche regalare delle soddisfazioni anche a più di 25 anni di distanza.
Lips e Robb Reiner non si sono mai dati per spacciati ed eccoli quindi sulle assi di un grande festival a proporre il ruvido Heavy/Speed per il quale sono famosi, leggasi “School Love”, “666”, “Mothra”, “Jackhammer” , “Winged Assassins” ed il temibile anthem “Metal On Metal”. Tra un solo di “dildo-guitar” (dorato per l'occasione!) del gigione Lips ed un altro, grezzo ed impulsivo, ovvero quello di batteria ad opera di Reiner, il terzetto canadese ci mette davanti ad un altro divertente concerto, oltre alla consapevolezza che, ancora per tanto tempo, vedremo battere l'incudine!
I Savatage non si riformano? Middelton e Caffery vivono già bene con la Transiberian Orchestra? Chi se ne frega dico io, tanto i Jon Oliva's Pain, eseguono un set al 90% votato al sacro repertorio della band madre, il cui leader siede come sempre al fido pianoforte. Toccanti diamanti di Heavy Americano ci riempiono le orecchie e, complice la buonissima prestazione di Jon, possiamo goderci indisturbati “Chance”, “Jesus Saves”, “Sirens”, “Believe” e chi più ne ha, più ne metta, al grido di “Hai voglia a trattenere i lacrimoni!”. Le già ineffabili musiche forgiate dai fratelli Oliva, quali “Gutter Ballet” o “Edge Of Thorns”, si fondono col sincero omaggio a Ronnie Dio, qui citato con “Rainbow In The Dark”, pezzo forte insieme alla doverosa chiosa di “Hall Of The Mountain King”, anche senza l'originale monicker, un sinonimo di qualità!
Ancora grandi emozioni con Doro, la Metal Queen di Düsseldorf, come è abituata, dà tutto ai suoi fans, in particolar modo quando gioca in casa, come al Bang Your Head!!!
Partenza affidata alla quasi nuova ma già imprescindibile “You’re my Family”, che surriscalda ancor di più il clima tra le prime file, preludio al doveroso ripescaggio di brani che dai tempi degli Warlock hanno reso famosa la timida ma grintosa frontgirl, via quindi a “I Rule The Ruins”, “Burning The Witches”, “Metal Racer” o la commovente “Für Immer”.
La rodata band che da qualche anno sta dietro a Fräulein Pesch, si rivela efficace esecutrice e abile intrattenitrice, un plauso quindi anche al “nostro” Luca Princiotta, già chitarrista dei Clairvoyants, che, come i suoi partners in crime, incita la folla a cantare ancora più forte l’interminabile refrain de “All We Are”, o ancora le cover di “Breaking The Law” e, per finire, il grande tributo a Ronnie con “Egypt (The Chains Are On)”, grazie ancora Doro!!!
Chi si lancia nel gioco dei luoghi comuni sulla Confederazione Elvetica, di certo citerà le vacche, gli orologi ed il toblerone, senz’altro io (e tutti gli altri aficionados!) ci metto i Krokus, qui presenti con la super-formazione dei tempi di “One Vice At A Time”.
Grandi classici di adrenalinico Hard Rock, mescolati a cover e nuovi pezzi, come l’efficace “Hoodoo Woman”, “Long Stick Goes Boom”, l’immancabile “American Woman” o “Born To Be Wild”, ci rivelano uno Storace in forma smagliante e, l’accoppiata Von Arb/Kohler che trita riffs su riffs, rendendo indelebile la loro performance!
Per avere già 35 anni di attività sulle spalle, la loro precisione è sì tipicamente svizzera, i Krokus infatti non colpiscono mai a vuoto, raggiungendo il top dello show con la romantica “Screaming In The Night”, posta a metà setlist ma sempre da pelle d’oca!
