Mentre guido verso al Live di Trezzo mi sembra di essere in autunno con freddo e pioggia battente, invece è il 7 di giugno, l’estate e il caldo non si vogliono proprio far vedere, nonostante ciò il pubblico non si è spaventato e il locale è strapieno , circa duemila persone paganti per rivedere dopo tre anni i Wolfmother.
Ad aprire il concerto per loro sono “Il Marchese” gruppo italiano autoctono di Monza. La band formatasi nel 2005 si muove con vissuta scioltezza sul grosso palco del Live e riscalda il pubblico col loro Grunge Stoner rigorosamente in italiano.
E’ la prima volta che li sento suonare e devo dire che mi hanno colpito molto, la voce graffiante del cantante Dario insieme alla chitarra di Tommy creano un vero muro di energia che fanno saltare letteralmente il pubblico, ad accompagnare, la sezione ritmica di Sergio e Ivan al basso.
Il pubblico ha apprezzato molto applaudendo praticamente ogni canzone suggellando un successo che questi ragazzi a mio parere si meritano.
Se lo stoner è il vostro genere vi consiglio vivamente di cercarli sul loro spazio web e di ascoltare il loro album, sicuramente hanno la stoffa per emergere.
Ma ecco che finalmente escono i Wolfmother, la scenografia è composta solamente da un fondale con due leopardi, tante luci e molto spazio per muoversi, giusto il tempo di salutare e attaccano con “Dimension” scaricando addosso al pubblico il loro sound rock anni ‘70.
Il frontman Andrew Stockdale è in gran forma, la voce è potente, gli acuti che siamo abituati a sentire nei loro album sono ancora più impressionanti dal vivo. La band che ha cambiato formazione dall’uscita del primo album è compatta e ben affiatata oltre che molto tecnica e precisa nel suonare. Il bassista e tastierista Ian Peres sembra indemoniato mentre suona le tastiere e il sintetizzatore, facendo infiammare ancora di più il pubblico saltando letteralmente sullo strumento a fine concerto.
Lo show ha avuto pochissime pause fra una canzone e l’altra , spesso le tastiere improvvisavano costruendo veri e propri medley fra le canzoni fino ad arrivare ad attaccare “Riders on the Storm” (The Doors) assieme a White Unicorn o addirittura fare “Baba o’Riley” (The Who), decisione presa al momento su ispirazione di Andrew durante uno stacco di Ian fra due canzoni. L’impressione è stata quella che fosse tutto improvvisato al momento, di certo la resa è stata eccezionale grazie alle doti tecniche della band e del loro affiatamento.
Il pubblico ha apprezzato molto lo spettacolo, si respirava davvero l’aria degli anni ‘70 , personalmente è stato come fare un salto indietro nel tempo e vivere uno dei concerti storici di cui si sente tanto parlare e che solo pochi e ormai attempati di noi hanno vissuto dal vivo.
Spero vivamente di rivederli molto presto magari con un nuovo album, che viste le premesse del gruppo sarà sicuramente fantastico
Report a cura di Michele
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