Questa sera l’ Alcatraz di Milano ospiterà l’unica data italiana del tour 2005 dei Masterplan, in giro per l’ Europa per promuovere il loro ultimo disco, Aeronautics.
Alle 19:00 circa il concerto si accende con gli svizzeri Pure Inc. i quali, nonostante le poche persone giunte finora, partono con una certa carica che manterranno per tutta la durata della loro performance. Non avendoli mai ascoltati prima sono un po’ incuriosito verso questo gruppo dal nome abbastanza noto.
Il quartetto apre con Genius; la prima impressione è buona soprattutto grazie alla voce di Gianni Pontillio, molto bravo anche nel tenere in mano i fan con una coinvolgente presenza scenica.
Tra i 6 pezzi proposti troviamo Break Free, Piece of Mind, On The Verge, Next to you e in chiusura la opening track dell’album Pure Inc., Fear my Eyes. Il genere non è facilmente definibile anche se si possono cogliere vari elementi che lo caratterizzano, ad esempio le influenze crossover e funky costituiscono un’alta percentuale all’interno dei componimenti e purtroppo a mio parere questo costituisce un ingrediente poco gradito dagli appassionati del metal incontaminato.
Tuttavia devo dire che la prestazione di tutti i membri è stata positiva e in particolare, come già affermato in precedenza, la performance del cantante che mi ha permesso di apprezzare il primo gruppo della serata.
Dopo 10 minuti di pausa è ora il turno di un personaggio storico con un look, una voce ed uno stile che ci catapultano direttamente negli anni ’80. Sto parlando dello statunitense Rob Rock che con i suoi compagni ci fa respirare un po’ di heavy metal nel suo stato più puro. Anche questo gruppo come quello precedente rappresenta un nome a me noto la cui conoscenza però non è stata mai approfondita. Ora la mia curiosità e persino maggiore date le mie aspettative dettate dall’ età non più giovane del singer.
Ed ecco che sin dall’inizio dello show vengo rapito dalla notevole voce di Mister Rock il quale dimostra di aver mantenuto le corde vocali in ottima forma. Tra i vari pezzi troviamo canzoni tratte dall’ultimo disco come Slayer Of Souls e I’m a Warrior e altre più datate come ad esempio Streets of Madness e In the Night tratte da Rage of Creation del 2000. I motivi sono sempre molto classici, un metal primordiale non caratterizzato da una grande difficoltà esecutiva anche se in diversi momenti possiamo cogliere la bravura dei musicisti.
In conclusione direi che le mie aspettative son state soddisfatte sia per le canzoni nel complesso carine ma soprattutto per l’ottima prestazione di Rob Rock, il quale mi ha sparato in faccia una voce che non ha nulla da invidiare a quelle degli dei del metallo più famosi.
Mentre viene preparato il palco per i Circe II Circe vado a sedermi un momento pensando a come sarà questo gruppo da me tanto atteso vista la presenza di Zachary Stevens nel ruolo di frontman. Dopo pochi minuti le luci si abbassano nuovamente e quindi torno a prender posizione vicino al palco. Ora gli occhi puntati sullo stage sono visibilmente aumentanti, occhi che si accendono quando i quattro musicisti sbucano da dietro le casse, occhi che si infiammano quando il leader fa la sua comparsa sfoggiando la maglietta di “Inferno” dei Motorhead, guanti in pelle e braccialetti borchiati.
La band statunitense comincia ben calda riuscendo un po’ a fatica a coinvolgere il pubblico con pezzi tratti dall’ultimo album, purtroppo ancora poco noti a causa dell’uscita posticipata del disco. Oltre alla title track The Middle of Nowhere troviamo All That Remains, Open Season, Holding On, Cynical Ride e Hollow, un brano in cui il chitarrista Andrew Lee si esprime toccando il culmine della sua abilità esecutiva.
Anche io come la maggior parte dei presenti non riesco a condividere del tutto la grande emozione provata dai pochi già in possesso dell’ultimo disco, anche se tuttavia riconosco la bravura dei musicisti e ovviamente del frontman che con il suo carisma riesce comunque a mantener sempre viva la folla.
I Circe II Circe sanno meglio di noi che le passate esperienze di Zachary Stevens rappresentano un certificato di garanzia per i fan e difatti pensano bene di proporre alcuni brani dal riscontro certo. Dal repertorio Savatage vengono estratte la opening track di Handful of Rain, Taunting Cobras e tre pezzi dal leggendario Edge Of Thorns: la strumentale Labyrinths seguita da Follow Me e in chiusura la tanto acclamata e calorosamente attesa title track che farà letteralmente esplodere il pubblico prima della pausa per il cambio palco, la quiete dopo la tempesta!
Finalmente verso le 21:30 tutto è pronto per accogliere gli headliner di questa serata, giunti alla dodicesima data del loro Aeronautics tour 2005. Per aprire lo spettacolo viene scelta Crimson Rider che assieme a Wounds, I’m not Afraid e Back for My Life fa parte dei pezzi sorteggiati dall’ultimo lavoro del gruppo. Il suono è più che buono, direi il migliore tra quelli dei 4 gruppi sentiti questa sera e il palco è montato in modo leggermente diverso dai precedenti, soprattutto per quanto riguarda il signor Kusch, il quale con la sua batteria ben rialzata domina la situazione.
Al secondo posto troviamo Crystal Night, un brano introdotto da un riff di chitarra semplice ma tutt’altro che spiacevole ai miei timpani, diciamo esaltante!
Dall’album di debutto vengono suonate tutte le canzoni tranne due, per citare le più note ricordo il cavallo di battaglia Enlighten me, King Hearted Light, la più romantica When Love Comes Close, ecc.
Tutti i cinque membri sono in forma splendida, il singer Jorn Lande gestisce bene anche la situazione live accompagnato da 4 elementi che sanno veramente svolgere il loro dovere. Prima di Suolburn Roland Grapow si diletta in un assolo breve ma impeccabile in cui egli accenna anche l’inizio di Future World degli Helloween, desiderata dal pubblico ma non eseguita data la ripugnanza del chitarrista per la ex band.
In ottava posizione troviamo Heroes, la cui però mi suona un po’ “strana” senza la voce dei mio adorato Kiske che interviene nel ritornello, come invece avviene nel disco. In generale devo ammettere che Grapow e Mackenrott avevano ragione quando nell’intervista mi avevano dichiarato che dal vivo l’assenza delle sovra incisioni di chitarra non si nota nemmeno, infatti le canzoni vengono riproposte perfettamente. Eccoci arrivati alla prima finta uscita di scena, segue Spirit Never Die e poi la seconda uscita. I cinque rientrano con Back for My Life e ci salutano definitivamente con Crawling From Hell.
La mia impressione è stata positiva, sia per i 3 gruppi precedenti, sia per gli ultimi quattro tedeschi con il frontman norvegese
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Report a cura di Mattia Berera
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