Giorno 2 - Sabato 18
Il sabato è un grande giorno, mi scuso subito ma per me oggi è solo la giornata del trittico “Destruction, Sodom e Kreator” se ci fossero stati anche i Testament probabilmente avrei chiesto la cittadinanza a Clisson! Dopo la parentesi tutta al femminile (con gran felicità di tutti i maschi presenti) delle svedesi Crucified Barbara con il loro rock in stile Lemmy, per ingannare l’attesa vedo Whiplash, i leggendari Angel Witch e gli intramontabili rocker dei Thin Lizzy. Metre Marco riesce a gestire la sua giornata in maniera molto più organica e sapiente.
Lui, dopo essere riuscito ad assistere di fretta a parte dello show degli Hail Of Bullets, marchiato dalla voce velenosa e ruggente di Martin Van Drunen, e dal solito concerto spaccaossa dei Municipal Waste in cui volano persone e cose tra il mosh violento, cambia completamente sonorità.
Dalle repubbliche baltiche arrivano infatti qui nella regione della Loira gli Skyforger, gruppo che salta subito all’occhio con il suo folk/pagan metal in questa giornata dedicata per lo più agli amanti della musica thrash. Manca un pò la componente melodica, dato che la scaletta si basa su brani più heavy ed aggressivi, su tutti “Latvian Riflemen” è secondo me uno dei migliori. Ampio spazio viene dato ovviamente al nuovo “Kurbads”, ed in fondo questi lettoni ricoperti di pelle e pelliccie convincono e divertono il loro pubblico.
Per me è arrivata invece l’ora del D-day, finalmente arrivano loro: Schmier leader dei Destruction viene accolto con un boato, due note e si scatena un pogo infernale! Sul palco i Destruction servono cariolate di death metal una dietro l’altra, “Nailed to the Cross” è forse il pezzo dove si è fatta male più gente, tra wall of death e circle pit abbiamo testato chi era pronto per i Sodom.
Per chi è stato colto di sorpresa dalla furia dei Destruction ha la possibilità di riprendersi con gli Apocalyptica che con i loro violoncelli dimostrano ancora una volta che il mondo del metallo è sempre più vario di quanto te lo aspetti. “Master of Puppets”, “Seek and Destroy” e “Alleluja” sono solo alcuni dei cavalli di battaglia che sono stati riproposti acusticamente solo con i tre archi e la batteria. Purtroppo non posso dare il massimo dei voti anche al loro show perché mentre suonavano si è alzato un forte vento che spostava pesantemente il suono del palco. Gli Apocalyptica, per loro natura, hanno bisogno più di altri di avere i suoni perfettamente equilibrati ma c’è da dire che anche contro il vento c’è poco da fare.
Chi non ha quasi bisogno dei tecnici del suono sono invece i Sodom, chitarra distortissima e batteria a fuoco, i tre veterani del thrash metal fanno per sei e un muro di suono investe il pubblico generando il delirio. C’è più gente che fa body surfing che quella che sta sotto a sorreggerla, quando comincia il circle pit non finisce più. Sotto i colpi di “Agent Orange”, “In War and in Pieces” e “Remember the Fallen” molti cadono ma tutti si rialzano, la battaglia è ancora lunga. Zakk Wylde, con i Black Label Society, ci da appunto l’ora d’aria necessaria per la battaglia finale, due birrette volanti e via nel mezzo.
Lo show dei Kreator non poteva cominciare meglio (o peggio di pende dai punti di vista) “Hordes of Chaos”! Tutti Contro Tutti Chaooos! Durante i primi 5 minuti prendo così tante mazzate che faccio fatica a capire cosa succede sul palco, Mille lanciatissimo incita la folla scagliandole addosso una cavallo di battaglia dietro l’altro. “Enemy of God”, “Violent Revolution” e “Phobia” fanno una strage, io prendo una craniata e comincio a sanguinare, ci penserò dopo, ora c’è “Voices of the Dead”! Concreti e violenti i Kreator non sbagliano un colpo, anche loro con una sola ora a diposizione non si perdono in chiacchiere ma vomitano terrore e violenza. “Reconquering the Throne”, ”The Flag of Hate” e “Tormentor” coinvolgono sempre più fans in un interminabile circle pit! È inutile dire che dopo un concerto del genere il mio sabato si conclude qui, zoppicante ma estremamente in pace col mondo torno al camper stanco morto, e lascio marco, il mio collega, a vedere gli Scorpions.