Arrivati all’angolo delle critiche ehm, pardon, agli headliner della prima serata, gli Hammerfall, mi chiedo come sia possibile che, avendo cotanto ben di dio in scaletta, si piazzi una band scontata e che, sicuramente non è mai riuscita a scrivere dei capolavori come quelli che vi sto elencando da molte righe, benché, a dir la verità, “Glory To The Brave” abbia rappresentato una sorta di rivincita del True Metal a discapito di certe sonorità prive di “sentimento”…
Passando al concerto in sé, Joacim Cans e la sua piatta ugola, fanno comunque divertire il pubblico teutonico, con “cavalli di battaglia” quali “The Dragon Lies Bleeding”, “Heading The Call”, “Let The Hammer Fall” o ancora “Man On The Silver Mountain”, chiaramente diretta su nel cielo per il nostro Dio.
Il gruppo comunque non stecca nulla e Oscar Dronjak in particolare è parecchio acclamato dai presenti, noto invece che, l’un tempo timido Cans, ora, probabilmente ringalluzzito dal ruolo di headliner, si lancia in sproloqui di De Maiana memoria, cogliendo però nel segno in un paio di occasioni, come quando ricorda a Metal Hammer UK che gli Hammerfall sono vivi e vegeti e non spacciati dopo un paio di dischi, come sentenziò la spocchiosa rivista!
Preferisco di gran lunga la legnata nello stage al coperto (quello del warm up), inflittami dai danesi Artillery, forti di vecchie bombe di incontaminato Thrash, quali “The Challenge” o le più tecniche “By Inheritance” e “Khomaniac”, eseguite con perizia certosina e freddezza nordica, dato che solo il nuovo singer, Adamsen, si sbatte nell’infuocare il piccolo stage, al contrario dei fratelli Stützer , tanto preparati quanto impalati!
Bella conferma comunque, che chiude una massacrante prima giornata di festival, se avrete pazienza ecco la seconda puntata…

SABATO 17:

Iniziamo “alla grande” l’ultima giornata del Bang Your Head!!! con l’esibizione di ciò che resta dei Savage Grace, ovvero Chris Logue alla voce (?!) con l’aggiunta di 4/5 della cover band Roxxcalibur, della quale ho già avuto modo di scrivere migliaia di righe sopra (sorry!)
Ad ogni buon conto, la bontà di brani Speed quali “Bound To Be Free” o “We Came, We Saw, We Conquered” non si discute ma, la mediocre e ormai (per chi come me ha avuto il “piacere” di vederlo) usuale prova vocale del “plastico” Logue, non rende affatto merito a ciò che di buono la band scrisse negli 80’s… non voglio nemmeno commentare la cover di “Exciter” dei Priest! La Svezia, gettonatissima in questa edizione del festival, ci offre anche i Bullet, per chi non lo sapesse, il perfetto connubio tra AC/DC e la caustica voce del Colonnello Udo Dirkschenider, quindi ottimo sound per innalzare il livello d’allarme dell’audience, oggi non colpito dai raggi ultravioletti.
La mezz’oretta abbondante a loro disposizione vola via veloce e la pacioccona figura del frontman Dag “Hell” Hofer ci ricorda con song tipo “Turn It Up Loud” e “Bite The Bullet” (oltre che ad una convincente versione di “Stand Up And Shout”) che a volte basta la semplicità per fare breccia nel cuore dei Metal Kids!
Per quanto mi riguarda, giro pagina e per 50 minuti mi scordo di tutto e di tutti, dato che sullo stage di Balingen salgono i Sacred Steel, per me non una band qualunque ma un vero e proprio VADEMECUM di quello che deve essere l’Heavy Metal!
Pronti-via sono raso al suolo dalla violenza di “Metal Is War”, che ci mostra subito un Gerrit Mutz in forma smagliante e teatrale come suo solito, la scaletta tocca tutti i dischi prodotti dal fiero combo di Ludwigsburg, da “Battle Angel” tratta dal primo album sino all’accoppiata “Denial Of Judas (Heaven Betrayed)” e “Carnage Victory”, quest’ultima title track dell’oscuro come back dei nostri.
Da par loro sfoggiano una blasfema e superTRUE “Kill The King”, con in primo piano la sofferta ugola dello spietato screamer teutonico!
