Giorno 3 - Domenica 19
L’ultimo giorno di Hell Fest è anche quello più bello dal punto di vista climatico, niente pioggia e poco vento rendono l’ultima giornata davvero perfetta per un festival. L’area concerti è colma fin dal mattino e anche band che solitamente si esibirebbero davanti a un pubblico di poche centinaia di persone si trovano qui almeno 10000 fans scatenati che presidiano costantemente l’area concerti.
Davvero interessante per il sottoscritto è nella RockHard tent la prova dei russi Arkona, band che non vedevo l’ora di gustare dal vivo per la prima volta, e devo ammettere che ne è valsa la pena. Il gruppo della bella Masha non cattura solo per i costumi particolari (grandiosa la pelle di lupo che si agita sulle spalle della cantante) e le musiche di tradizione slava unite all’aggressività delle chitarre, ma si rivela in assoluto uno dei più coinvolgenti del festival. Sono in pochissimi nel pubblico che non si fanno prendere dal ritmo di brani quali “Goi, Rode, Goi” e “Yarilo”, ma anche materiale più datato. Assolutamente da rivedere alla prima occasione!
Dopo una forzata pausa pranzo causa stomaco vuoto e stanchezza, sono pronto a rientrare in pista con gli svedesi Ghost. Questa è una delle sorprese del 2011, che riesce ad accontentare con la sua musica sia amanti del metal più estremo che persone dai gusti più, diciamo, “commerciali”. Questo grazie alla voce del loro singer Papa Emeritus I, che si presta anche in una splendida cover di “Here Comes The Sun”. Ovviamente ad attirare l’attenzione non è solo l’alone di mistero e segretezza della band, tutta mascherata e dall’identità sconosciuta dei suoi membri, ma è proprio la musica stessa. Un mix che si rivela una formula vincente!
Sul secondo dei due palchi principali, Turisas e Atheist fanno la loro sporca figura, come ci hanno sempre abituato, e insieme ai Duff Mc Kagan’s Loaded preparano la scena per i Cavalera Conspiracy. La band degli ex Sepultura Max e Igor Cavalera si presenta davvero in forma, e con un paio di pezzi, richiama gente da ogni dove e dal pogo si alza un polverone che nasconde quasi il palco. Altro che nebbia a San Siro qui è un fottuta tempesta di sabbia! I pezzi più apprezzati sono sicuramente quelli dei Sepultura, “Roots Bloody Roots” e “Refuse/Resist” ma anche ormai sono entrati nella storia anche brani più recenti come “Ultra-Violent” e “Inflikted”.
Dopo la reunion i Mr. Big si sono dati un buon da fare esibendosi in tour in giro per tutto il mondo, e vedere gente come Eric Martin, Billy Sheehan e Paul Gilbert suonare assieme non può che essere un piacere. Tuttavia devo dire che personalmente non sono rimasto così convinto dall’esibizione della band statunitense, che pur intrattiene il pubblico facilmente coi virtuosismi del suo chitarrista.
I due soli consecutivi di basso e chitarra però sono forse un pò troppo, e ne approfitto quindi per fare la mia buona pausa e mangiarmi un panino visto che col finale di fuoco che si prospetta non avrò più tempo per farlo.
Si torna quindi in pista durante lo show di Doro, Metal Queen per eccellenza, già vista in azione la settimana prima (così come Judas ed Ozzy) in Finlandia. Rispetto a quello show, due brani in meno in scaletta (peccato perdersi “We Are The Metalheads”), e tanta tanta luce in meno. Manca un pò quel coinvolgimento dei fans che forse in uno spazio un pò più raccolto si può sentire meglio, ma Mrs Doro Pesch è sempre, indiscutibilmente, la regina dei palchi Heavy Metal. Tantissimo spazio all’era Warlock, e canzoni eccezionali come “Burning The Witches” e “True As Steel”. Avanti così nel segno del Metallo!
Uno dei problemi dell’Hell Fest è che ci sono troppi concerti da seguire e potersi sdoppiare per riuscire a vedere tutti è ancora una tecnica che riesce a pochi, quindi, mentre sul palco principale suonano per l’ultimo tour i Judas Priest, nella Rock Hard Tend ci sono i Korpiklaani. I cinque folkster finlandesi riescono a strappare il tutto esaurito, anche con la band di Halford a pochi passi, e danno il massimo per non deludere chi gli ha dato fiducia. La scaletta è decisamente alcolica “Vodka”, “Tequila” e “Beer Beer” fanno da supporto alle loro storiche “Spirit Of The Forest” e “Cottage and Saunas”. I Korpiklaani cantano, ballano e fanno divertire tutti, l’atmosfera di festa del loro folk metal si tramanda immutata di concerto in concerto! Ma torniamo di là con i Judas Priest
Di nuovo quindi davanti ai Judas dopo pochi giorni, questa volta con 50 minuti in meno di show a disposizione, il palcoscenico e l’esibizione degli inglesi hanno tutti gli ingranaggi al posto giusto, dalla moto con cui Rob Halford entra sul palco, alle catene sullo sfondo, alle immagini che vanno a rotazione sullo schermo dietro alla batteria di Ian Hill.
Questo Epitaph tour sembra non avere mai fine, e da “ultimo tour” è già diventato “ultimo tour mondiale”, una precisazione che non ha fatto tanto piacere al signor KK Downing. Il suo sostituto Richie Faulkner sembra però sempre più a suo agio nella sua nuova posizione di rockstar in una delle band più celebri del mondo, come si può vedere dal suo atteggiamento live. “Metal Gods” e “Judas Rising” sciolgono immediatamente i ghiacci (aiutati anche dalle fiammate che si alzano dal palco), e le decine di migliaia di presenti si scatenano quindi cantando con Halford & co.