Gli Scorpions sono uno di quei gruppi che da anni ormai sembrano sul punto del ritiro, ed invece puntualmente si fanno trovare ogni anno all’appuntamento on the road per la gioia dei loro fans che sognano sulle loro straclassicissime canzoni.
Lo scorpione attacca subito con “Sting In The Tail”, e con un gran spettacolo di luci Rudolf Schenker dà mostra di sè e della sua chitarra stuzzicando più volte il pubblico, così come fa un Klaus Maine tutto sommato in buona forma, o almeno meglio di quanto mi sarei aspettato. “Coast To Coast” e “Loving You Sunday Morning” sono solo alcuni dei pezzi che accendono il pubblico, così numeroso che diventa davvero difficile spostarsi da un lato all’altro dell’area festival. Come tocca fare al sottoscritto.
Nello stesso momento suonano infatti anche gli inglesi Bolt Thrower, tanto attesi dai seguaci del metallo più estremo in questa giornata. La band capitanata da Karl Willetts, con le sue facce che ricordano un po’ la strega cattiva di Biancaneve, è una vera e propria macchina da guerra, e non risparmia ai sui fans nessun colpo, passando da “The Killchain” a “...For Victory” a “No Guts, No Glory”. Chiude uno show al vetriolo l’encore con “When Cannons Fade”.
Ma torniamo dagli Scorpions, che nel frattempo si esibiscono davanti ad un pubblico ormai bello caldo con delle atmosfere da far sognare ogni amante del Rock. “Big City Nights” chiude la prima parte dello show, ed i cinque tornano sul palco con “Still Loving You” e l’immancabile, immensa “Rock You Like A Hurricane”. Penso che ai tempi d’oro la band avrebbe dato tutt’altra sensazione, ma tutto sommato il suo pungiglione ha ancora una discreta riserva di veleno da spargere. Quel che basta per far felici decine di migliaia di rockers qui all’Hellfest.
Conclusosi il concerto, un momento di silenzio e fuochi d’artificio da dietro il palco, dedica al francese Patrick Roy, politico morto il mese di Maggio e che aveva sempre supportato e sostenuto il festival. Un tocco di classe dell’organizzazione, mentre ci si prepara per gli svizzeri Coroner.
Dopo la tripletta Destruction/Sodom/Kreator, aggiungere la ciliegina sulla torta col ritorno dei thrasher svizzeri è puro godimento. L’ultimo album della band risale a 18 anni fa, ma rimane come gruppo di culto nell’immaginario dei thrasher del vecchio continente. Il concerto in sé sembra però stentare a decollare, sarà anche la stanchezza personale in un festival così intenso come questo, ma l’attenzione si sposta a volte più sulla ben meritata birra che sull’esibizione del trio alpino. Ron Royce ha però una bella grinta, e riesce a fare suo il pubblico, decisamente diminuito mentre suonano alla stessa ora Triptycon e Bad Brains.
“Status: Still Thinking” e “No Need To Be Human” tra le altre, fanno comunque la loro bella figura, e sentire certi brani dal vivo è occasione rara, così come la conclusiva “Reborn Through Hate”, che ridà nuovamente la carica prima di tornarsene chi all’area campeggio, chi al tendone della metal disco notturna. Con una cosa in comune, continuare a festeggiare fino a che il fisico lo permette!
Foto:
Coroner
Scorpions
Bolt Thrower
Black Label Society
1349
Destruction
Skyforger
Municipal Waste
Hail Of Bullets
Angel Witch
Whiplash
Crucified Barbara
Report a cura di Tommaso Bonetti e Marco Manzi
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.