Sono molto soddisfatto nel notare che, ancora una volta, i Sacred Steel si divertono sulle assi del palco, sia col pubblico che tra di loro, tradendo sorrisi, facce buffe e perché no, anche un errorino di distrazione come quello di Jonas Khalil (chitarra), durante l’esecuzione di “Maniacs Of Speed”. I pochi lì davanti, anche sotto la pioggia che è iniziata a cadere, sono stati, come al solito, massacrati dall’epica veemenza del gruppo, chi invece reputa i Sacred Steel un gruppo scontato… (niente improperi, sono su un sito pubblico!)
Altro tuffo al cuore per il vostro scribacchino, poiché è l’ora degli Hades, Power/Thrash masters da Paramus (NJ), che purtroppo non ero mai riuscito a vedere live…
In primis devo ricordare che i nostri si presentano con la formazione del magnifico esordio “Resisting Success”, tanto per rimarcare la differenza con chi rispolvera un monicker ormai di culto solo per ritagliarsi una sorta di riflusso di “celebrità” (chi sta gridando Chris Logue?).
In secondo luogo, Alan Tecchio è a mio parere tanto speciale quanto sopravvalutato, passando da timbriche basse e cupe, come nell’opener “Exist To Resist”, arrivando a bucare il cielo con i super acuti cristallini di “The Leaders?” o nella conclusiva coltellata chiamata “Nightstalker”.
Niente da dire neanche sugli altri guys, il “boss” Dan Lorenzo e Scott La Page si scambiano convenevoli a non finire con le loro asce e la sezione ritmica Schulmann/Coombs è in egual misura rodata e varia, spero vivamente di poter assistere di nuovo ad un loro show, magari su di uno stage più intimo, incredibili!
P.S. dimenticavo la loro cover di “Voodoo”, di sicuro Ronnie, ovunque sia, ha apprezzato di certo!!! Salto a piè pari i Treat o, come li chiama qualcuno, “gli Europe sfigati”, per cercare di tranquillizzarmi dopo la scarica adrenalinica della doppietta Sacred Steel/Hades ma, faccio comunque in tempo a sorbirmi la mega strappa-mutande “World Of Promises”, decidendo tuttavia di non cacciare la lingua in bocca a nessuno dei miei amici, onde evitare un rientro in auto-stop con tanto di mandibola lussata!
La scrosciata si fa insistente e l’ambiente, ahinoi, è ancor di più raffreddato dai Fates Warning, non proprio l’act più adatto per un open air festival…
C’è da dire che i Power (una volta!) Progster del Connecticut si presenta con una line up di tutto rispetto poiché, oltre ai “soliti” Matheos, Adler ed il fu “Thunder Child” Mark Zonder, rientrano Frank Aresti alla sei corde e Joe DiBiase al basso, ridando vita alla formazione dell’arioso trittico dei primi anni ’90, quello composto da album dall’elevato peso specifico di “Perfect Simmetry”, “Parallels” ed “Inside Out”.
Eleganti le melodie di “Life In Still Water” o ad esempio “The Eleventh Hour” e “Point Of Wiev”, ma, come dicevo, distaccato e gelido l’approccio del cantante Ray Adler e del deus ex machina Matheos, che comunque riescono a trattenere i fradici fans fino all’ultima (e perfetta!) nota. Dopo gli scanzonati Quireboys, arriva un altro combo plumbeo ed assolutamente triste (come mood!), gli statunitensi Nevermore, freschi dell’ultimo parto di “The Obsidian Conspiracy”.
Mi è capitato svariate volte di assistere ad uno show del quintetto di Seattle ma, stavolta Warrel Dane ha raggiunto l’apice in negativo della performance vocale, arrivando lui stesso a dichiarare prima di “The River Dragon Has Come” (dedicata a Dio), “Sorry, but today I suck!”, tanto per testimoniare che non era solo una mia sensazione!
Peccato poiché Jeff Loomis è un chitarrista dotato di tecnica sopraffina, così come Van Williams è un batterista coi controfiocchi ma, come direbbe mia nonna: “troppo facile in studio con tutti quei tasti lì!”
Ancora da Seattle ma con ben altro cantante, giungono i Queensrÿche, con una set list che a dire il vero non mi convince del tutto, causa i troppi brani dalle ultime ed assolutamente non imperdibili releases.
