Lunedì 21 marzo, sono arrivata al Alpheus di Roma con circa due ore di anticipo rispetto all orario di apertura cancelli (previsto per le 18.30) aspettandomi di trovare chissà quanta gente ad attendere. Invece, non c’era ancora anima viva, segno che il concerto non é stato affatto pubblicizzato. Lentamente, è arrivata l’ora di entrare e alle 19.00, quando finalmente sono state aperte le porte, di fronte alla discoteca romana non c’erano più di 50 persone. Più della metà, hanno già potuto avere la loro prima delusione della serata (ve ne sarà un’altra molto più grave in seguito): i Dark Funeral, hanno cancellato tutte le loro date del no mercy ’05, causa malattia. Entrati all’interno della discoteca, ci siamo accorti con piacere che stando in prima fila, si poteva letteralmente toccare i musicisti, perché il palco era abbastanza basso e distante non più di 1 m dalle transenne.
Finalmente alle 19.30 (con circa mezzora di ritardo), sono saliti sul palco gli ottimi Wykked Wytch, che con una voce “femminile” da fare impallidire Sinister e Arch Enemy, e la loro particolarissima proposta musicale composta da death, black e parti atmosferiche eseguite a tastiera, hanno letteralmente infiammato il poco pubblico (pochi ma buoni) accorso al Alpheus. L’esibizione del sestetto, é stata superba, e ha scaldato per benino la scena agli svizzeri Cataract. Il gruppo in questione proviene dalla Svizzera tedesca, ma il singer è di nazionalità italiana, indi si rivolge al pubblico nella lingua di Dante, rendendo la risposta dei presenti ancora più calda rispetto alle già non poche ovazioni riservate ai Wykked Wytch. Infatti il mix di thrash metal (soprattutto Slayer) e hardcore (con qualche traccia di death), ha fatto girare non poche teste, fra il pubblico. Alla fine di questo show, la gente era letteralmente in visibilio. Peccato che i Dying fetus, non siano riusciti ad approfittare di questa favorevole situazione. A smorzare gli entusiasmi della folla (che a questo punto é un po’ più numerosa rispetto all’inizio), sono stati proprio loro, i Dying fetus, che con un atteggiamento da rock star, (che più si addice a gente come Britney Spears, che a dei rudi grind metallers), hanno “scattivito” un attimo i presenti. Ma uno spettacolo, non si rovina solo con un po’ di spacconeria: la band ha proposto uno show fiacco con canzoni a mio avviso (e qui gli amanti del genere grind non me ne vogliano) tutte uguali. Oltre a ciò, la seconda voce, risultava quasi impercettibile. Peccato, spettacolo noioso e scadente che probabilmente ha contribuito a rovinare la scena ai successivi Disbelief, che non sono riusciti a riottenere la piena attenzione dei presenti. Comunque, con il loro non meglio precisato extreme rock, hanno proposto un concerto di qualità sicuramente superiore rispetto chi li ha preceduti. Peccato che il gruppo, abbia avuto qualche problema con i microfoni, perché la voce a era a tratti difficile da sentire. Comunque esibizione discreta per i cinque tedeschi.
Finito il turno dei Disbelief, il pubblico si è magicamente risvegliato: è il momento degli “egittofili” Nile. Questi ultimi, hanno proposto uno spettacolo impeccabile, e magistralmente eseguito. Il loro particolarissimo death metal infarcito di melodie egizie, fa facilmente presa anche su chi il death, non lo ama particolarmente, quindi con questo show, anche i fan dei defezionari Dark Funeral, hanno avuto a mio avviso, di che consolarsi. Inoltre dalla mia posizione ho potuto vedere bene il sistema con il quale Dallas Toler-Wade aziona gli effetti da inserire nelle canzoni: mediante un sistema di pedali e pulsanti da schiacciare con i piedi. Con questo metodo (sul principio dei pedalini di un piano forte), il chitarrista, può inserire basi egizie, vari effetti sonori, e in fine potenziare la sua chitarra rendendola più forte rispetto alla seconda. I Nile sono stati perfetti ed alla luce degli incresciosi fatti che vi vado a narrare, avrebbero dovuto essere loro, gli head liner.
Infatti, gli head liner ufficiali, i Six feet under, si sono fatti attendere per 10 minuti buoni, e quando finalmente si sono degnati di salire sul palco, hanno bombardato i presenti con il loro deatthone senza traccia di compromessi per esattamente 35 minuti, poi il singer Kris Barms (di quest uomo, mi hanno colpito le pessime condizioni di salute: a guardarlo sembrava rattrappito e sofferente) ha congedato il pubblico con un semplice “see you soon”. Va bene, faranno una pausa, ci siamo detti noi spettatori, ma dopo qualche istante, sono usciti gli assistenti, e hanno cominciato a smontare tutta l’attrezzatura. A quel punto, se non si è sentito il tonfo delle palle di tutti i presenti che cascavano a terra, è solo perché nella sala c’era un po’ di rumore. L’unica cosa da ricordare di questo concerto è che il singer è ormai solo un ombra di quello che era agli inizi della sua carriera.
Delusi dalla mancanza di professionalità dei quattro americani, ce ne siamo andati a casa. A me non resta che salutarvi e darvi appuntamento al No Mercy ’06, e mi auguro con degli head liner un po’ più educati.
Report a cura di Elisa Mattei
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