La scaletta ridotta però fa si che molti pezzi vengano lasciati fuori, lasciando comunque spazio alle immancabili “Night Crawler”, “Breaking The Law” e “Painkiller”. Lo spettacolo è comunque su buoni livelli, ed il pubblico mostra tutta la sua passione per i Judas. Memorabile soprattutto l’encore con “Hell Bent For Leather”, seguita da “You’ve Got Another Thing Comin’”, che chiude tra i saluti, gli applausi, e chi più ne ha più ne metta. Tanto sono sicuro che li rivedremo presto.
Nel frattempo riesco di corsa a seguire anche parte degli Electric Wizard nella tenda di Terrorizer. Su questo palco si sono alternati in questi tre giorni gruppi stoner/doom di ottima caratura, e gli EW non sono da meno. Dà un pò fastidio invece l’atmosfera fin troppo fumosa e cupa del palco, che pur si adatta alla loro musica ma è un’incubo per i fotografi. Su di uno schermo sullo sfondo intanto scorrono durante il concerto varie immagini che si legano ai brani degli inglesi, che con “Black Masses” hanno davvero fatto un buon colpo.
Quel vecchio pazzo di Ozzy Osbourne sta invece per preparare il suo solito show sul palco principale, dove infatti durante “Suicide Solution” prima si versa un secchio d’acqua in testa, e poi innaffia di schiuma fotografi e pubblico nelle prime file. Per fortuna il sottoscritto stavolta era ben preparato per l’occasione!
L’accoppiata “Bark At The Moon”/”War Pigs” subito all’inizio si rivela d’effetto sul pubblico scatenato, ma anche “Shot In The Dark” o la massiccia “Iron Man” fanno la loro parte infiammando gli animi dei metallari che hanno completamente riempito l’area festival per il Principe dell’Oscurità. Non sono ancora convinto, seppur abbia un indubbio talento, di Gus G alla chitarra al posto di Zakk Wylde, ma qui sono forse anche i gusti personali che non mi permettono di dare un giudizio troppo obbiettivo. Buono comunque il solo di chitarra (così come quello di batteria) durante “Rat Salad”.
“Crazy Train” precede il doppio bis, mentre qui nel nord della Francia inizia a sentirsi il freddo, anche se i fans là davanti sono più caldi che mai. Ozzy nonostante l’aspetto cadente salta tutto il tempo come una cavalletta e ride come un bambino assieme al suo pubblico, il che già di suo ha del sorprendente. La lenta e malinconica “Mama I’m Coming Home” apre il gran finale, mentre com’è scontato il concerto si chiude con “Paranoid”. Prova non così coinvolgente ma comunque di buon livello. A seguire altri fuochi d’artificio, come per la sera prima, questa volta credo per celebrare la vicina conclusione del festival.
Infine, un pò distrattamente, stanchissimo, e ancora ricoperto in parte da schiuma, mi appresto a seguire gli Opeth. In questo momento il pensiero di molti è agli ultimi festeggiamenti prima di smontare tende e fare le valigie, non la cosa migliore per Åkerfeldt, che con un look un pò da “I tre moschettieri” apre con “The Grand Conjuration”. Il pubblico non sembra più molto reattivo, ed è anche più che dimezzato rispetto a un momento fa, così quello che rimane alla mente sono solo le melodie di “Master’s Apprentice” e della finale “Hex Omega”. Mentre gran parte della gente già se ne va, chi rimane si mette quindi a finire le riserve di alcolici, dato che quelle di cibo sono già esaurite. E quasi quasi mi spiace essermi perso Kyuss Lives!, ma purtroppo non si può avere tutto.
All’Hell Fest suona davvero chiunque e insieme a Ozzy contribuisco a chiudere il festival i Dark Tranquillity che in tour per promuovere il loro nuovo album fanno un concerto improntato molto sui nuovi pezzi. Peccato per i nostalgici, ma che vadano a farsi fottere. I Dark Tranquillity sono riusciti a creare una lunga carriera che non è rimasta aggrappata ai primi lavori e fanno benissimo a cavalcare l’onda della sperimentazione e della novità. Tra i brani migliori sicuramente ci sono “The Lesser Faith” e “Monochromatic Stains”. Davvero bravi anche perché riuscire a far pogare tutto il concerto un pubblico che ha già tre giorni di concerti sulle spalle non è assolutamente da tutti.
Giorno 4 –Lunedì 20
Ecco fatto, un altro festival portato a termine con successo! Come l’anno scorso l’Hell Fest si rivelato molto più vivibile del Wacken perché più piccolo e meno organizzato e perciò più umano. Ora non ci resta che farci i 1400 chilometri che ci dividono da casa e speriamo di prendere il tunnel del monte bianco aperto visto che stanotte comincia l’apertura straordinaria a senso unico!
Foto:
Opeth
Ozzy Osbourne
Electric Wizard
Judas Priest
Doro
Mr. Big
Anathema
Grave
Ghost
Arkona
Atheist
Red Fang
Turisas
Audrey Horne
Report a cura di Tommaso Bonetti e Marco Manzi
Siamo alla ricerca di un nuovo addetto per la sezione DEMO, gli interessati possono contattare lo staff di Holy Metal, nel frattempo la sezione demo rimane temporaneamente chiusa.