Da “Damaged” in poi però, la band di Geoff Tate vira verso la parte più elegante della carriera, con estratti da “Empire” come “The Thin Line” (col singer che brandiva fiero il suo sassofono!), la melanconica “Silent Lucidity” o “Jet City Woman” , giusto per gradire…
Immancabili anche gli estratti dalla pietra miliare “Operation:Mindcrime”, citato nell’accoppiata “I Don’t Believe In Love”, “Breaking The Silence”, sublime la versione di “Neon Knights”, urlata dagli imbizzarriti astanti, che confermano il loro incondizionato amore verso il piccolo-grande Ronnie!
Noi, dal canto nostro si sperava in brani più datati ma, dice il saggio, “Chi si accontenta gode”, quindi abbiamo goduto dell’impeccabile show messo in piedi da Tate, tanto quanto dagli insostituibili Wilton, Jackson e dal tentacolare drummer Scott Rockenfield che, con la conclusiva “Empire”, suggellano alla grande la loro apparizione che, con l’Heavy Metal ha poco a che fare ma che ci riconcilia sempre con la Musica (maiuscola ovviamente!)
Dopo estreme dosi di serietà/malinconia/eleganza ed altri sostantivi affini, torniamo immediatamente teenagers con i Twisted Sister, per impatto e coinvolgimento senz’altro una delle migliori band in assoluto in sede live.
“Come Out And Play” dà lo start per la festa, rivelando l’impeccabile stato di forma fisica di Dee Snider, che a 55 anni suonati, ha ancora parecchio da insegnare agli imberbi ma pavoneggianti baby frontman che a volte si atteggiano a mo di scafati Rockers.
Come al solito lo spettacolo della Sorella Schizzata è un compendio della loro (relativamente) breve ma folgorante carriera discografica, con insuperabili hit quali “We’re Not Gonna Take It”, inno di ribellione negli 80’s, “I Wanna Rock” o ancora “The Kids Are Back”, tutte gridate da Balingen e, tutte magistralmente interpretate dal buon Snider!
Come sapete, anche la sezione ritmica dei Sister è “one-of –a-kind” infatti, A.J. Pero è realmente il figlio del Tuono e bhè, di uno che ha un soprannome come “The Animal”, tale Mark Mendoza, non si può che aspettarsi grezze bordate di Heavy Rock, esempi ne sono state “Captain Howdy”, “Stay Hungry” e la speedy “Under The Blade”, da infarto!
Jay Jay French e Eddie “Fingers” Ojeda, da parte loro, cesellano riffs e solos senza mai un passaggio a vuoto, da citare il lentone “The Price” e ancora la simbolica “The Fire Still Burns”. Sì, mi sto allargando eccessivamente ma, descrivere a parole una serata in compagnia dei Twisted Sister non è compito semplice, soprattutto se loro ci aggiungono “Long Live Rock ‘n’ Roll” come tributo all’amico Ronnie, che brividi ragazzi!
Chiusura dedicata ai fans con “S.M.F.” e soliti commenti del tenore di “Ma come cazzo fanno?”, solo per enunciarvi l’effetto che fa!
Pensavate di avere finito questo mattone di report? Credevate che io ne avessi abbastanza di Heavy Metal per qualche giorno? Bullshit! Finiti i Twisted Sister e in una condizione fisica abbastanza pietosa, mi fiondo allo stage coperto per finirmi con le mani dei Destruction che, “palla lunga e pedalare”, ci offrono una manciata di Thrash tedesco d’annata!
“Curse The Gods”, “Thrash ‘Till Death”, “Mad Butcher” o “Bestial Invasion” sono solo quattro delle granate che Schmier e Mike Sifringer (diversamente direi per il drummer!) ci lanciano dal palchetto, ponendo fine così al Bang Your Head!!! 2010, oltre che alle nostre forze!
In definitiva, due giorni (e mezzo!) di grandi band, il tutto ben organizzato e a misura d’uomo, brandendo la bandiera dell’ Heavy Metal, quello VERO!!!

Report a cura di Alessio Aondio

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